Stiria austriaca: dove l’artigiano può ingigantirsi… Zotter, Golles e i viaggi in pullman

Stiria. Distretto di Sudoststeiermark. Austria. In mezzo ai semi di zucca, dietro la fortezza di Riegersburg, si sviluppa una serie di paesaggi che, nel bucolico assente e nella distanza dall’azienda agricola tradizionale italiana, ancora alla ricerca di una comunicazione antitetica, ha trovato la sua maniera di esistere. Boschi precisi, qualche vigneto e la cultura intensiva dell’olio di zucca che dà sempre quella sensazione di agreste mascherato, dietro un’antropizzazione necessaria e assolutamente formale. Continue reading Stiria austriaca: dove l’artigiano può ingigantirsi… Zotter, Golles e i viaggi in pullman

Una Slovenia fuori tempo massimo: mulini flottanti e granai a mezz’aria…

Pillole: Lubiana è quella bomboniera che vale il passeggio, Osem con il suo pane un po’ hipster e un po’ a lievito madre, acidità sostenute e farine poco profumate, tiene in piedi l’interesse di quella relazione che è anche carne frollata (As), relazioni montenegrine e vini ossidati (malvasie che partono dai punti di vista di Josko Gravner). Il paesaggio si incunea verso una Slovenia che non lascia tracce nelle discussioni al di qua del confine. La Carniola e poi la Stiria. Sensazioni termali, frutta e profondi austriaci. Questo è il significato medio. C’è però una regione dietro la cortina, dove fiumi, coltivazioni di luppolo e mulini diventano la sostanza. Al di là della modernità, c’è ancora la pietra a dirimere il sepolto dal dissepolto e così l’antico è ancora una forma di comunicazione molto potente. Per quelli che decidono di arrivare fin qui. Continue reading Una Slovenia fuori tempo massimo: mulini flottanti e granai a mezz’aria…

Storie di confine… Friuli, Venezia Giulia e Slovenia

Dove anche l’attitudine alla divisione ha perso la sua urgenza. Qui il limen è stato messo da parte, non ci sono più né conquistati né conquistatori, è un trascorrere di racconti e confinamenti che, sotto terra, hanno lasciato le macerie dell’ignominia e, oltre, il fluire dell’identità. Passando attraverso i morti e il loro innalzamento, il labile è diventato la croce, l’italiano il profeta in patria e tutto il resto lo straniero mai concesso. Qui l’insondabile di un tempo, quello che non riusciva a scendere a compromessi perché il ruralismo era ancora una pecora arrostita a bordo strada, è diventata capacità di mimesi, guardare al di là e al di qua del limite, per porre un rimedio e cercare l’inclusione. Così è possibile trovare di tutto e il cibo diventa il solito paradigma vivido e volgare, che riflette il territorio nelle proprie ripercussioni e nei propri ripensamenti. Qui le facce scavate mantengono ancora l’italiano al termine del diverso, ma dall’italiano hanno intrapreso e imparato che il cibo non è solo comunione. Continue reading Storie di confine… Friuli, Venezia Giulia e Slovenia

Val Brembana: prodigiosi formaggi in una valle di serie B

Valli orobiche, valli laterali, valli disinteresate, di case poco suadenti, di verde antropizzato e curve chiuse. Valli che si spingono fino in fondo, prestano alpeggi ai prestigiosi formaggi vicini di casa, cedono nomi agli industriali formaggi vicini di casa, condividono spazi, conoscenze, fatiche e ritmi quotidiani. Valli di lunedì mattina, di rughe che non cedono spesso il passo alla vecchiaia, di gioventù segnate, di presagi bovini e di tradizioni ancestrali. Valli introverse, dove quella parola di troppo è ammissione di debolezza, dove il vicino è muto e il passato un futuro incombente sulla possibilità che tutto rimanga com’è. Valli verde scuro, dove l’approdo turistico è il villino da televendita, la breve fuga dalla città e il maglione davanti al camino per giocare una partita al Mercante in fiera. Se si parla la stessa lingua e si vive in città non troppo lontane, da qui si pesca sempre qualche ora, al massimo un paio di giorni, una sciata appena accennata e la passeggiata della domenica per respirare aria meno ingolfata. Oltre, difficilmente ci si spinge. Ma ragionando per fisicità e apporti gastronomici, qui ce ne sarebbe per far leva su invidie transalpine ed estetiche decadenti. Però è tutto troppo chiaro, normale, ordinario, consueto, a poco prezzo… Continue reading Val Brembana: prodigiosi formaggi in una valle di serie B

Annecy, il suo lago, la sua straordinarietà e le sue montagne… dove regna l’Abondance…

Annecy è un luogo dove l’assalto dovrebbe essere assolutamente fuori controllo, al limite del perpetuo, una città sul lago, circondata dalle Alpi, con un clima mite, un centro storico rifinito, case a graticcio, ponti in ferro, fiumi, fiori, cartoline, pastello, artigiani, mercati, piazze, gioventù, aperitivi, casinò, cibo, belle epoque, ombrellini, vestiti lunghi, passeggiate, campi di calcio improvvisati su prati inglesi, case basse e sorrisi indefessi. Un luogo che il turismo sonnacchioso non ha imposto e che il turismo chiassoso non è riuscito del tutto a rendere apolide. Identitaria di suo, Annecy è il manifesto dello sguardo e la città dove la maggior parte dei francesi si trasferirebbe a vivere. Perché nonostante l’accessibilità, non è detto che il lungo periodo sia così troppo sovente. Però due giorni sbalordiscono… Continue reading Annecy, il suo lago, la sua straordinarietà e le sue montagne… dove regna l’Abondance…

