Fenis. Cinte murarie merlate, autostrade, privazione e depravazione. Un fondovalle aostano non interessato alla sua difesa, organizzazione agricola, hotel d’accoglienza, vicinanza approssimativamente a tutto e una montagna che non è così necessità come da altre parti. L’antico lignaggio non va oltre quelle case sparse al bordo del bosco, qui si seguono strade sempre più piccole per vedere come agricoltura e urbanistica possano andare d’accordo, come l’autostrada, spauracchio imperante in mezzo a selve di cemento, qui sia qualcosa di sbadato, che attiene ad un percorso di affrancamento più che d’impedimento. In luoghi così non ti aspetti nulla proprio perché i dietro l’angolo sono pieni di sorprese. Oltre il caso, trovo la famiglia Nicoletta. Continue reading Orti integrati in un fondovalle che è rappresentazione… Alessio e Mattia Nicoletta
Toma dell’Ourty: i mestieri oltre l’alpeggio… Marco Vuillermoz
Tra Champorcher (la Vallée de l’Alleigne), Hône e Montjovet. Bassa Valle d’Aosta. Tra un forte e alcune case appoggiate alle rupi, partono valloni chiusi su parchi naturali, confini dimezzati ed attività estive/invernali che non possono fare a meno di includere il turista. Qui c’è sempre il rischio che lo smaccato prenda il sopravvento, che il tempo e il denaro combacino alla perfezione andando ad intaccare l’autentico. La caccia al formaggio, da queste parti, è un viso assolato che sposta il coltello dei malgari. E così, seguendo la Dora Baltea nelle sue anse e nel suo schermirsi dai nemici, si segue la storia di agricoltori e allevatori che qui della Fontina hanno dovuto fare a meno, perché in valli più oscure, dedicate ad altro, in una montagna dove le logiche delle tome e dei formaggi semigrassi, con le implicite sfide all’indigenza, non possono e non devono passare sotto traccia. Le tome della Valle d’Aosta hanno ancora l’attitudine della storia e Marco Vuillermoz è uno di quegli interpreti perfetti per decriptare limiti e prospettive di un’intera regione. Continue reading Toma dell’Ourty: i mestieri oltre l’alpeggio… Marco Vuillermoz
El Dolz: pasticceria in costruzione… Stefano Casagrande
Rapallo. Borgo marinaro libero comune approdo turistico. I tempi si sono evoluti o involuti, le facce si sono private dietro persiane e mondanità, nel tempo, il caso ha preso possesso delle azioni e delle reazioni, iborghi incastonati e l’agricolo dismesso hanno ceduto il posto all’unità abitativa, il centro storico ha mantenuto un discreto splendore e il lungomare decide quotidianamente le sorti dei residenti. Mentre i caruggi si svuotano, i negozi chiudono in controluce perché cinesi e venditori hanno monopolizzato il tempo del passeggio. La rapallizzazione non avrà mai termine, finanche in mezzo al mare, molto oltre l’arenile. E così il gotico monastico cede il passo al liberty, al classicismo socialista, all’edilizia informe, mentre il paesaggio delle vetrine recita improbabili incisi tipo “l’apertura dipende dal meteo”. E nessuno ha ancora capito se il negozio apre con il sole o con la pioggia. Lo scostante spigoloso ligure è sempre dietro l’angolo, come da definizione. Ma il contraddittorio è sempre dietro l’altro angolo. E così arrivo a El Dolz, il luogo di formazione di Stefano Casagrande. Continue reading El Dolz: pasticceria in costruzione… Stefano Casagrande
La focaccia di Recco ha pochi dubbi… Panificio Moltedo
Recco. Ennesima insenatura del Golfo del Paradiso ed ennesimo borgo marinaro che ha creato nel tempo la sua epica e la sua leggenda. È uno scorrere di volti risentiti, di turisti soliti e di attività che non hanno mai cercato la compiacenza. L’architettura è diventata un modo di sovrapporre case e le strade, impedite dal mare e dalla montagna, hanno portato l’asfalto a mezz’aria. Ci si guarda poco perché non ci sono molti riscontri, i recchelini hanno risposto a delle necessità e al bisogno di sottomissione della metropoli, han ridato indietro un linguaggio proprio, una carica d’ironica ruvidezza e quella voglia di evadere il desiderio, compresso dalle cravatte, che nella vicinanza ha trovato l’unica impronta d’interesse. Recco è a metà strada della bellezza, dove non ci sono troppe cure oltre l’imposizione di una propria identità e così attende sempre gli stessi volti, proponendo sempre la stessa strofa. Nella semplicità dell’incantatore risiede il segreto perverso della definizione. Focaccia, mille versioni, ma focaccia. Le cipolle per la colazione, la genovese per l’abitudine, il formaggio per la licenziosità. E quale luogo migliore del Panificio Moltedo può rispondere a quel desiderio di manitoba e stracchino, anonimato nell’anonimato, da cui è impossibile sottrarsi? Continue reading La focaccia di Recco ha pochi dubbi… Panificio Moltedo
