Vigevano è una città pedissequa eccezionalmente evidenziata nel rinascimentale di piazza Ducale, in quella passeggiata, sempre uguale a se stessa, che attira ancora il fuori porta e incide sul sentimento locale sotto forma di fama in giro per la penisola. Il tutto lì della pavimentazione e dei ciottoli non porta altro che dintorni, pianura, risaie e distanza da Milano. Quella voglia di fuggire intransigente che si mostra sotto forma di motorini, di treni e di lavori. Chi può evitare il “va e vieni”, mostra la piazza nelle foto con orgoglio, ma la mancanza è un sentimento nostalgico post ubriacatura caricaturale. Origini altisonanti, industrializzazioni precoci, patria dei calzaturifici, prima in Lombardia insignita del titolo di città, declinata tra merlature, opifici e ciminiere, Vigevano mostra i segni di un tempo che non è mai diventato scalpore. Qui tutto scorre placido, anche la lamentela. E così, appena terminata la natura, ci si ritrova in quelle zone artigianali dove i soviet produttivi sono diventati lentamente piccole attività imprenditoriali, posti in cui l’uomo ha dovuto mostrare senza cautela la sua funzionalità. Pena la segregazione. Affrancato dalla catena, l’artigiano ha cominciato a mostrare muscoli e cervello, a creare e a salvaguardare. Aristide Sbardellotto è l’emblema di un retaggio polveroso e lontano…
Panificatore da tempo immemore, lavorava in un’azienda locale con quintali di pane prodotti al giorno, tecniche di base apprese da anziani panettieri tutti d’un pezzo e l’idea di poter aprire la propria bottega. Lievitazione naturale, bighe di birra, pasta madre, rotor degli anni ’70, spezzatrici e pani soffiati, strutto nell’impasto come si faceva nel secolo scorso, mulino Sobrino abbandonato per il più provvido ed economico Voghera, semi-integrali necessariamente laminate, segali profumati in micche da kilo, paste dure vigevanesi e biove piemontesi, tutta una serie di dolci da forno e biscotti estremamente precisi e gustosi, e una lavorazione che nell’antico trova ogni giorno la forma migliore per una clientela semplice, che in panetteria vuole trovare il fornaio, quello che lavora di notte, che non scende ai compromessi delle barbe, dei format e del marketing infarinato come prima maniera di espressione, quello che rimane un passo indietro convinto dal fatto che quelli affianco a lui lavorino anni luce indietro e che ti parla del lievito madre come di una rivoluzione solipsistica. A me questo tipo di fornaio piace ancora e il fatto di trovare laboratori con le luci accese di notte mi fa dormire più sereno…
I FRUTTI DEL GRANO
VIA DEI MILLE 81
VIGEVANO (PV)
Grazie .bellissimo articolo che sviscera in profondità tutti gli aspetti della mia attività.non capisco come hai fatto,ma sono molto contento che abbia capito ciò che in questi anni mi abbia spinto a continuare.con piacere conoscerti e offrirti un caffè.