Borgo Val di Taro è un miraggio. L’autostrada segnala l’uscita ma è tutto molto confuso. Emilia, Liguria e Toscana compongono un trivio inespugnabile, i boschi chiudono e tutto quello che resta viene fagocitato dal greto del fiume Taro che lascia rocce bianche e cespugli inerti. Borgotaro è una facciata pastello con un ricamo di persiana verde-Liguria che confonde il mare con la montagna e con la località termale da belle epoque. Qui, dove i funghi regnano incontrastati e dove i raccoglitori dormono in macchina nell’attesa dell’alba e delle creste piene di porcini, le nuvole ricoprono quella parte di sole che ridà tutto indietro sotto forma di fine del mondo. C’è quella luce classica che spoglia l’anima, che ci fa sentire più nudi e più vicini, in un abbandono da centro storico raffinato che prova a rubare un po’ di egemonia a quella natura che tutto si prende. Perché qui il selvatico è ancora selvatico e le persone, sul crinale di un passaggio infestato nel corso delle estati, hanno preso il turismo cercando di renderlo il più quotidiano possibile. Continue reading La lunga conservazione della pizza… Massimo Gatti
Manze al pascolo e una valle che non ridà indietro… Stefano Vassalini
Preseglie è uno di quegli agglomerati di frazioni che non hanno mai portato molto oltre la reale popolazione quotidiana. Qui non c’è nemmeno il passaggio. C’è un fragore di acqua che batte su pietra, una sparuta idea di pescatori in azione, una valle reale e qualcosa che assomiglia sinistramente alla fuga. Verso il Trentino, verso il lago o verso la città, verso tutti quei luoghi che non legano, che non permettono di ricordare le stesse facce che si evolvono nel tempo fino alla sfioritura. Perché fare imprenditoria qui è riconducibile al dominio. Il più furbo si prende tutto. Basta guardare quel territorio che non ridà indietro soddisfazioni, per non rimanere frainteso e stare fermo sul divano. Chi parte è il primo e anche l’ultimo. Così Stefano Vassalini sta cercando di portare qualcosa fuori dai canoni del già deciso, con la sicurezza imprenditoriale della diversificazione e con quella possibilità del bello che prova ancora ad ascoltare, a guardare fuori e ad ascoltare. Continue reading Manze al pascolo e una valle che non ridà indietro… Stefano Vassalini
La Valle Sabbia e i suoi lieviti… Pietro Freddi
Casto. Frazione Famea. Un luogo remoto all’interno di una valle remota. Bosco e qualche allevamento. Le case, al di là del paese, mettono addosso la voglia d’inverno. Ci sono pochi alberghi, qualche agriturismo che sta provando a capire come bloccare l’orda di gruppi organizzati per cene a prezzo fisso, poche curve, molte strade senza uscita e quelle frazioni che non lasciano null’altro che la meta. È tutto vista eccezion fatta per quei sabato sera passati a truccare motorini o fare indianate in mezzo agli abeti. Se il tempo lascia passare l’adolescenza senza troppi calli nel cervello, allora quegli stessi posti possono rimettere in circolo una nuova opportunità di bellezza. Tornare indietro e fare l’artigiano, rilevare un paio di panifici e alla fine capire che la soluzione è poco più sopra, in un laboratorio senza più bottega, centralizzando in mezzo alla roccia ed esportando il proprio prodotto dove il passaggio può diventare turismo o rimanere solo passaggio. Ecco, Pietro Freddi è nato a Casto e a Casto continua a vivere, portando in giro la propria arte imparata nel tempo e nei tempi giusti, senza fretta ma soprattutto senza bisogno di lodi imbrodate da quadretto radioso sopra il banco di vendita. Arrivare dove è arrivato, passando per i famigerati corsi di formazione del sindacato dei panificatori, è una lode senza nemmeno necessità di assaggio… Continue reading La Valle Sabbia e i suoi lieviti… Pietro Freddi
Burro di Pezzata Rossa e un territorio da esplorare… Claudio Frascio
Agnosine. Maniglie e aziende agricole. La comunità Montana prende una collina rendendola remota. Perché qui, in mezzo alla Val Sabbia, le montagne sono lontane anche dalla vista. E così non rimane che il lavoro, l’espropriazione e il lavoro. Il turismo è morto nel corso del tempo, una volta qualche anziano veniva a disintossicarsi dalla città, ora, quel che resta, è la possibilità di creare una comunione d’intenti. Agnosine è un paese dove scappare non è nemmeno più una priorità, qui la gioventù è un lusso e la terra deve essere una necessità. Così chi rimane, chi decide di provarci, di cambiare vita, di smettere il lavoro a favore di una dedizione, deve avere dei supporti e degli interpreti.
