Riserva San Massimo: l’impossibile riso della Pianura Padana… Dino Massignani e Guido Antonello

san massimo

Gropello Cairoli è un paese aperto, sorridente, con un orizzonte, una via trafficata e delle facciate pastello. Una rarità in queste terre orientali di Lomellina che cavalcano il Ticino con i suoi abbandoni e la forma cascina come lascito compulsivo di un lavoro sulla terra che è stato dapprima un logorio di funzioni e conoscenze. Gropello si distende non particolarmente latente, ha delle facce invaghite dalla mattina e non concede sorrisi troppo scostanti alle domande sulla direzione. Perché qui perdersi è un attimo e ogni cascina è un luogo illustrativo, privato dell’opportunità di uno sguardo dall’alto e impossibile da non rendere se non attraverso il ridicolo. Perché ogni bellezza è trasformabile in una perversione e goderne rimette tutto in quel senso di angoscia che apre risaie e chiude sui boschi, in quel sentiero interrotto flavescente che non porta da nessuna porta se non verso una quieta inquietudine, verso l’uscita, verso la tranquillità della riserva di caccia e la familiarità del trattore e della strada in lontananza. Riserva San Massimo è senza alcun dubbio il luogo più stra(ordinario) della Pianura Padana. Continue reading Riserva San Massimo: l’impossibile riso della Pianura Padana… Dino Massignani e Guido Antonello

Offella di Parona: ora come allora…Fratelli Collivasone

offelle

Parona. Fulcro della Lomellina. Una strada e una diocesi. Nulla più. Una via di passaggio tra Vigevano e Mortara che non chiama nemmeno al pensiero. Vedi il cartello di benvenuto e quello di commiato, il resto è mezza canzone alla radio e un pensiero sull’uggia di un clima sempre uguale a se stesso, perverso e reumatico. Dalle risaie arrivano i dogmi e dai termovalorizzatori gli odori. Qui l’inquinamento è un lato senza oscurità, è palese e regolamentato. Ci sono pochi eguali in Europa, decadenza e case basse, consumo e becera industrializzazione. Chi c’è, deve restare, pena la sparizione, e così in questo angolo di mondo, particolarmente sfuggente, c’è anche chi si prostra a dare la colpa alle stufe a legna, segno evidente di un passato che mai s’è voluto inverare in nulla più che in una semplice reiterazione casuale di ritualità ataviche, stanche e legate perlopiù alla superstizione. Ma questo è e rimane soprattutto il paese delle Offelle, la semplicità del dolce in tutta la sua espressione. Continue reading Offella di Parona: ora come allora…Fratelli Collivasone

Leggendari confiseur italiani… Pietro Romanengo

ROMANENGO

Genova è un atriaorto del sud del mondo accidentalmente gettata sulle rive della Liguria. Quegli odori, quelle urla, quei volti, quelle tradizioni, quel mangiare di strada, quegli acciottolati, quei caruggi e quelle crêuze sono incidenti non casuali di una maniera mediorientale di guardare il mondo, di intendere il centro, il negozio e il suo mercanteggiare. Senza divisioni. La passeggiata è già una compravendita. I monumenti possono rimanere stabili e nascosti, l’interesse non sarà mai una contemplazione, almeno da queste parti, in questo modo di intendere il mare come una beatitudine e un consumo, come qualcosa d’individualmente presente, e la natura delle cose sarà sempre scrostata, libidinosa e ironica. Non ci si può nascondere tra le crepe, bisogna uscire fuori e dimostrare di possedere una delle città più incredibili del mondo. Guazzabugli di anime talmente differenti da non avere alcuna direzione, qui si scoprono pudori e tradizioni che riportano verso le navi e verso il passato. I mercanti non si son mai profumati e così chi è arrivato fino ad oggi o ha una storia o è senza patria. Continue reading Leggendari confiseur italiani… Pietro Romanengo

Lavagè: l’eterno ritorno degli uguali… Mirella Ravera

lavage

Rossiglione, pressoché Liguria. Parco naturale regionale del Beigua altrimenti detto Valle Stura. Quella manciata di terra al confine con lo sfruttamento culturale piemontese che prova a contenere la voglia di cacciarsi nel selvatico, mantenendo a distanza il mare, l’ipocrisia, l’ansia e le viste distensive. Il moderno che si staglia sull’orizzonte fotografico dell’antico è di una bruttura senza redenzione, qui gli allevamenti bovini sono sempre stati la priorità – le cooperative cooperavano e imbottigliavano latte per cercare un’identità – , hanno svenduto, sono andati in decadenza, hanno perso la successione e si son trovati senza più voce. Così in questi luoghi che una giustizia condivisa non l’hanno mai avuta, auspicando il passato per trasformarlo in passaggio, la possibilità di fare le cose per bene, lentamente, senza pressioni, recuperando senza leggende, è quella maniera rimasta per non dare l’idea di essere un disadattato in pomeriggi disadattati tra tavolini e macchine truccate. Il contraltare della fuga si chiama territorio e lì hanno insistito giustamente i fratelli Ravera. Continue reading Lavagè: l’eterno ritorno degli uguali… Mirella Ravera

