Il radicalismo selvatico della provincia… Danilo Baiguini

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Costa Volpino è l’estremo lembo di un sistema di gallerie che tagliano l’orientamento a metà, senza riportare tracce di possibili connessioni e congiunzioni. Ci sono boschi che nascondono e laghi nascosti. In mezzo c’è un’impossibilità al definito, perché non c’è montagna, non rimane pianura e la vastità della Valle Camonica si porta con sé una provincia scartando i reietti. Questo parossismo bergamasco ha anche un bell’affaccio. Un po’ di pastello un po’ di borghese e poca altezzosità. Per qualche passeggiata domenicale è più che perfetto. Grassi idrogenati e vecchi mascherati. Un sogno lacustre che se abbandonato rilascia canne di fiume, mistero e capanne per la caccia. E così sono costretto ad arrivare alla mia meta. In mezzo alla pioggia e in mezzo alla melma. Danilo Baiguini è pescatore, cacciatore e trasformatore. Lo era suo padre e probabilmente lo fu suo nonno. La tradizione non si è mai stracciata.

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Formaggi nascosti tra le curve… Lorenzo Sorlini

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Angolo Terme. Bassa Val di Scalve. Una definizione curativa che non cancella i limiti di luoghi ormai obbligati. Tetti rossi e fontane in pietra si staccano dando l’ultima comunicazione prima dei boschi di abeti e l’approdo voyeuristico a quelle montagne innevate che, se inquadrate da un certo angolo fotografico, riportano ancora la solitudine. Perché paesi come questi arrivano troppo presto sulla mappa, fermarsi è una tappa più che un principio, e così lavorare liberamente al di là della pressione turistica è l’unico obbligo che ne consegue. Angolo Terme è affossato in quella provincia di Brescia che dà le spalle a quelle Prealpi sciistiche per principianti che tanti parcheggi hanno visto occupare e tante polente emaciate hanno dovuto tagliare su spianate di legno e prezzi concordati tra l’autista e il protettore del candore. La Val Camonica, in queste coste, ha bisogno di una guida e Francesca Corona ha provato a dare una forma alle mie necessità, togliendo un po’ di ricordo ai raggiungimenti stradali. Così vado un po’ a caso e arrivo all’azienda agricola dei fratelli Sorlini, in località Sorline, senza nemmeno accorgermene. Nomen omen: presagio e presame. Per i formaggi è comunque meglio non dilatare troppo gli occhi. La pulizia è nel gusto e non nell’estetica. Il viaggio è una parola intorno ad un tavolo invecchiato nella certezza di formaggelle che sanno ancora di formaggelle. Senza compravendite. Continue reading Formaggi nascosti tra le curve… Lorenzo Sorlini

Bufali nella pianura reggiana… Luciano Govi

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Borzano di Albinea. Il regno della Ferrarini, delle sue stalle e delle abitazioni di quelle maestranze consone a rimanere all’interno di un perimetro di lavoro. Nascosto dietro gli occhi del borgo antico, dei ristoranti chiusi e degli approdi in collina, il lavoro delle persone è fatto di rotonde, di nebbia e di inverni continentali, quelli che non lasciano tregua, che non riflettono altro che felicità e televisione, con le luci fioche e le persiane chiuse alle cinque di pomeriggio. Così, in quei luoghi l’inventiva è frutto di una collaborazione invidiosa e di una cooperazione atavica che ha sempre scandito dei ritmi coesi e politici. Qui l’agricoltura è sempre stata economia, usufrutto e imprescindibilità del raccolto, così le storie si assomigliano un po’ tutte. Chi si lamentava, adesso rimpiange il passato, chi si lamenta oggi è perché ha mangiato abbondantemente, schermendosi dalle depravazioni e dai vizi. Tutti hanno un’opinione perché tutti si sono sporcati e tutti si sono puliti. Il pubblico è diventato privato e il modello consorziale ha mostrato un po’ di rughe. L’assalto alla diligenza può essere intelligente/territoriale/privatistico o becero/qualunquistico. Lì in mezzo viene deposto l’umano. Continue reading Bufali nella pianura reggiana… Luciano Govi

Se non ci fossero i consorzi, si chiamerebbe ancora Reggiano… Fattoria Rossi

ROSSI

Montecavolo. Frazione di Quattro Castella. Ultimo lembo di una pianura che continua a fare finta di nascondersi. Una coltre di neve copre qualunque perversione e qualunque ricordo. Il navigatore è l’unica salvezza. È tutto bianco con la nebbia che a mezzogiorno inizia a scendere sui campi. Questa è la culla del formaggio reggiano, qui si è consorziato l’impossibile, si è creata la grande socialità dei caseifici e si è persa la morale a spartirsi colpe e quote. Quel che resta è sicuramente abbastanza ma tende, come tutte le energie non più rinnovabili in termini economici e culturali, ad invecchiare. Così, Montecavolo non è altro che una frazione a pochi passi dal capoluogo, sulla strada che va verso il Cerreto, bloccata da imprudenze e umori. Così qui, chi è imprenditore agricolo, lo è da generazioni, qui la terra si tramanda, non si compra, non ci sono colpi di testa ma solamente tradizioni con possibilità di rinnovo. C’è chi si adegua e guarda al futuro, chi è nella fase cotidie mori destinata all’esaurimento e chi è già bell’e morto e ha venduto tutto nel nome del capannone come unico Dio. Ecco, in questa provincia, dai tratti ancora candidi, la famiglia Rossi (padre, madre, tre figli maschi e svariati nipoti) porta avanti dalla notte dei tempi l’allevamento, nato come conferimento, diventato conto-terzismo e con un futuro prossimo di trasformazione e di filiera finalmente completa. Continue reading Se non ci fossero i consorzi, si chiamerebbe ancora Reggiano… Fattoria Rossi