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L’apparenza (non…?) inganna… Stefano Freddi
Una curva sopra a Casto. Val Sabbia. Inverno freddo ma poco innevato. Il selvatico è una vista al di là della coltre. Qui c’è molto spazio, forse troppo, non si è mai sentita l’esigenza di trovare una strada, i terreni erano lì, i pascoli pure, i punti di vista imposti sono una questione carbonara di piccole aziende alla ricerca della qualità. Questa valle non riesce ad uscire, non riesce ad affermarsi nella sua unicità al di là del Bagoss che è valsabbino ma è come se fosse altro, lontano, quasi una punizione, un paradigma impossibile da mettere a fuoco. Così le attività, qui dove la montagna non è rappresentata dall’altezza ma dall’innaturale arrivarci, i produttori agricoli combattono ancora contro i demoni della perfettibilità, del disinteresse, della clientela inesistente e dei razziatori di formaggi che impongono prezzi assurdi per mangiarci (male) in quattro o cinque. Così gli agriturismi sono compiuti per metà o per un terzo e la lotta contro il fermento e contro l’insilato è una coperta corta che copre alcune magagne con del dogmatismo, scoprendo i polsini sporchi della domenica pomeriggio. Continue reading L’apparenza (non…?) inganna… Stefano Freddi
Inverno Siciliano
La neve non si vedeva da anni, da decenni addirittura, e la neve, si sa, rende le tradizioni più semplici: da credere, da tramandare e da ringraziare. La Sicilia, per questo, è sempre stata più evasione che credenza, con quella necessità mite di dover perseguire dei riti e dei miti. In inverno il cibo ha sempre cambiato forma e colore, ma la gente ha sempre continuato a fare la fila fuori dalle gelaterie.
Almeno fino alla neve…. Continue reading Inverno Siciliano
Progresso verso il passato… Lorenzo Pagliaroli e Simona Chessa
Poggioreale è un luogo abbandonato, uno di quei posti dove si ha a che fare con i fantasmi delle cose, da dove non è possibile che venga restituito nulla, se non ruderi di un terremoto che ha distrutto e stravaganti costruzioni di un nuovo abitato che non è altro che un reticolo di viali periferici senza un centro e con un abisso di costruzioni incommensurabili. Lo sviluppo ha svuotato la possibilità della distanza, del perno attorno a cui tutto far ruotare. Così rimangono fotografie in bianco e nero dei margini di un rudere che non è altro che vegetazione spontanea, solitudine e distanza diurna. Così la Valle del Belice, in quell’esistenza agricola che trasforma gli inverni nelle primavere e i gialli autunnali in vitigni imbottigliati e svenduti, diventa strada statale, strada dissestata e curve senza via di uscita, in mezzo a quei paesi che non hanno altro che il ricordo di una storia che non si è compiuta. Così si cerca di guardare indietro per qualche possibilità di lavoro e per regalare qualche ora di quel tempo fermatosi nel 1968. Continue reading Progresso verso il passato… Lorenzo Pagliaroli e Simona Chessa
Il tempo che fu e il tempo che sarà… Macelleria Contini
Cremona. Strada Padana Inferiore, ponte in ferro, chiatte, nebbia e approdo sul Po. Lì c’è la divisione, quella sentita e quella dimenticata. La bellezza delle piazze e della architetture di signorie decadenti sembra lontana. Anche le periferie qui hanno qualcosa di umido, di assolutamente accordato sulla foschia dei lampioni. Cappotto, bavero e sciarpa intorno alla bocca sono la mostrazione lasciva di una città senza angoli e chiusa in se stessa. Perché qui i pregiudizi non si sono trasformati in novità. Così ogni volta che torno, trovo sempre gli stessi lati, gli stessi volti e la stessa lamentela di vivere una città morta. Ma stavolta è il sobborgo-residenza per anziani che aspetta la spazzatura che mi porto dietro dalla pianura. Ancora una volta non è il torrone che mi richiama perché qui la speranza si è trasformata definitivamente in fantasticheria. Così, nel periodo del cotechino, cerco un cotechino e un suo macellaio. Continue reading Il tempo che fu e il tempo che sarà… Macelleria Contini