L’ultimo taleggio d’alpeggio… Antonella Doniselli e Natalino Baruffaldi

Taleggio

Val Biandino dal Parcheggio delle acque Norda a Primaluna. Asfalto, sassi e buche. Il rifugio Tavecchia prevede le richieste del cliente e manda giù fuoristrada, togliendomi dall’impaccio di scontrarmi con gli anni diventati kili. Valle chiusa, la Valsassina non diventa nemmeno un puntino, sparisce in mezzo a tutti quei passi metropolitani di milanesi ciancianti avventure nel mondo, tripudi di abbronzatura, scalate inverosimili e cani laccati. Queste valli sono estremamente cittadine, molto bagnate e assolutamente piene di gente. Qui le tradizioni si sono scontrate con la voglia di costruire e con la voglia di trasformare la montagna in qualcosa di accessibile. La Valsassina, in quegli sguardi bronzei, consapevoli e vanagloriosi, diventa un pezzo di Dancalia, un racconto di una polenta mangiata su tavoli di legno per vivere il brivido del fine settimana. Eppure ci sono ancora persone e luoghi seri. Perché la natura si svuota di chiacchiere e si riempie di pietre, gli alberi finiscono e rimane una vallata straordinaria dove l’alpeggio è stato ingentilito, i fiumi dividono e i larici arrivano fino al Lago di Sasso dove la montagna diventa luna e stambecchi. La mano dell’uomo ha provato a portare tutto alle categorie di valle, riuscendoci a tratti. La famiglia Buzzoni gestisce un rifugio preso d’assalto senza molti compromessi, garantendo ancora ospitalità e soprattutto una scelta mirata di prodotti buoni. Continue reading L’ultimo taleggio d’alpeggio… Antonella Doniselli e Natalino Baruffaldi

Parmigiano Reggiano, balocchi e territorio… Nicola Bertinelli

bertinelli

Noceto. Pianura del Parmigiano. Sorrisi pochi, nebbie tante, rotonde e lavori in corso infiniti. I paesi iniziano a lasciarsi alle spalle. S’intravedono le prime montagne e le prime colline del pre-Appennino. Un posto a metà strada che lascia ancora i ruscelli e i campi d’erba crescere senza sfide. Questa è la metà della luna di un’azienda che non nasce qui perché non deve nascere qui, perché la necessità delle strade è una necessità commerciale di anime contemporanee. Una volta, in quel tempo che fu senza il rimpianto, i paesi della prima collina, dove il suino nero scorrazzava in mezzo a frisone e vacche rosse, erano la base del conferimento ai caseifici del Parmigiano Reggiano. Ora, in questo tempo che è ma che si vorrebbe non fosse, i paesi della prima collina, dove il suino nero è un enclave di resistenza in mezzo a vacche frisone, sono la base del conferimento ai caseifici del Parmigiano Reggiano. Medesano è il lato oscuro, orfico, dove l’azienda agricola Bertinelli esiste dagli anni in bianco e nero dell‘”epoca bella”. Lì si alleva ma non si conferisce più. Nicola Bertinelli, ultima generazione della famiglia, ha deciso di andare su una strada diversa, acciottolata, difficile, comunicativa. Continue reading Parmigiano Reggiano, balocchi e territorio… Nicola Bertinelli

Ragusano di Modicana e misteri… Giovanni (e Rosario) Floridia

ragusano

Ispica. Contrada Scorsone. Cava. Spaccafurno. Carote. Muretti a secco. Mare in lontananza. Provincia di Siracusa a due passi, molto oltre il territorio. Allevamenti di vacche, stalle di vacche. Strade senza uscita e strade senza fine. Cartelli stradali inesistenti. Cancelli che si aprono sul nulla e cancelli che si chiudono sulle spiegazioni. Cellulari e navigatori navigano nel nulla di catacombe e grotte che riportano a chi sa chi e a chi sa dove. Troppi soldi per esplorare valli fluviali da un passato prima del terremoto e da un passato dopo il terremoto. Ispica è un po’ barocco e un po’ liberty con quella difficoltà colloquiale che mette cemento di fianco a stupefazione. Così, raggiungere l’azienda di Rosario (Giovanni) Floridia è una buona impresa. Di modicane al pascolo ce ne sono poche, ci sono omonimie da brune alpine e una via che non porta da nessuna parte se non sull’orlo del precipizio della Cava d’Ispica. Proprio lì c’è l’azienda Floridia. Continue reading Ragusano di Modicana e misteri… Giovanni (e Rosario) Floridia

La tuma che non si è persa… Salvatore Passalacqua

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Castronovo di Sicilia. Propaggini dei Monti Sicani, appena fuori la Palermo-Agrigento. In quella via dei formaggi che è dossi naturali, avvallamenti, asfalto disintegrato, sterrato ma soprattutto aziende agricole segnalate ma assolutamente irraggiungibili, in quella speranza mista a preghiera che non delude mai. Questa è la Sicilia vera di Tomasi di Lampedusa, quella dei campi di grano e quella degli ettari dimenticati, dove il giallo è sublimazione di povertà e attesa, e i volti sono ancora sepolti sotto anni di cenere, polvere ma soprattutto indifferenza. Qui, i nomi e i cognomi si susseguono, ma è come se fossero poco importanti e poco propizi. Qui, sono i formaggi a farla da padrone e a sentenziare. Bestie scarne, pascoli atterriti e coagulatori dal pollice scarico e dalla cultura areata. Per uscire dall’anonimato: o attraverso un nome o attraverso un’invenzione incomprensibile al dirimpettaio. Qui, Salvatore Passalacqua ha messo a punto la sua tuma persa. Continue reading La tuma che non si è persa… Salvatore Passalacqua

