Il forno di Spino (senza nulla da aggiungere)

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Spino d’Adda. Niente da segnalare. Un paese in mezzo a rotatorie, doppie corsie, nuove autostrade e capannoni. Qualche villetta familiare e qualche campo di granoturco estirpato alla sua vera natura. Una zona industriale che non è ancora diventata campagna, dove un centro c’è ma senza nessuna imposizione. Qui la voglia di hinterland si è presa tutto, fino in fondo, lasciando improvvisare chi ancora aveva qualcosa da dire, prima di andare in vacanza a bordo roggia. E così siamo arrivati fino a qui, in un piovoso sabato agostano, con il dubbio lancinante di essere nel posto sbagliato quantomeno al momento sbagliato. Continue reading Il forno di Spino (senza nulla da aggiungere)

Salumi in mezzo ai fontanili… Famiglia Zanaboni

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Corte Palasio. Sponda sinistra del fiume Adda. Il più classico dei non paesi di origine alluvionale. Un migliaio di persone sparse dedite all’agricoltura e all’allevamento di Frisone da latte. Poca inventiva e una strada che finisce nel nulla, in una piazzetta dove abbandonare il pudore e dove scontrarsi contro un ristorante ormai chiuso. L’Adda, lì a pochi passi, genera quella rigogliosa natura che non regala più nulla all’immaginazione. Sottesa dietro cumuli di trinciato, lascia da parte il fluviale per dedicarsi tranquillamente al languore. Le cascine recuperate han tolto verità e le costruzioni per biciclette hanno portato la cultura del solido al punto di non ritorno. Questa è zona di fiumi e di fontanili, di quei retaggi agricoli da marcita e di quella Pianura Padana che ha ripreso l’acqua del Po rifiutata dalle stratificazioni e l’ha rimessa tiepidamente in circolo per creare quelle leggende che, quando la nebbia non la tagli nemmeno con l’immobilità, fuoriescono misteriose e affascinanti. Dissidi, lamenti e feste sull’aia. La cultura è andata talmente lontano da portare verso casa qualche fuggiasco ancora alla ricerca del folklore. Così i quarantenni di Corte Palasio erano i ventenni di Corte Palasio e l’agricoltura è solo diventata più sostenibile, cercando vie alternative a porcilaie coi letti a castello e fermentazioni acetiche per bovine iper-produttive. Continue reading Salumi in mezzo ai fontanili… Famiglia Zanaboni

La futura polenta di una volta… Mauro Longo

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Fubine. Dove una volta c’era l’aristocrazia ora c’è una sonnolenza incompiuta. Si schivano campi di granoturco e di girasoli e si arriva a guardare l’ennesimo paese che sovrasta sudditi avvezzi al tempo libero. Questo era il paese dei conti Cacherano di Bicherasio, qui veramente il sangue blu si era intinto di rosso e il favore del popolo non era un acquisto d’indulgenza. Emanuele Cacherano di Bicherasio è stato nobile, imprenditore e amico dei più deboli. Ha fondato la Fiat e ha permesso il passaggio dall’oligarchia agricola a un sensato comunismo di gestione. Fino alla morte in circostanze oscure, tra il suicidio e l’avvelenamento. Tutto insabbiato naturalmente, perché un progresso tecnologico che sfami il popolo, ancora oggi, ha una benevolenza da pozzanghera insozzata. Contadini, emigranti e partigiani. La storia di Fubine è uno spaccato del nord Italia, senza scampo. Continue reading La futura polenta di una volta… Mauro Longo

Dove la carne è una laica religione… Vittorio Giovine e Loredana Lovisolo

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Nizza Monferrato ha una fama che la precede, è luogo di vini, di ristoranti, di ristoratori e di straordinarie tradizioni gastronomiche, su quella strada che dalla finanziera porta verso la farinata passando per l’agnolotto. In luoghi come questo si è fatta l’Italia, qui la sofisticazione è un rischio assolutamente non calcolato e la presa in giro un locale vuoto. Crescono le nuove generazioni e rimangono interdette: la necessità è che qualcuno le guidi. Non si deve tradire questa storia in questo luogo. E così per poco più di diecimila anime ci sono tredici macellerie non contando i supermercati. Qui la carne è il culto laico dell’appetito. A partire dalla vetrina. C’è uno studio dei particolari, degli abbinamenti, delle tradizioni da non sbagliare e dei colori da restituire alla salivazione che è ieraticamente un continuo contro senso. Rimasto indietro in un anacronismo pantagruelico, il gusto torna bambino e Nizza Monferrato diventa il parco giochi della mia immaginazione culinaria… Continue reading Dove la carne è una laica religione… Vittorio Giovine e Loredana Lovisolo