Basi rivierasche per un gelato solido… Matteo Spinola
Chiavari. Paesaggi di riviera disinteressati, promontori in lontananza, persiane verde scuro come da retaggio marinaro e un centro storico da far invidia al prestigio di città adiacenti che certe piazze se le sognano. Eppur c’è un inverno. Questa è la meraviglia di una Liguria che si richiude su sé stessa, tra portici e volte, biciclette e strade che non hanno un’ortogonalità nemmeno come forma di riflessione. Il lungomare è occupato come un’assenza, come un forestiero e come un’eccezione. Il resto è ipocrita cattiva mescolanza. Persone straordinarie si richiudono e la famigerata ospitalità ligure arriva a chi di quell’ospitalità non ne può fare a meno. La borghesia commerciale di riviera si è solo un po’ incanutita, ma è rimasta piegata su tradizioni e sguardi che arrivano sinceri, antichi e assolutamente anacronistici. Lontano dal mare e dalle valli, la Liguria esprime sempre una signoria velata dietro i tendaggi, ma è estate e così sto vicino alla sabbia e cerco un gelato… Continue reading Basi rivierasche per un gelato solido… Matteo Spinola
Tra gelateria e lievitazione, soluzioni polimorfe… Ivan Gorlani
Tra Monza e Verolanuova. Su quella Bre.Be.Mi. priva di senso e di macchine, la pianura non ha più un trascorso, le attività sono state divelte, il passaggio non è stato nemmeno alterato, ma definitivamente incastrato all’interno di una logica urbanistica che nella pianura ha visto solo terzo Paesaggio. Frammenti indecisi e migratori che non hanno più nulla di stanziale, dove si pagano pedaggi per allontanarsi e avvicinarsi al terzo Stato, a quella borghesia commerciale centripeta e costosa. Così Monza, satellite eletto, può ben rappresentare un nuovo luogo di fuga, una nuova maniera di vedere l’ineluttabile e il non circondabile. In queste città di provincia, che sono monumenti del mai portato a fondo, si possono ben spendere i propri soldi nei mesi invernali e ormai nei mesi estivi. E non ci si chiede più quale desiderio possa percorrere decine di kilometri in mezzo alle brume. L’espansione è un atto di vicinanza. Continue reading Tra gelateria e lievitazione, soluzioni polimorfe… Ivan Gorlani
Scegliere la materia prima è l’unica strada per l’identità…
Quale? Una semplice domanda che marca e pone le differenze. In pochi luoghi al mondo si riesce ad andare oltre al piatto tipico e al prodotto tipico, oltre la regione e la zona di provenienza, in pochi posti al mondo la qualità diventa la proprietà di una identità. Mi spiego, il pesce pescato a Kanazawa andrà a formare un pasto Kaiseki straordinario, dove gli anni di apprendimento, dedicati a tagli, cotture e messa nel piatto, adegueranno il piatto verso la perfezione. Il tempo e la fatica applicano una radice quadrata alla conoscenza, la scompongono, rendendola minuziosa, complessa eterogenea e articolata. L’approccio qualitativo crea l’identità di un luogo che riesce a sfuggire al concetto di prodotto tipico. A Kanazawa si mangia questo, a Bayonne si mangia il prosciutto, a Bologna il tortellino, a Palermo la cassata e a Monaco di Baviera il brezel. La facilità è già viaggio ed è appena prima dell’interesse. La facilità crea la definizione che solleva l’uomo dall’istintualità della paura. Creando ripetibilità ma anche assuefazione. Così un giorno, per caso, m’imbatto in Aimo Moroni, una storia diversa e un cuoco stellato lontano dal firmamento. Continue reading Scegliere la materia prima è l’unica strada per l’identità…
Ai Piani di Bobbio si può anche alpeggiare… Simone Bergamini
Piani di Bobbio lontano dal fracasso sciistico. Meno accenti milanesi e meno presunzione, una ferrovia che porta su, una montagna facile, che spiana, che non gela troppo e non si allontana dai sentieri, luoghi che si sono trasformati in rifugi dove folklore e polenta sono diventati l’ultimo dei retaggi. Chi voleva lavorare, trovando erbe da pascolo e non da trekking, si è dovuto spostare altrove, in valli laterali più portate e più pronte a ricevere sudore al posto delle borracce. Ma come tutte le regolarità, anche qui c’è la necessità di qualche eccezione, un paio al massimo, forse una. E così appaiono delle pezzate rosse al pascolo, dei massi, qualche fiore e delle stanze di caseificazione. Qui Simone Bergamini ha deciso di trascorrere le sue estati. Continue reading Ai Piani di Bobbio si può anche alpeggiare… Simone Bergamini