Taverna Penta: l’anima storica della mozzarella di bufala… Filippo Morese

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Pontecagnano. Un paese delimitato da un passato inesistente. L’inizio di una piana paludosa, campi incolti, vista che si perde in un mare senza ritorno, i cittadini vissuti tra le strade di Faiano, a ridosso dei monti Picentini, e una distribuzione della ricchezza attenuata da quel lembo primitivo che permetteva a qualcuno di coltivare. Pontecagnano è arrivata tardi, insieme all’edilizia, come propaggine di quella Salerno che non è più nulla se non fuga. Così, la cartografia e la mappatura eroica, quella fatta dal viaggiatore per un’immagine statica di chi quei posti non avrebbe mai potuto nemmeno tracciarli con il dito, è lì a dimostrare un passato. I sogni erano un privilegio molto al di qua della potenziale immaginazione. Quei luoghi avevano dei profili geografici che non rappresentavano che una forma. Ma proprio lì, nella cartografia rinascimentale, Taverna Penta, o Dipinta, era un sicuro approdo poco prima di Eboli, dove il mondo finiva e iniziavano i racconti dell’orrore. E lì, la famiglia Morese, costruita a partire da una genealogia, che non ha mai un ritorno se non nella beatitudine, e da stampe antiche accertanti compravendite già nel 1500, alleva le bufale da quei tempi senza memoria che sono stati messi a disposizione del ricordo dal lavoro di Filippo, ultimo discendente di una stirpe che del passato ha fatto un fregio determinato e indelebile. Continue reading Taverna Penta: l’anima storica della mozzarella di bufala… Filippo Morese

Tuma di Langa e propensione alla bellezza… Alessandro Boasso e Arianna Marengo

amaltea

Mombarcaro è a quasi novecento metri d’altezza, in un luogo dell’Alta Langa dove le colline e gli avvallamenti lasciano spazio ai primi boschi, a quel sentore di montagna che si confonde sempre con l’abete, a quelle strade che hanno ancora impresse frazioni ma soprattutto decrescita demografica. Monte delle Barche con vista fino al riverbero del Mar Ligure… la giornata non è tersa e non soffia il Maestrale, c’è solo una pioggerellina senza sosta e anziani a bordo strada, memoria del passato e memoria, ahimè, anche del futuro. Milleduecento, ottocento, cinquecento e duecentocinquanta abitanti. Ne nasce uno, ne muoiono due e tre scappano. L’Alta Langa è terreno di weekend, di cascine diroccate e di patate, quelle che questo territorio ha sempre coltivato e quelle che questo territorio ha chiaramente abbandonato. I giovani, assuefatti alla bellezza balsamica dei tronchi, hanno solo voglia di andarsene. Un call center è sempre meglio di un pezzo di terra, la famiglia è una pagina intonsa, senza più legami se non una puzza di povertà e legno marcio. Così, per chiamarmi fin qui, ci volevano un albese e una cheraschese che, nella borgata di Casa Roccabertone, han deciso di presidiarsi. Continue reading Tuma di Langa e propensione alla bellezza… Alessandro Boasso e Arianna Marengo

La mitologia che dà l’addio alla valle… Andrea Bezzi

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Case di Viso. Un eremo senza silenzio tra il Gavia, il Tonale e i monti sopra Pinzolo. È un alpeggio moderno, una sorta di beauty farm dell’ascetismo. Le macchine arrivano alla base delle prime case, abbandonano lo stress da ricerca e rilasciano cercatori di solitudine e di montagna. Così, l’estate è un continuo via vai di peccatori, assaggiatori, camminatori, scalatori e annoiati vacanzieri del pascolo silente. Ma la poesia non ha smesso di portarsi dietro dei lembi. La mattina, la sera e il fuori stagione. Case di Viso è un borgo rurale di case in pietra, senza elettricità e senza manifesta noncuranza. Acciottolati, erba tagliata, un ristorante senza amore e un contesto di acque cadenti, di acque scorrenti e di acque comprate al supermercato dal milanese incontinente e sicuro della sua scelta e del suo eremitismo. Così, quando le macchine, i bambini, gli anziani, i competitivi e gli accompagnatori dei competitivi sono ancora dispersi sulle strade della Val Camonica o a Ponte di Legno a comprare caramelle o energizzanti da supermercato, Case di Viso ha la magia senza tempo del silenzio. Di quella straordinaria montagna immortalata per sempre nella decisione mattutina di mettersi uno zaino in spalla e di provare a sfidarla. Verde, roccia, torrenti, ponti in legno, tetti in pietra e un luogo della Lombardia che manca della Lombardia. Finalmente. Continue reading La mitologia che dà l’addio alla valle… Andrea Bezzi

Capre Saanen e il futuro di queste valli… Ilario Rota

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Brembilla. Un paese dimezzato e diviso, uno di quei luoghi non sufficienti a farsi riconoscere. Il commercio e l’industria hanno trasformato la mezza montagna in pianura necessaria. I fiumi, l’addentrarsi delle valli, i laghi solitari, gli sbocchi verso la Val Taleggio non hanno fatto altro che amplificare l’isolamento estetico di posti come questo. I ragazzi fanno capolino sopra i motorini al di là dei muretti, senza nemmeno il belletto delle sei di pomeriggio e con camicie scucite, blanda imitazione dei modelli senza pudore. Brembilla è le sue frazioni, probabilmente le sue tradizioni, ancora più probabilmente la sua religiosità o le sue funzioni religiose, ha dei tornanti che invitano a fuggire, delle diversità racchiuse nel giardino di casa a rivangare la terra e una bonaccia coatta e di passaggio da cui è impossibile fuggire. Continue reading Capre Saanen e il futuro di queste valli… Ilario Rota