L’ambizione dell’artigiano

Andare intorno con moine e promesse”

“Non è trasparente e diretta, non ha nulla di altero o nobile, non segna uno speciale desiderio: là dove fallano la forza o la volontà, si gira intorno bussando alle porte più convenienti – ci si arrampica per muri e scale secondarie, si entra dal retro. Così l’ambizioso sarà uno per cui il fine giustifica i mezzi – ignaro che il mezzo è il fine”

Riflessione come a rimandare indietro qualcosa.

Mi volgo e, dopo qualche anno tra territorio e strade che portano verso la meraviglia, rimango impallinato dalla cura della noncuranza, di quel lato umano che i saggi dell’antifrasi hanno definito con il contro aforisma: l’abito fa il monaco perché l’apparenza non inganna quasi mai. In questo dovrebbe venirci sempre incontro il meraviglioso “Ufficio Facce” gestito da Cochi, Renato, Jannacci, Beppe Viola e Teocoli. Si capiva la squadra tifata, ma si poteva capire il credo, il partito o la funzione sociale. Come oggi. A guardare in volto buona parte delle persone che il potere lo possiedono ma non lo conservano, vengono i brividi alla sola intenzione di comprendere. E così la sensibilità “lombrosiana”, fisiognomica, dovrebbe poter prescindere dalle parole. Gesti, sguardi, atteggiamenti, vestiti, mani sul volante, tazzina di caffè alle labbra, coda alla cassa, maniera di affrontare le giornate, il clima, la fatalità delle 24 ore necessariamente da trascorrere. Ecco, l’esperienza del giorno e la riflessione della notte mi han portato a soffermarmi serenamente sull’apparenza, a non andare oltre, almeno non subito, a mantenere quel livello che possa bastare a se stesso. E a riflettere l’esperienza costruita per gradi e categorie. Tralasciando gli stadi della profondità, della poesia, dell’artigianalità, della fatica, della bellezza e, ricevendo gli stimoli giusti da artigiani già passati di lì, mi sono trovato davanti all’ambizione, così nuda e crudele. Continue reading L’ambizione dell’artigiano

Cascina Lassi: le possibilità del Parco Agricolo Sud Milano… Mattia Zuffada

Cerro al Lambro. Fontanili, corsi d’acqua, bestie al pascolo, aziende agricole e marcite. Forse un tempo. Ora è diventato tutto più chiuso. Si creano enti, si raccontano delle belle storie su cerealicoltura e allevamento, si foraggiano enti creati affinché l’unione possa essere uno sconto sul dovere, si sviluppa la coerenza tra costruzioni e terreni, e si tiene in mano un paese dormitorio con qualche sagrato, qualche cascina e un fiume quasi alla fine. In quel trivio tra milanese, lodigiano e pavese, rappresentazione, più di ogni critica e al di là di ogni attrito, della Pianura Padana attraverso quel fascinoso latente che all’aumentare della temperatura si trasforma in afoso corrosivo, la forma cascina mantiene ancora inalterati certi tratti che l’hanno contraddistinta rendendola unica: estensione, cooperazione, divisione. Qui, sui fiumi, l’industria non ha proliferato perché i proprietari terrieri non hanno mai visto l’orizzonte della propria terra e non hanno mai dovuto togliere il cappello. Continue reading Cascina Lassi: le possibilità del Parco Agricolo Sud Milano… Mattia Zuffada

La carne e le sue corti… Roberto Viazzi

Ponti. Piazza Monumento Caduti. Circolo della Pro Loco. Un pomeriggio di un sabato qualunque. Solo uomini, una televisione accesa e una partita a carte. Si aspetta l’evento, il funerale che riunisce buona parte del paese sotto l’egida del campanile. Le donne arrivano azzimate, li attende la sera al circolo, dove sono loro a decidere. Qui il tempo si scandisce semplice e nella semplicità declina le sue persuasioni e le sue perversioni. Dapprima la gentilezza, i padri rimasti con i bambini paciosi che nella bibita trovano ancora un retaggio oratoriale mai tradito tra chiesa e partito, a seguire l’ombra. Qui si svolge la vita di una comunità che non ha nulla da invidiare e che resiste perchè riesce ancora a comunicare la propria diversità. I ciottoli e i colori pastello, in quello che la fortuna di una giornata soleggiata è riuscita a rendere più vivido, ridanno l’idillio dell’ansia verso il piccolo, il contenuto, la maldicenza e l’invidia. Perchè Ponti è serenità e senilità ma non può prescindere dalle logiche di bottega, da quel ventre bilioso che, dietro l’angolo, mette tutto in discussione, soprattutto la carezza. Nel languido passano gli anni senza mai mutare le rughe dei luoghi. Continue reading La carne e le sue corti… Roberto Viazzi

La Robiola di Roccaverano e i suoi alfieri… Adriano Adorno

Ponti. Monferrato alessandrino, primo paese della provincia e la Langa Astigiana appena fuori, con le sue culture, il suo turismo e i suoi prodotti tipici. Qui le strade sono le stesse, i vitigni anche e i paesi dimenticati dall’architettura pure. Non ci sono leggi d’interesse al di là dell’invidia paesana, qua chi cresce ha da sé la fortuna, chi rimane piccolo è prodigioso, chi rimane uguale a se stesso può andare al circolo ricreativo. Tutti i giorni tutto l’anno. Qui si alleva, si apre, si coltiva, si osserva il placido scorrere del fiume Bormida, si stringono alleanze e il più delle volte si rimane irretiti nella lontananza dalla luce, quella che porta il turismo, trasformando le strade in svolazzanti circuiti alla mercé di raffinate piscine a sfioro e di pulviscoli di noccioli. Qui bisogna fare più fatica, per portare fuori e per portare dentro. E così si guarda al passato con quella discrezione che non può mai permettere l’anacronismo. Anzi, si va verso la leggenda, ci si schiera a favore del territorio e si fa la comunione per non tralasciare la storia della capreria italiana, quel lembo di terra che non ha bisogno del medico condotto alla ricerca di una vita agreste per dare alla capra un’importanza che da nessun altra parte è così. La robiola di Roccaverano è attestata da una vita e la famiglia Adorno ha una genealogia che ne riporta l’origine almeno alla metà del ‘600. Continue reading La Robiola di Roccaverano e i suoi alfieri… Adriano Adorno