Il Forno di San Nicola: alla ricerca della focaccia genovese…Marco e Luca Oberti

focaccia marco

Genova. Castelletto. Quell’altura immaginifica che apre la città alla vista come fosse un luogo di riviera, chiudendola dagli olezzi lancinanti che l’han sempre definita molto più di qualunque prospettiva, di qualunque politica e di qualunque economia. Le persiane verdi acquisiscono altri colori come per darsi un tono, una ritualità, una copertura del rivo, quel modo un po’ altezzoso di mettersi sopra un fortilizio aspettando di essere rimirati, magari in una giornata di sole, con un retro-sguardo che possa definire la bellezza solo attraverso il bello, lasciando da parte quel fascino sempre ricercato quando si parla di Genova, di antico e di porto. Questa è una città di quartieri, assidua nelle sue divisioni dirompenti che tracciano delle linee asimmetriche e marcate tra zone complementari e confinanti ma assolutamente lontane, nello stile, nello sguardo e nell’architettura. E l’accento non sempre riesce a sussumere tutto sotto lo stesso tetto. Qui ci sono belvederi inaspettati e il fruitore può tornare ad essere spettatore non guardato, un voyeur di una città fatta di giudizi e pregiudizi. Dalle mulattiere alla circonvallazione. E che meraviglia se ciò che resta della tradizione è spiegato lentamente dal cibo e da una clientela sempre uguale a se stessa. Anche in un quartiere ma soprattutto perché in un quartiere. Continue reading Il Forno di San Nicola: alla ricerca della focaccia genovese…Marco e Luca Oberti

Una ragazza che ha scelto la terra…Daniela Rota

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Villa d’Almè, frazione Bruntino, laddove le brutture lasciano spazio alla fantasia e ad una natura domestica e colorata d’inquieto. C’è puzza di città, sentori di Val Brembana e semi-coste di colline non ancora pronte all’approdo in vetta. I tratturi silvo-pastorali si incuneano in boschi senza luce e senza il fine della conquista. Qui, cani e uomini non hanno granché da tirar fuori e così si guarda dritto verso la giornata lavorativa, quella dei camioncini, dei lavori fuori porta, della semplicità come forma mentale per dirimere le possibilità non dette. Bruntino è un luogo spento con una vista, è un’apprensione prima di tutto, quella che ti fa attendere la curva in un misto di incoerenza e di professione di fede. Cosa ci sarà?

Ecco, a pochi passi dal parcheggio del cimitero, mi attende Daniela Rota, una storia contemporanea che del paradigma si porta dietro la possibilità. Continue reading Una ragazza che ha scelto la terra…Daniela Rota

La sicurezza della carne pianeggiante…Fausto Garrò

Bagnolo San Vito ha una parte agricola che non concede scampo. Al di là delle rogge, dove le carreggiate si stringono e i trattori ti spalano il letame addosso non prevedendo una reazione verso lo stupore, le curve inducono verso il fuori, verso quella bassa mantovana, incisa a cavallo delle terre virgiliane, che lascia intatte le immaginazioni, fa sognare imprenditorie, fa vestire tutti uguali, garantendo sempre e comunque ai propri figli quella proprietà privata che non può mai essere divisa. E così il territorio diventa terreno da mettere in produzione e la famiglia quell’unica roccaforte per scandagliare i sogni e procrastinarli nel tempo, magari davanti alla televisione, magari fantasticando un futuro lontano, da fuga di cervelli e figli da andare a trovare a Pasqua insieme alla famiglia di lei, anglo-giapponese e coltivatrice di tè. Ad una di queste curve, Fausto Garrò ha rimesso in produzione il podere di famiglia con la contemporaneità richiesta e quella latenza altrettanto contemporanea che tralascia alla normalità il macellaio, l’allevatore, l’agricoltore e l’agriturista. Il problema è che qui sono tutti rappresentati da un’unica persona. Continue reading La sicurezza della carne pianeggiante…Fausto Garrò

Caprini mantovani in una terra dove tutto è conferimento…Francesca Borrini

viele weiße Ziegen stehen im Stall und schauen

Marcaria, frazione di San Michele in Bosco. Lembo di pianura bagnata da un Oglio senza nascondimenti, in mezzo a quelle statali padane che non hanno altro da offrire se non traffico e qualche fascinosa vista su un sistema cascine vieppiù abbandonato. Piccolo incrocio e si entra a San Michele. I volti scompaiono per diventare eponimi di una civiltà contadina che qui socchiude le porte e pensa ancora che i bar non siano altro che bar. E così l’unica strada finisce in un prato lambito da una villa sanitaria e il fascino angusto dei palazzi, rimasti in piedi al tempo delle forme di cortesia, è quello che resta di un luogo dove le vacche da latte sono state le uniche possibilità produttive per anni, lustri e decenni, fino a quando Francesca Borrini non ha fatto il suo rientro a casa con una laurea in veterinaria/etologia animale, convertendo, insieme ai suoi genitori, il conferimento di latte di Frisone per la produzione del Grana Padano in qualcosa di assolutamente innovativo, per quelle zone, per la pianura ma soprattutto per il tipo di abitudini e clientele chiuse in cucine dai pochi sussulti: un allevamento di capre Saanen e la trasformazione del latte stesso in formaggi. Continue reading Caprini mantovani in una terra dove tutto è conferimento…Francesca Borrini