Vigolo Marchese, frazione silente di Castell’Arquato. Basilica romanica e battistero. Astensione e qualche vite scandiscono il tempo dei pellegrini che, sulla via Francigena, si dipanano tra una salita e una discesa dai pullman. Piatti tradizionali e ristoranti rastremati, dove il barocco ha perso la sua funzione ed è ritornato nelle case per i pranzi molto più tipici del tipico. Queste frazioni sono rimaste preda del paesaggio, dei terreni coltivati a zucche, delle orazioni funebri che toccano qualcuno di sempre più vicino e di un liberalismo territoriale che ancora nel saluto trova il suo gesto più iconico, l’unico che qui non cambia nonostante un’Emilia più dimessa, in tono minore, negli sguardi e nel tempo condiviso, perché qui il freddo non si è mai aperto alla parlata e il fraintendimento è sempre quello di essere belli ma troppo vicini ai caselli, quelli delle nebbie e quelli delle fughe. Continue reading La Torta di Vigolo è l’emblema della tradizione… Fratelli Perazzi
Un Grana Padano senza insilati è possibile?… Luciano Dall’Aglio
Bacedasco Basso. Vernasca. Val d’Arda, una collina più che accennata a pochi metri dalla provincia parmense. Vigneti che si alternano a stalle e prati, una strada principale e alcune mulattiere ormai asfaltate che collegano le valli dirimpetto. Case in muratura, salumifici e caseifici, il tempo dell’azienda agricola si è riversato più nel vino che nella trasformazione, il paese è lontano quasi dieci kilometri e l’eco dell’Appennino ligure non arriva ancora a gelare i polpastrelli. Il paesaggio è la quintessenza della stagionalità, le foglie macerano la strada di giallo, il tempo sepolto è quello che fa mantenere sempre la stessa facciata, erbe falciate e piante da tartufo sono il pre-meridiano e il post-prandiale, quando la popolazione ti accoglie non lasciando a nessuno il tempo di chiedere e nemmeno quello di dissodare la diffidenze. Così si aprono tendine e la provincia emiliana diventa meno affabile. Il plumbeo è un buon clima per la precisione e così il caseificio Dall’Aglio rimane indissolubilmente legato a delle imposizioni che sono diventate scelte. Continue reading Un Grana Padano senza insilati è possibile?… Luciano Dall’Aglio
Macelleria Zilli: i gastronomi della borghesia… Vittorio e Fabio Zilli
Cremona. Città di murature e città murata, imprigionata in quei reticoli borghesi che l’han sempre condotta molto al di qua della sua fama, fatta di sarcasmo, straordinari artigiani e cinemini nei vicoli. Le facciate, la bellezza e i bar all’aperto non sono mai andati oltre il merito di mantenere legata a sé tutta la popolazione. Chi viene, trascorre, si accoccola al sole, fa passare i lunghi inverni, trae benefici da una bellezza ferma e pulita, passeggia mano nella mano e non nasconde quel filo di verecondia a vedersi portare via l’imbarazzo. Cremona è una città straordinariamente provinciale, legata ad un folklore candido, e materialmente italiana. Qui si fa la gara allo sfoggio e si mettono in mostra possibilità di uno stare bene che non fa smuovere nessuno dal centro storico. Facce cesellate, saluti tipici, aperitivi religiosi e pranzi in casa tra cotechini e mostarde. Qui si continua a fare un’Italia di abitudini e di rappresentazione, dove l’ultimo problema è il multiculturalismo e dove il tempo viene sempre scandito dal rito. E così soprattutto la borghesia, quella grassa a specchio, ha bisogno dei suoi luoghi dove darsi alla reiterazione dei suoi profani fine settimana. Continue reading Macelleria Zilli: i gastronomi della borghesia… Vittorio e Fabio Zilli
Le Garzide: un luogo, tanti punti di vista… Diego Aiolfi
Crema. Parco naturale del Serio. Qualche rotonda al di là dei ciottoli medievali, chiusure per nebbia e città ingolfata di emozioni stantie. Sulle strade che si preparano a percorrere la provincia, tra quegli olezzi di letame che adombrano la voglia di stare all’aria aperta, e un autunno provinciale che sbiadisce in mitologie quotidiane fatte di benzinai e locali serali, dove ritrovarsi a raccontare il giovane di successo che ha fatto carriera grazie a una famiglia ricca e a un tempo occupato bene. Perché al di là di un flebile obbligo che si rimira nel solito trito concetto di civiltà contadina da tutelare e da rivendicare, questi sono luoghi dove il tempo da far passare diventa talmente grande da rischiare la compromissione. E così esempi di persone che assumono e insegnano sono l’eccezione di una spiegazione che è meglio non perdere se non si vuole restare a terra. Qui, in una terra di apicoltori e macellai, Diego Aiolfi ha imposto una svolta alla storia della sua famiglia. Continue reading Le Garzide: un luogo, tanti punti di vista… Diego Aiolfi
Bisogna rispettare la materia prima?