Apicoltori provveduti… Linda Chiletti

CHILETTI

Dinazzano di Casalgrande. A pochi kilometri da Sassuolo, a metà strada tra Reggio e Modena, e unica frazione non intaccata dalle rotonde e dai capannoni. Le carreggiate si restringono, i dossi diventano naturali e le curve si inoltrano all’interno del Parco Le Riserve. Pedemontana o collina che sia, qui c’è l’abbandono di non riuscire a guardarsi indietro, a quei vigneti di Lambrusco che sembrano messi lì a caso e a quelle strade che sembrano talmente uguali che non perdersi non sarebbe nemmeno giusto. Ben guidato, arrivo comunque dove devo arrivare, confondendomi tra le diramazioni, gli errori e un’umanità che ha messo dello spazio tra dirimpettai, degli animali come deterrente e un’intimità che difficilmente qui verrà scalfita. Il luogo giusto per fare l’artigiano, per provare a non portare a fondo il principio economico della congruenza, dove tutto è sovrapponibile nel tempo e nelle persone. Anche sforzandomi, non ricordo di aver visto né case né volti. Eppure il distretto della ceramica è così manifesto… Continue reading Apicoltori provveduti… Linda Chiletti

Borgo Monti: scientifiche confetture… Samantha Franz

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Domodossola è bellissima, è veramente uno stupore poco conosciuto. È una città di architetture civili, di stemmi ossolani, di passati idroelettrici, di portici e palazzi, ma soprattutto è una città di pietra e di pietre, con queste piazza ad adornare il francesismo dei fiori, la profondità delle fontane e queste facciate diseguali che rendono tutto multiforme senza necessità dei colori, ma rimestando in un passato che ha mantenuto lavoro e bellezza sulla stessa lunghezza d’onda. Luogo apotropaico e misterioso, è come se i collegi, le centrali e gli archi avessero preso il posto della stregoneria, della mistica e delle manifestazioni senza tempo. La cultura Walser è fatta di disinquadrature, di molti ciottoli e di poco regime, vela il luogo molto più delle montagne e di quei paesi che ineriscono a quella città conosciuta più per l’alfabeto fonetico che per la realtà. E qui a Domodossola fare artigianato è una questione di comprensione del contesto e del territorio. Continue reading Borgo Monti: scientifiche confetture… Samantha Franz

Forno Ossolano: un labirintico laboratorio di montagna… Germano Meneghello

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Crodo. Terme, Crodino e punto di partenza per le valli del Bettelmatt, quella fontina locale che negli anni si è trasformata in leggenda e nei sapori amarognoli dell’erba mottolina. Qui le valli si diramano ma con leggiadria. La bellezza della fuga è la stessa che si ritrova nel rimanere, nel restare in attesa che qualcosa accada, che gli anni d’oro tornino a ruggire e che questi luoghi recuperino la sacralità del tempo che fu, quel tempo di confine che ha confuso gli idiomi e ha mischiato le tradizioni. Così ci sono vari motivi gastronomici per approdare a Crodo, è un luogo molto libero, dove la serenità non è nemmeno più una ricerca ma un abbandono, quasi una perdita dei sensi. Qui in mezzo, lavorare sul turista ha ancora quell’invidia locale che non porta nemmeno concorrenza. Così chi fa è costretto a fare bene. E Germano Meneghello, cognome veneto e passato proletario tra le rive dell’Adda e la valle, ha messo a fuoco tutti i punti che suo padre gli ha dato in eredità. Continue reading Forno Ossolano: un labirintico laboratorio di montagna… Germano Meneghello

Giovani allevatori senza troppi lasciti… Jodi Maccagno

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Trontano. Frazione Cosasca. Rettifilo di un fondo valle dove la vista periferica spazia verso la Val Vigezzo e verso i fiumi in pietra. Perché qui tutto è squarcio. Persa la nebulosità stretta, ricca e opprimente del Lago Maggiore, la Val d’Ossola si allarga a dismisura andando a prendere pianure fluviali, vigneti, rocce sovrastanti e montagne assolutamente al di là del turismo. Trontano è immerso in quel nonsense di passaggio che porta comunque fuori, che fa sembrare le montagne ancora montagne e la lontananza lontananza. Non c’è ingerenza. Ci sono tegole in beola e c’è un’immagine diluita di quello che la neve o le facce abbronzate dalla dissoluzione, poco più avanti, si sono portate via. In quelle valli dove la “Rolls-Royce” dei formaggi detta legge e dove le croste acarizzate sono sinonimo di rughe e facce antiche. La cultura Walser è un modo di attirare e le rimanenze sono sempre legate a qualcosa di umido, di irrorato, di grondante. Orridi, cascate, rivoli, fiumi, neve, piogge. Quello che resta è un desiderio di cibo che possa contestualizzare tutto. Così vengo attirato da una stalla nuova di zecca e da una storia di gioventù e non di tradizione. Il paradosso di queste valli. Continue reading Giovani allevatori senza troppi lasciti… Jodi Maccagno