Pasta fresca e basso profilo… Sergio Tonella

raviolini del plin

Nizza Monferrato è un bel rimpasto della storia d’Italia. Quella gastronomica che passa dalla barbera agli spumanti, dal bue piemontese al cardo gobbo fino alle conserve Cirio, quella politica, quella architettonica e quella che, non disdegnando la collina, ci ha tenuto a mantenere un’identità atavica inurbata in una contemporaneità senza pietà, dove le aziende da rotonda senza fine si alternano ai portici dalle botteghe storiche pronte ad accadere. Qui le piazze diventano parcheggi e i vicoli mantengono inalterato il desiderio di passeggio. È un luogo perversamente rilassato, adagiato, quasi confuso, dove le membra si sdilinquiscono nell’impossibilità di scelta. Ci sono troppe sollecitazioni, troppi stimoli, qui il cibo è una cosa molto più che seria, le tradizioni sono sempre un punto di arrivo che riguarda il futuro più che il passato. Nizza è un bel posto per qualunque vecchiaia, dove la fiducia verso il bottegaio è costruzione di ospitalità e accoglienza, e dove il riguardo per il tempo che passa difficilmente si trasforma in noia. Qui m’imbatto per caso in un pastificatore sotto traccia, normale, quotidiano e assolutamente legato ad una conoscenza cittadina e ad una esaltazione dei borghesi da fine settimana ristrutturato. Continue reading Pasta fresca e basso profilo… Sergio Tonella

Mostarde originarie… Emiliano Bedogna

ZUCCHE ORNAMENTALI

Guastalla, estremo lembo della provincia reggiana. Qui sei sempre uno straniero in patria. Per gli abitanti di Reggio sei un mantovano, per quelli dall’altra parte del Po un emiliano senza terra. Ecco lo stato apolide dove le vacche rosse reggiane recitano la pantomima del proprio latte e della propria particolarità, nascosta dietro muri di insolvenza e di proditori racconti e dove la produzione è una continua filiera. Ma fortunatamente posso lasciar perdere il pomeriggio assonnato di un mezzo sofisticatore dal Parmigiano afoso e dedicarmi ad un dialetto che mi rende afono e a quel centro storico a metà tra i Gonzaga e il Liberty che i colori pastello si son presi, rendendo tutto un po’ più fiabesco, soprattutto nell’assenza da calura estiva. Qui ci sono anche strade che dirimono indicazioni geografiche protette e terreni in discesa verso il grande fiume che hanno da sempre determinato le principali colture. Che non sono mai cambiate, che rappresentano la povertà di tempi e di terra. Perché la disillusione verso una fuga che possa portarci verso il capello impomatato e il destino da rocker da balera è sempre dietro l’angolo. Basta continuare ad osservare, chiedere e osservare. Continue reading Mostarde originarie… Emiliano Bedogna

Agli albori della coltivazione… Valter Cavalli

CAVALLI

Casalbellotto. Frazione di Casalmaggiore. Estremo lembo della provincia cremonese, in quella zona senza definizione a cavallo tra il Po e l’Oglio, dove tutto è più rarefatto, dove le industrie si nascondono sotto terra e dove l’agricoltura è sempre stata il punto di approdo della povertà più profonda. Questi luoghi sono appannaggio di contadini e di piccole divisioni territoriali, dove ognuno si è sempre coltivato il suo, guardando il vicino come la normalità. Terre argillose che han sempre ridato indietro angurie e meloni, meloni e angurie, angurie e meloni. In uno scandire di stagionalità che non ha dato molto tempo al pensiero. Anche perché il convenzionale era già un mezzo dileggio e chi provava a fare qualcosa di diverso non veniva nemmeno preso in considerazione. Luoghi della memoria di un sistema cascina che val bene una giornata fuori dal pensiero. Perché qui, al di là della quotidianità, il tranquillo è ancora l’unica forma di coscienza. C’era la cooperazione per il potere e adesso è rimasta quella per arrivare alla fine del mese. Il tutto senza troppe preoccupazioni, con gli sguardi sbigottiti dalla vendita diretta e da quella contemporaneità che prova a respingere le grandinate con i teloni. Continue reading Agli albori della coltivazione… Valter Cavalli

Un panificatore che ha recuperato tradizione e contemporaneità… Mentore Negri

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Pomponesco è un tuffo nelle radici contadine di chi la Pianura Padana l’ha dentro ed è stato investito dalle sue brume come se non ci fosse un domani o un luogo migliore dove esistere. Qui Bernardo Bertolucci, tra i portici del Gonzaga, la garzaia e le golene, ambientò alcune delle monumentali scene del suo Novecento, come retaggio agricolo di chi ha un borgo meraviglioso, per quanto piccolo, e lo tiene nascosto dalle industrie e dalle invidie. Perché qui la conoscenza è un pezzo di bravura che non a tutti è concessa. Triangolo di terra tra l’Oglio, il Po e quattro provincie che non scandiscono l’egemonia, questo è un luogo appartato e separato, di uomini di fiume, senza un centro unificatore ed equidistante da tutto, soprattutto dalle critiche di appartenenza che tendono ad esiliarlo come straniero. Qui la modernità è soprattutto all’interno di un terreno esausto che ha visto svolgersi povertà e non ha mai saputo da chi andare a fare la questua. Perché la sincerità di non avere un padre, non sempre paga. Anzi. Pomponesco ha la mitezza dell’opulenza di chi tiene tutto ancora nascosto dentro il materasso. Il ganassa rimane al di là di un Po che delimita e decide da quale parte devi stare, in quale regione versare solitudine e contributi. Continue reading Un panificatore che ha recuperato tradizione e contemporaneità… Mentore Negri