Varese. Idealmente deposta. Una città seria, cupa, algida, abbracciata dai monti, dal sacro e dal mistero. Ville liberty scoscese e impianti fascisti ridanno indietro la certezza del giudizio, una bellezza compressa, difficile, priva di fascino, tetragona nei volti di una borghesia che non ha mai latitato, che si è sempre chiusa dietro a cancelli e portoni per portare in casa un’imprenditorialità asettica, da sveglie presto, cene familiari e pruriginosi tentativi di rilassamento. C’è molto vuoto tra pavimento e soffitto, c’è un’aria greve che dona alle istituzioni l’austerità aristocratica di trovarsi sempre fuori tempo massimo. Precisione, pulizia, decoro, nascondimento, la famiglia è una perfetta coesione di sguardi, i venditori rimangono assiepati dietro le loro serrande, la vendita non è mai un compromesso, il sole non riesce mai ad illuminare veramente. Ville, parchi, castelli, castelli, ville, parchi e sacri monti, Varese rimane sotto i portici a guardare una sera che si rimette e un artigianato che lentamente si affaccia… Continue reading Piedigrotta: pizza gastronomica rétro… Antonello Cioffi
Un gelato che “inaspettato” non rende l’idea… Valerio Terzaghi
Marchirolo città blanda e paese di frontiera. Passaggio tra l’industriosa provincia varesina e la benestante Svizzera, retaggio borghese di un modo di saper fare e di sapersi vendere che nel confine trova il suo reale valore al di là del possesso e della lamentela. Quella per non essere qualche kilometro più in là e quella per il mestiere del transfrontaliero come usurpazione di cultura e buco nero di gettiti e fortune. Qui non bisogna inventarsi nulla perché l’artigianato è sempre rimasto al passo con il nascondimento, con il sommesso, con quella voglia di ribellione che nel restauro ha sempre ritrovato il suo punto di ritorno: qui non si può fare a meno dello scontrino pagato. Tappandosi il naso o chiudendosi gli occhi, la clientela è una forma dominante di dimostrazione e sfoggio. Eppure, è proprio qui, quando il quattrino regna indisturbato, che la possibilità di fare il bello e di percepirlo come beneficio può tramutarsi in un affare. Questa storia ha un protagonista, Valerio Terzaghi, un deuteragonista, Mario Bacilieri e un lieto fine… il gelato. Continue reading Un gelato che “inaspettato” non rende l’idea… Valerio Terzaghi
Formaggella del Luinese e caseifici in paglia: le storie a volte sono nascoste… Valeria Ciglia e Marco Pianezza
Azzio. Un luogo neppure nascosto, oltre, secondario. Montagne basse, laghi sospirati e una natura che si prende tutto il selvatico possibile. Rimani racchiuso, incerto, quasi tramortito da tanto rigoglio in mezzo a luoghi dissotterrati e tenuti in vita grazie all’opera di anziani e fuggiaschi cittadini. Tutto bosco e tutto chiesa, Azzio è un paese profanato dal sacro, dove i segreti rimangono custoditi e dove la possibilità del bello è racchiusa gelosamente nel passato: quando c’erano i villeggianti, quando i conventi non si erano ancora trasformati in pizzerie di frontiera. Queste sono terre di allevatori sereni, di gente che ha permesso alla sua scelta di essere poco promossa. E allora quella Formaggella del Luinese, rarità tra le denominazioni protette a latte caprino, diventa il centro nevralgico di una propaganda territoriale. Continue reading Formaggella del Luinese e caseifici in paglia: le storie a volte sono nascoste… Valeria Ciglia e Marco Pianezza
Cascina Montefino: formaggi senza angoli… Andrea e Federico Peretto
Graglia. Dove l’acqua si fa nuvole basse e tempesta, dove sgorgano le migliori fonti del mondo, i torrenti diventano fiumi e le montagne rimangono un enorme cespuglio di sottobosco senza nessuna speranza per la vista e per la roccia. Qui l’orizzonte rimane chiuso e perverso, i boschi si fanno strada e curva e gli occhi degli anziani sono abituati a guardare verso il basso l’incedere di piazze e di fughe. Paese silenzioso di artigiani rifugiati, Graglia è un appena fuori rinsavito all’ombra della gita domenicale. C’è chi nella Valle dell’Elvo si perde, chi caccia caprioli, chi crea comunità e chi sfrutta pedissequamente un ambiente che friziona su se stesso, sdrucciolando verso il fondo. Qui il cielo rimarrà sempre bianco e la coltre non potrà mai mostrare un reale interesse verso la vendita e la mostrazione di sé. Le strutture turistiche, se esistono, sono ben rapprese nella schiena di un dover a tutti i costi fermarsi, i santuari mariani mettono addosso lo stupore del presagio e così la macchina non è costretta a proseguire. Resistono gli artigiani di tradizione e quelli di scelta, quelli che si sono chiusi e quelli che non hanno mai sospettato che potesse esistere, là fuori, qualcosa che non assomigliasse ad una fregatura. Continue reading Cascina Montefino: formaggi senza angoli… Andrea e Federico Peretto
