Il lardo di Arnad mi ha fatto scoprire altro… Lidia Bonin e Normino Challancin

Arnad. Una città dispersa: case basse in un fondo valle che si arrampica su una montagna che non c’è ancora. Il legno e la pietra sono sufficienti a trovare un’atmosfera, a mettere nelle condizioni di sperimentare e di ricercare un qualcosa, adatto a portar fuori il paese prima del proprio luogo d’origine. I comuni limitrofi si accontentano della luce riflessa e provano ad andare oltre, attraverso feste, battaglie tra capre e mercatini scatologico-solidali. Qui, in 1200 abitanti sono riusciti a portare a casa una Dop, a far venire decine di migliaia di visitatori per compromettersi ad una festa e a rendere credibile il proprio prodotto come simbolo d’apertura di una Valle che con Arnad comincia e con la Fontina finisce. Il tutto non badando troppo alla contemporaneità. Gli allevamenti di suini si contano sulla punta di poche famiglie e la tradizione viene ripercorsa e rintracciata con la necessità del sostentamento prima di tutto. Pane nero, polenta e lardo. La sopravvivenza non ha mai avuto sfumature di cipria… Continue reading Il lardo di Arnad mi ha fatto scoprire altro… Lidia Bonin e Normino Challancin

Giovani agricoli dentro e fuori dalla tradizione del formaggio valdostano… Azienda Agricola Massimiliano Garin

Cogne. Frazione Gimillan. 1787 metri d’altezza di quella civiltà assolata e gentile, dove i borghi si rimpiccioliscono, le strade si puliscono meno, l’acqua dalle fontane scende con la propensione al nascondimento e le chiese si pongono solerti con l’avvertenza di essere sempre e comunque una chiesa. Messosi alle spalle l’atroce, dirimpetto ai valloni escursionistici e superato quel regno del pudore che fa abbassare le voci a tutti, nonostante il metropolitano con lo zaino in spalla pretenda sempre il formidabile, gli ultimi avamposti fioriti e geometrici hanno scartato l’opportunità del selvaggio per una più blanda funzione turistica. E così oltrepassato un casuale parco giochi, ci sono ancora le antenne a dimostrare che il cielo qui ha un senso intimo e castrato. Queste montagne nascono per l’avventura gioiosa, per il diversivo e per il ricreato, fioriscono al solo pensiero. E così non possono mai smentirsi, nel verde e nel ghiaccio. Qui Massimiliano Garin sta provando a mettere radici. Continue reading Giovani agricoli dentro e fuori dalla tradizione del formaggio valdostano… Azienda Agricola Massimiliano Garin

La Tetette non pretende un amore originario… Marco Jeantet

Cogne. Gran Paradiso ed echi di feste verso l’abbandono. Nella stagione sbagliata, dove i lastroni di ghiaccio vengono schiacciati soavemente dagli scarponi di provetti sciatori dalla faccia laccata, l’agricolo viene rimesso al proprio posto, lasciando spazio al folkloristico e al prodotto tipico. Il centro cittadino è un florilegio di buoni propositi, negozietti carini, bottegucce finto primitivo e animelle valdostane disilluse da anni di Natali, in preda al tempo della tipicità peggiore da rifilare nella maniera migliore. In testa la Fontina, seguita dalla Mocetta, dal Mecoulin e dall’aria salubre che, tra i Prati dell’Orso, lo sci di Fondo, il Parco Nazionale e le poche piste di sci alpino, prendono quel fascino “sauvage” che diventerà la più florida delle chiacchierate fuori porta, tra uno zerbino, le scale e il burro di cacao colorato per prendere il miglior sole dell’arco alpino. Cogne è anche questo e si porta dietro l’illusione di giorni tumultuosi e tumefatti. Per il resto, bisogna scavare, se permesso e non sempre si trovano pepite… Continue reading La Tetette non pretende un amore originario… Marco Jeantet

Una Fontina di famiglia che vede il futuro… Famiglia Varisellaz

Frazione Nabian. Challand Saint Victor. Ai piedi della Val d’Ayas. Ordinario borgo di prima montagna dove le parrocchie, unite, si sono divise a rendere la valle un luogo più insediato. Agricoltura, allevamento, energia idroelettrica e lavorazioni in legno, gli abitanti sparsi si spartiscono i saperi e le tradizioni, non fanno quasi mai cadere la mela troppo lontano dall’albero e inciviliscono la natura in attesa di chiudersi all’interno delle case, davanti ai camini dove poter esprimere il reazionario al mondo. Paesi di passaggio che si somigliano, ritrovando maniere gentili e appartenenza sotto i campanili. Qui, la famiglia Varisellaz porta avanti la tradizione della Fontina da generazioni. Continue reading Una Fontina di famiglia che vede il futuro… Famiglia Varisellaz