Reblochon: dal folklore dei monaci casari alla serietà di un formaggio quotidiano…

Abbaye de Tamie. Plancherine. Tra Annecy e Albertville, in mezzo al parco naturale dei Bauges, trappisti osservanti, forti chiusi, percorsi tra i boschi e delle mura protettive che lasciano al campanile spoglio il compito della laconica preghiera. È un’immagine che non può lasciare indifferente, che apre banalmente i cuori e gratifica più nella lontananza che nella ricerca del prodotto. Questi sono luoghi che del sacro serale, in un ammantato pieno di nostalgia, han creato una lezione spietata. Guadagnare con il lavoro, mostrare il giusto e non mettere in discussione il prodotto. C’è il rischio che anche un gran formaggio si trasformi in una palla di vetro con neve. Perchè qui i monaci ritirano il latte da stalle della zona e, nel più fervido dei segreti, in locali sottostanti al monastero, lo caseificano per produrre il Reblochon. Continue reading Reblochon: dal folklore dei monaci casari alla serietà di un formaggio quotidiano…

Beaufort d’alpeggio e la resistenza di un principio… Gaël Machet

Le Villard du Planay. Savoia. Superati gli ultimi prefabbricati che già guardano la montagna, in quelle valli alpine predate dalla necessità di divertimento, la neve è comunque efficace per una piacevolezza di sistema. Macchine compassate che s’ingrandiscono, mancando i colori pastello e smunti della decadenza paludiera, rimandano ad una Francia più vicina e meno esotica. La finitudine del legno, contrapposizione di colori che dovrebbe sempre lasciare senza parole, diventa una fiaba imposta da una conclusione di rocce e vette. Non si riesce ad andare oltre una semplice bellezza, fatta di prodotti tipici, di linee geometriche che demarcano il sentito dire dall’offesa e di rotonde fiorite che chiudono il circolo novecentesco dei vip in elicottero. Questi dati sul mondo si trovano al di qua e al di là delle alpi, in località turistiche dove sciatori, grolle e pelli abbronzate si continuano ad alternarnare nella rappresentazione della selezione naturale. Continue reading Beaufort d’alpeggio e la resistenza di un principio… Gaël Machet

Bleu de Termignon: epopea e segreti di un erborinato leggendario…

Termignon è al bordo del Moncenisio, sul termine di un pianale che contrappone forti, fiumi e una bellezza delicata che non sovrappone le valli al mal di testa. È tutto molto piacevole, largo, idialliaco con quel po’ di operoso tra i legni tagliati e qualche fabbrica integrata. Nel paese ci sono più rivendite di formaggi che abitanti, l’Italia è dietro l’angolo di un confine che ormai è possedimento e dimenticanza, qui il turismo sostenibile si è talmente sostenuto da essersi messo alle spalle i retaggi e le battaglie, allontanando la concorrenza cisalpina e mantenendo in solitaria l’originarietà di un prodotto leggendario. Il Bleu de Termignon, il nostro Murianeng (o il Blu di Moncenisio), un tempo, si produceva alla Stazione Sperimentale di Sauze d’Oulx. Ora più nulla. Solo quattro/cinque contadini alpeggiatori francesi portano avanti una tradizione estremamente complessa, di cagliate acide, assenze di inoculi ed erborinature naturali.

Raphael Bauntin e Frederic Muller (insieme a sua moglie Murielle) sono due di loro, uno lo produce solo in malga l’altro tutto l’anno, contravvenendo alla storia (per le nonne sarebbe inconcebibile portare avanti la produzione fino a dicembre) e venendo incontro alla primavera. È un formaggio di cui si parla poco e si conosce ancora meno, soprattutto in paese, ci sono poche indicazioni e molto sottobosco. La possibilità di trovare qualche forma sono ridotte al caso, busso a varie porte, mostro carte e speranze, trovo tanta cordialità, un forse e una forma conservata.

Dal legno anche qui si è passati alla ceramica, le forme vengono bucate con un ago per penetrare all’interno e permettere che l’aria possa penetrare in una delle due cagliate sovrapposte, generando le muffe. Trafiggerli ad agosto per averli blu alla fiera di Termignon, la prima domenica di ottobre. La vista non sempre soddisfa la dogmatica, ma il gusto non inganna: alcune forme possono rimanere bianche e sviluppare una proteolisi poco accentuata ma in bocca esplodere lo stesso in frutta matura, latte e funghi. La cagliata inacidita serale viene mischiata a quella del mattino, le spore iniziano a svilupparsi, si caglia, si rompe e si ricompone in teli di lino per una lenta spurgatura e poi per la pressatura. Nei mesi inizia a granarsi e ricomporsi, in quell’alea casearia che per poche centinaia di forme all’anno non viene nemmeno più codificata. Si può bucare, tagliare, spezzare o sbriciolare. Le muffe sono nell’aria e nella sapienza di pochi allevatori che han deciso di resistere agli erborinati da schiaffoni per una delicatezza setosa, impareggiabile…