Territorio, stagionalità e trasformazione. Il rispetto della materia prima, biascicato incomprensibilmente da addetti al lavoro e non, da mamme “illuminate”, professori salutisti e paladini del biologico, è diventato il fulcro di una gastronomia per cui al massimo, al di fuori della stessa gastronomia, non ci può essere null’altro che una leggera perdita di percezione, una banale ubriacatura e svariate strette di mano e dimostrazioni stupite. Ecco, al di là della “legge della pancia” e dell’”arte di regolar lo stomaco” ci può essere qualcos’altro, qualcosa di inter-disciplinare, qualcosa che vada al di là del semplice mangiare senza porsi altra domanda che non riguardi prezzo, quantità e qualità. Al concetto di materia prima si son sempre rifatti tutti quelli che han voluto dare un tono al proprio approccio alla cucina, etico ed estetico insieme, al rispetto della materia prima si stanno rifacendo tutti quelli che vogliono dare un senso assoluto e più profondo ad un approccio che non può prescindere dall’elaborazione e dalla ricezione della materia prima stessa. Continue reading Bisogna rispettare la materia prima?
Un panificatore è sopratutto le sue scelte… Flavio Borghi
Guastalla. Bassa reggiana. Senza padri e senza principi. In un crocevia di mondi che è soprattutto fiumi e pascoli, coltivazioni sconfinate dove al lambrusco si sostituisce l’erba medica per ritornare zucca e angurie. Colori pastello, portici bassi, chiese e torri, una tipicità divisa e condivisa, dove il dialetto stranisce per essere un apolide in una terra di limite e superamento del limite. Paesi urbani e cittadini, dove uscire è un modo per passare un tempo più pieno ed entrare è già racconto di lavori, di personaggi e di tipicità, soprannomi e modi di fare. L’interazione sotto un portico è spesso decadente, resta da una parte il nascondimento e dall’altra la fuga. Il non essere sentiti, le voci basse e il tempo che trascorre sovrapporranno sempre segreti e piccole ingiurie. Ma un paese deve esser fatto anche di questo, altrimenti che paese sarebbe? E così a Guastalla si conoscono tutti ma non si conosce nessuno, si preferisce l’estraneo ma si rivaleggia con l’avversario. Il campanile è fondamento e critica, è misconoscenza e affetto. Così immagino Guastalla se ci fosse una teoria dell’immaginazione… ma qui c’è un uomo concreto e pragmatico, che del pane ha deciso di farne una scelta e una professione. Continue reading Un panificatore è sopratutto le sue scelte… Flavio Borghi
Da Pepu Mesa attraverso il passato: il maiale ai nostri tempi… Famiglia Mezza
Valle San Martino. Moglia. Corti gonzaghesche appassite, stradine che non riescono più a perdersi, muri divelti, coltivazioni tradizionali, trattori in mezzo alla carreggiata e odore di letame. La pianura, nel tempo, ha fatto il suo tempo, e qui ci sono le stagioni preposte al fascino e quelle preposte all’abbandono. È impossibile trovare un minimo comun denominatore sotto cui non alterare le percezioni di questo lato di mondo. È così bello rimanere irretiti, tenere lontano i fascini oscuri di persone che non sono mai state e non hanno mai vissuto la Pianura Padana in autunno, con i suoi tempi languidi e il crepitio della legna arsa che mette addosso la voglia di maglione e di orizzonte disilluso, dove andare in letargo alla ricerca di un cedimento dei sensi. Qui ci sono cascine di civiltà contadina, anche museale, che non possono mai subire più di quello che han subito. E così far rifiorire le aie, al di là delle gonne svolazzanti e delle tovaglie a quadri, è un principio liberatorio a cui la famiglia Mezza sta provando a credere da decine di anni. Continue reading Da Pepu Mesa attraverso il passato: il maiale ai nostri tempi… Famiglia Mezza
Fattoria Corte Cappelletta: biodiversità nelle gelate padane … Nicola Assandri e Arianna Ferrari
Frazione Coazze. Ultimo lembo di San Benedetto Po ma legato culturalmente a Moglia. Qui i segni del terremoto sono ancora visibili. Nelle campagne, nei tetti divelti, nella paglia lasciata ad affondare, il rigore di terreni geometrici e coltivazioni intensive ha subito lo smacco di una ribellione senza un colpevole. E così questi luoghi da feste sull’aia, da retaggi contadini innalzati al dio del recupero, di gelate invernali e di terreni argillosi che diventano sabbiosi per ritornare argillosi, in quella sempiterna lotta tra zucca e cocomero, rimangono argini di tradizioni millenarie conficcati in un’Italia Rurale che è rappresentazione molto prima che fascino. L’eco della bellezza e dei paesi si sente nell’esigenza di parlare tutti una lingua comune, qualcosa che riporti ad un’appartenenza e ad un sistema. Uno scenario cinematografico che è sempre sistema e mai eccezione. I Gonzaga, i tortelli, i norcini, i salumi, la nebbia, le abbazie, i ciottoli, i sagrati, la religione, i nobili, le case di campagna, i contadini, il vino, il Po e il fascino senza luogo di immagini utilizzate da tutti perché eterne. Qui in mezzo c’è anche chi, con la gioventù dalla sua, sta cercando di attuare un recupero di forme più che di tradizioni. Continue reading Fattoria Corte Cappelletta: biodiversità nelle gelate padane … Nicola Assandri e Arianna Ferrari