Asparago violetto, zucchina trombetta e carciofo spinoso. Il mondo di Marisa Parodi Montano
Ceriale. Confine territoriale, la passione della spiaggia spostata di qualche centinaio di metri e un incedere di serre, salvezza e cruccio per decine di agricoltori che in questa terra hanno trovato una forma distesa di ragione sociale. Luoghi adatti per svernare, dove le rughe mantengono il proprio tenore e l’avvizzire è più tra gli alberghi e i giochi condivisi che nella realtà convenzionale dell’inverno nel mite. Lusinghe audaci si disperdono presto nell’idea di consumo, nei volti abbronzati e nell’incapacità di andare oltre il rilucere del sole. In luoghi come questo, la ferrovia è un punto di non ritorno, qualcosa che spacca, che mantiene nascosta e che nella manifestazione non cede mai a se stessa. Dietro ci sono le orchidee ammansite e una cattività “di chi s’arrende per poco”, perché in questa Riviera delle Palme, che disseppelisce facilmente il formidabile contemporaneo, sotto forma di colori e sapori, persone come Marisa Parodi sono il fondamento del mio lavoro e di qualunque lavoro. Continue reading Asparago violetto, zucchina trombetta e carciofo spinoso. Il mondo di Marisa Parodi Montano
Tempo senza ricerca… Ugo Prina Mello
Sandigliano. Una strada e poche villette basse. Il far west biellese da porte sbattute in saloon desolati si riappropria di un hinterland quasi sepolto, dove la cappa di diffidenza e sfortuna è arrivata a prendere tutto quello che non ruotava intorno al tessile. Una provincia poco attrattiva e anziana, che vede i giovani in fuga verso lidi di cemento che non hanno altre ragioni che la sicurezza, lontano da quelle acque, da quel pudore e da quei vicoli che sono rimasti sempre ai margini di un’industria che ha catalizzato attenzioni e libidini. Il licenzioso era la fuga del weekend, adesso il familiare è diventato il ritorno nel weekend, in quel cortocircuito che non ha lasciato per strada che briciole di senso e schegge di disapprovazione. E luoghi come Sandigliano seguono a ruota una maniera riservata di stare dietro le quattro mura domestiche. Continue reading Tempo senza ricerca… Ugo Prina Mello
Birre senza eccedenze… Simone Ghiro
Gambolò. Resti di resistenza. Un paese sconquassato e nascosto da brume e risaie. Una Lomellina normale, in un territorio di case basse e volti rassicuranti, un pomeriggio tiepido con i tavolini in plastica a muovere l’aria di un aperitivo lungo una giornata, una settimana, un anno, una vita. Qui non c’è modo di retrocedere, si ha sempre in faccia la verità, troppo in faccia. E se non sei fuggito, il modo di restare è un modo di rientrare. All’interno di canoni benpensanti, all’interno di stanze ben illuminate dietro pareti sepolte da anni di stratificazioni, la vita di provincia diventa irreale e possono così fuoriuscire delle grazie inaspettate. Gambolò è uno di quei rari paesi artigianali dove ancora vivono produttori e dove il riso non è diventato l’onnicomprensivo di una zona di mondo. Qui la possibilità va colta al volo e così anche un milanese di rigetto può trovare un’idea spiazzante, un qualcosa che non abbisogni nemmeno della proverbiale fertilità dei luoghi. Niente materie prime del posto, ma birra fatta con precisione e rispetto. Continue reading Birre senza eccedenze… Simone Ghiro
Caffè, sfoglie e amenità antifrastiche… Agostino “Gusto” Pastore
Gambolò è un’enclave qualitativa al di là di qualunque previsione. Ognuno alla sua maniera, in queste terre di riso e nebbie, i produttori procedono in solitudine attraverso il corridoio che li porterà al macello. I soloni indovini, dell’associazione dal gusto dubbio e dalla predica facile, sono dietro l’angolo per il consiglio domenicale, per portare sulla retta via, tra parrocchie e piazze, le anime disilluse dalle mani rozze e dal meccanismo poco oliato nelle officine di provincia. Qui il deforme s’invera nelle case dormitorio per famiglie modello, dal parchetto dietro la siepe, e nel diroccato postprandiale dei giovani gambolesi, sprofondati nel sonno fiabesco dei vent’anni e delle impennate in motorino tra le zanzare dentro i fossi. Finito tutto, quel che resta deve riproporsi, con le rughe o con i pannolini, come emblema di una provincia italiana divelta dalle fughe e dall’abbandono, per lasciare agli eroici frangiflutti l’ingrato compito di schivare i colpi e di proporre qualcosa che dell’economia non ne fa una fierezza. E così, appena assorto, all’angolo della piazza principale, il bar di Agostino Pastore diventa l’espressione di un inaspettato, un presidio ironico della civiltà. Continue reading Caffè, sfoglie e amenità antifrastiche… Agostino “Gusto” Pastore