MicaPan: acuti panificatori vegani… Caterina Ottino e Francois Peaquin

Fenis. Anche luoghi minuti, impacciati e refrattari al dialogo, in territori dove la sorpresa è un’abitudine, possono portare fuori varie storie e altrettanti diramazioni. Per caso, entrando e uscendo dalla perfezione, la Valle d’Aosta, ogni tanto, mostra figli meno legittimi, dissidenti irriducibili e persone che non hanno creduto all’uniforme, ai pochi dei, ad una tradizione sbandierata il più delle volte e disattesa le stesse. Come sempre dal basso, qui gli agricoltori hanno trovato la propria situazione all’interno di contesti canditi, di giardiniere e balconi in legno, tra curve rispettose, strisce pedonali e un patois che raggiunge sempre l’orecchio del vicino, ancorché a bassa voce. E così la forma reazionaria della fioriera infarcita si è sempre portata dietro il bel tempo e l’inclinazione, fino a quando qualcuno non ha provato ad incrinarla. Caterina Ottino e suo marito Francois Peaquin, torinese lei autoctono lui, hanno spostato la propria visione architettonica dalle case al pane. Continue reading MicaPan: acuti panificatori vegani… Caterina Ottino e Francois Peaquin

Tome nel parco del Mont Avic… Luca Turini e Susy Perrin

Frazione Covarey. Champdepraz. Ai piedi del Parco faunistico del Mont Avic. Pini uncinati, fauna ungulata, torbiere espanse, miniere in abbandono, archeologia rivestita di gemme e di aghi, protezione regionale per quello che è una delle meraviglie meglio nascoste dell’intera valle. Qui, dietro il gran Paradiso e dirimpetto il vallone di Champorcher, d’inverno risiedono cinque abitanti, un resort, neve e una solitudine offuscata che non porta su nemmeno la corriera. D’estate si riempie di zaini e scarpe da trekking, di passeggiatori novelli e famiglie alla ricerca del selvatico da raccontare, da mettere in mostra ma soprattutto da mettere sotto i denti. Così, per chi ha avuto la fortuna e la possibilità di creare la propria attività, i piedi del parco diventano la migliore delle opportunità. Continue reading Tome nel parco del Mont Avic… Luca Turini e Susy Perrin

Orti integrati in un fondovalle che è rappresentazione… Alessio e Mattia Nicoletta

Fenis. Cinte murarie merlate, autostrade, privazione e depravazione. Un fondovalle aostano non interessato alla sua difesa, organizzazione agricola, hotel d’accoglienza, vicinanza approssimativamente a tutto e una montagna che non è così necessità come da altre parti. L’antico lignaggio non va oltre quelle case sparse al bordo del bosco, qui si seguono strade sempre più piccole per vedere come agricoltura e urbanistica possano andare d’accordo, come l’autostrada, spauracchio imperante in mezzo a selve di cemento, qui sia qualcosa di sbadato, che attiene ad un percorso di affrancamento più che d’impedimento. In luoghi così non ti aspetti nulla proprio perché i dietro l’angolo sono pieni di sorprese. Oltre il caso, trovo la famiglia Nicoletta. Continue reading Orti integrati in un fondovalle che è rappresentazione… Alessio e Mattia Nicoletta

Toma dell’Ourty: i mestieri oltre l’alpeggio… Marco Vuillermoz

Tra Champorcher (la Vallée de l’Alleigne), Hône e Montjovet. Bassa Valle d’Aosta. Tra un forte e alcune case appoggiate alle rupi, partono valloni chiusi su parchi naturali, confini dimezzati ed attività estive/invernali che non possono fare a meno di includere il turista. Qui c’è sempre il rischio che lo smaccato prenda il sopravvento, che il tempo e il denaro combacino alla perfezione andando ad intaccare l’autentico. La caccia al formaggio, da queste parti, è un viso assolato che sposta il coltello dei malgari. E così, seguendo la Dora Baltea nelle sue anse e nel suo schermirsi dai nemici, si segue la storia di agricoltori e allevatori che qui della Fontina hanno dovuto fare a meno, perché in valli più oscure, dedicate ad altro, in una montagna dove le logiche delle tome e dei formaggi semigrassi, con le implicite sfide all’indigenza, non possono e non devono passare sotto traccia. Le tome della Valle d’Aosta hanno ancora l’attitudine della storia e Marco Vuillermoz è uno di quegli interpreti perfetti per decriptare limiti e prospettive di un’intera regione. Continue reading Toma dell’Ourty: i mestieri oltre l’alpeggio… Marco Vuillermoz