Se gli ideali avessero ancora un nome… Ruben e Roberta Lazzoni

Valle d’Aosta. Montagna di Saint Marcel. 1400 metri. Dieci case. A debita distanza l’una dall’altra. Una piccola insegna. “La Chevre Heureuse”. Dietro la porta, si nasconde una storia che solo il formaggio di capra è in grado di regalare, in questa Italia dove la lentezza, per essere coccolata e curata, deve essere sempre una fuga…


Ruben e Roberta ci aprono le porte della loro casa, all’ora di pranzo, con due bambini affamati e incuriositi e ci invitano caldamente a sederci alla loro tavola per assaggiare, degustare e discutere, con una convivialità che non è mai stata nell’immaginario comune di quei posti e non è più abitudine dei posti da cui provengo.
C’è qualcosa che mi riporta verso il meridione, verso tutte quelle volte che il sintagma “A favorire” ha impregnato la mia infanzia e la mia adolescenza. Con quella voglia misteriosa (che oggi si definirebbe sintomatica o equivoca…) di stare insieme, di condividere, attraverso la capacità della cucina, pochi momenti di conoscenza e coesione che non rimarranno se non in un lontano ricordo di umanità.
Roberta, che ha studiato medicina veterinaria, è una persona d’impatto, con una comunicazione serrata, di pancia e senza remore. Naturale nella sua bellezza fatta di sincerità, attenzione e tenui, ma resistenti, legami con un passato che non è più. Si è definita nei confronti del mio mondo prima che potessi definirla io.
Ruben è una persona rara. Barba folta. Poche parole. Lavoratore indefesso. Bello. Con quel quid in più dato da un sorriso che gli occhi non riescono a contenere… tutte quelle volte che è d’accordo o che offre ospitalità o che assaggia un suo formaggio. Senza sarcasmo, senza ironia, con una sincera e “disumana” bontà…
Entrambi mungono, accudiscono le cinquanta capre di razza camosciata francese e le quattro vacche pezzate rosse e creano formaggi.

 – Chevrier (o taleggio): forma rettangolare, pasta molle, cagliata presamica, odore accennato di cantina. Sapore che passa dal dolce all’acido per poi tornare verso l’equilibrio. Lontani sentori di taleggio (per come lo conosco…) ma più pastoso. Colore bianco di zinco. Non permane nei ricordi a lungo ma è un ottimo modo per pulirsi la bocca dalle troppe parole…

  – Campchevrette: robiolina (che non ha nulla a che vedere, per esempio, con una Roccaverano…) a cagliata lattica con “pennicillium candidum in crosta”. Odore di latte appena munto. Semplicità fuori dal comune. La crosta (che ha una consistenza bianco nuvola) si distacca in maniera desueta dalla pasta (nel suo essere un difetto di proteolisi diventa un nuovo modo di assaporare il formaggio…) dando al sapore qualcosa di stemperato ma di persistente. La pasta è più morbida che molle. Gialla verso l’esterno e virginale con degli angoli gessosi all’interno. Il sapore è straordinario: l’acidità controllata fuoriesce dal naso, tende al forte, si riaccheta nell’acido, rilasciando sentori di erbe e latte. Salatura controllata e piaceri differenti da forma a forma…

  – Crottins de St. Marcel: caprini freschi ricoperti da erbe naturali. Un prodotto unico, fuori dal comune, con qualcosa che fuoriesce da un’immagine già vista. Le erbe sono prima di tutto un odore, qualcosa di realmente importante all’interno dell’esperienza sensoriale. La struttura è divisa equamente tra una pasta compatta, gialla e cremosa all’esterno che richiama la stagionatura e la cantina e una bianca e granulosa all’interno che rilascia l’acidità del latte e il selvatico delle erbe. Gusto amaro, acido, forte, aromatico, dolce, assuefacente, con un leggero pizzicore stemperato di prati verdi, un finale deciso e un retrogusto autentico e candido. Strepitoso.

Producono anche qualche formaggio misto (per dirla tutta, ottimo anch’esso) e molte forme presamiche (non ancora pronte) che mettono a stagionare all’interno di una cantina. Un sogno. Qualcosa di surreale, unica, solitaria.
In un angolo di montagna, sotto una grande roccia perennemente intrisa di acqua, scorgo una piccola porticina non più alta di un metro e cinquanta. Entro. Nessuna luce artificiale, un po’ di sole nelle ore giuste, poche assi dove stagionano i formaggi e tutt’intorno umidità. “Paradisiato”. E’ un motivo valido per svegliarsi ogni mattina con il sorriso sulle labbra.
Poi Ruben ci mostra i suoi animali e la cura meticolosa che mette nella pulizia delle capre (prevenendo il gesto barbaro della bruciatura delle corna) che, trovando quest’attenzione all’interno della stalla, non hanno bisogno di scornarsi tra di loro alla ricerca dell’angolo più immacolato.
I figli giocano felici, mostrano un sorriso al di là di tutto, quando gli viene promesso di fare un giro nella stalla. Rimangono tra le braccia di Roberta senza quell’apprensione di dover a tutti i costi imparare qualcosa.
“Quando mi sono accorta di essere incinta, ho pensato al posto in cui avrei voluto fare crescere i miei figli. Ed eccoci qui”.
Bambini e capre hanno bisogno dello stesso luogo in cui vivere, per poter avere quello sguardo e quel latte. L’uomo no. Prometeico, ha cercato il giusto al di là del bisogno. E così, quando s’imbatte in questi luoghi e in questi prodotti, li vede così rari e si sente così avventuroso… rimanendo, in primis lo scrivente delle otto di mattina prima di andare a lavorare, un dozzinale e ipocrita idiota!

AZIENDA AGRICOLA LA CHEVRE HEUREUSE
VILLAGGIO SEISSOGNE
ST. MARCEL (AO)

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