Cascina Madovito: la nocciole non bastano più… Alessandro Negro

Località Scorrone. Cossano Belbo. Curve su curve su curve, in mezzo a varie provincie che ormai non sono più nemmeno identificative. Prodotti tipici e una produttività turistica che cerca di nascondersi dietro una produttività agricola che non ha mai sfiorato la leggenda. Qui non si guarda molto oltre, si cercano prodotti alternativi per dare a questa fetta di Langa un’interezza. Il rispetto verso il vigneto e verso il nocciolo rimane confinato nella sfida senza parole e senza foulard, in quei lunedì mattina dove lo scorrere del tempo è un rifacimento di qualcosa di rimasto. E così, chi ha deciso di produrre in queste terre, dove i paesi ogni tanto si allargano seguendo i piani regolatori della circostanza fortuita, che quasi mai è fortunata, ha dovuto abbandonare la patina per affidarsi ad una serietà che non può prescindere dall’altrove. Produrre per richiamare, il ragguardevole, il vicino e il passante. Questa terra di moscati e sfarinati, ogni tanto tira fuori dei luoghi e moltiplica le mie possibilità. Langhe: fucina di produttori propizi procrastinabili. Ecco quindi un differimento rispettato. Continue reading Cascina Madovito: la nocciole non bastano più… Alessandro Negro

Colture batteriche per fare il pane? Bastano?… Fabio Lodigiani

Torricella Verzate. Novecento abitanti in quell’Oltrepò che sta diventando pianura e case casuali che in ogni caso accadono e ricadono su strade solcate da capannoni con negozi in offerta e centri commerciali da rotonde sempre pieni di macchine alla ricerca di prodotti che non hanno più stagione né scadenza. Un’Italia compressa in poche insegne e in costante degrado, dove la moralità della collina, già depredata da costruzioni che hanno smesso di nascondersi per manifestare la propria povertà, non ha più nulla da insegnare. E nonostante la fuga, la passeggiata silenziosa da paese mattutino diventa più italiana di tutti i bar venduti ed esauriti dai videopoker. Perché qui i ladri scorrazzano, i poveri s’impoveriscono e i ricchi investono sul vino se trovano ancora dello spazio. Eppure potremmo imparare molto… Continue reading Colture batteriche per fare il pane? Bastano?… Fabio Lodigiani

La leggenda del salame… Franco Varni

Sanguignano frazione di Montesegale. Dispersione e isolamento. Un castello più grande del paese stesso, un susseguirsi di borgate, case abbandonate, strade dissestate e colline ridondanti che confermano la mancanza dell’Oltrepò. Qui l’abbandono è diventato una cifra, non si sono innalzati castelli per venderli, non si è diviso per speculare e nemmeno costruito strade che portassero a campi fioriti o a sagrati fascinosi, qui si è lasciato all’arbitrio la possibilità reale di trasformare delle colline senza il decoro. Più si sale e più si trovano buche e pozzanghere, in quel senza tempo chiamato ancora quiete che fa dimenticare qualunque ristorante tipico. Questo è un Oltrepò vissuto, senza i limiti della decenza ma con la possibilità ancora per gli artigiani di fuoriuscire dai canali e dai canoni. Le cartoline han lasciato da tempo il passo, i tramonti e la neve rimarranno eterni ma saranno solo per chi vorrà coglierli al di là delle brutture e della mancanza di speculazione. L’inverno inganna l’occhio, senza dubbio, e quindi i colori non riescono a squarciare la reticenza, ma il passo, francamente, lo trovo molto più breve: qui ci vive la gente del posto che ama spigoli e filigrana… Continue reading La leggenda del salame… Franco Varni

Plaisentif (o formaggio delle viole), l’avvocato Agnelli e altri racconti… Chiaffredo Agù

Villar Perosa. Possedimenti agricoli della casata Agnelli. Qui tutto riporta ad un solo nome, ad una sola famiglia e ad una sola dinastia. I tempi morti contemporanei, i fallimenti aziendali, i politici che si sono succeduti, l’abbandono del “Castello”, l’assenza del ritiro juventino alimentano il paradosso di una crisi irreversibile, di un tempo che non ha più uno spazio in cui procreare, creare e gozzovigliare. Perché qui c’è stato un regnante senza scettro. Primo Cittadino per quarant’anni e tasse cancellate per tutti i residenti, l’Avvocato qui era oltre il sultanato, aveva terreni, aziende, ville, mausolei, strade, rifugi antiaerei e soprattutto la stima incondizionata della gente. Pensate a quei poveretti che, durante le campagne elettorali, lo hanno sfidato per la carica. Il Plebiscito hitleriano del ’38 per la riunificazione con l’Austria del Reich sarà sembrato più democratico. Il candidato sindaco, che veniva anche lui dispensato dal pagamento delle imposte, chi mai avrà votato? E pensate all’eroe che dopo il 1980 prese il suo posto? Qui è tutto impregnato, la bellezza e le brutture, templi cristiani e templi pagani, giardini, cascine e fabbriche. Continue reading Plaisentif (o formaggio delle viole), l’avvocato Agnelli e altri racconti… Chiaffredo Agù