La decisione di dolci sorprendenti… Lucca Cantarin

Arsego di San Giorgio delle Pertiche. Pianura Padana. Pochi kilometri da Padova e dall’autostrada. Un fiume, qualche fiumiciattolo, qualche torrente e il massiccio del Grappa all’orizzonte. Un fruttivendolo, qualche bottega, degli incroci, macchine transitorie, qualche siepe a nascondere la borghesia, dialetto marcato, assolato e poco adorno alla chiacchiera, volti periferici da mode passate per le metropoli e arrivate fuori tempo massimo, ma ben definitorie della provincia. Non c’è null’altro, non fosse per un angolo di strada dove un prato inglese inclinato cinge un locale dal nome perfettamente in linea con l’anacronismo topografico. Continue reading La decisione di dolci sorprendenti… Lucca Cantarin

Il pane esce e prende vita… Nicola Trentin

Cittadella. Pianura Padana, clima torrido, pranzo inoltrato, morte civile. Il clima post-atomico crea illusioni ottiche all’orizzonte e miraggi nelle orecchie. Delle mura difensive, totalmente avulse dal contesto, cingono quella che rimane di una delle fortificazioni medievali meglio tenute in Europa. Torri, torrioni, porte, fossati sono il riassunto italico di un posto del genere in un luogo del genere: assoluta privazione sia del fascino che della memoria. I posti da un tanto al kilo, senza una tipicità sincera, abbondano, così come le ricostruzioni proditorie. Cittadella è un paese dalle tinte chiare, poco persuasive e poco evocative. È un luogo fisico, di indubbia attrazione, che non trova un corrispettivo emotivo. Al di fuori è un incedere nefasto di costruzioni basse, prefabbricati marroncini e centri commerciali. Il tutto sempre sotto effetto di una Fata Morgana che ha preso le mie parole e le ha gettate nella nebbia. Continue reading Il pane esce e prende vita… Nicola Trentin

La storia delle caprerie italiane… Berto Vassena

Valmadrera. Un paesino sul lago di Lecco come tanti altri. Il capoluogo è indifferente e sparso. I porticcioli definiscono una via di fuga che le anzianità collegiali e le colonie estive continuano a rimandare. Le piazze e le vie sono tutte uguali. Ci sono delle rarità, in mezzo a case basse con colori indifferenti e piazzette comunali. Al di là di una di queste, dietro un paio di attivisti che vorrebbero ridicolizzare i rifiuti, si nasconde Villa Gavazzi. Non credendoci, vengo attratto da una cacofonia canina e verso un senso d’abbandono. Due anziani mi vengono incontro. La custodia è un’arte troppo vituperata. Le fortune del giardiniere sono quelle incommensurabili dello spettatore. Villa Gavazzi per Berto Vassena e sua moglie, ex giardinieri dei proprietari, è stata ed è una fruibilità senza noie. Continue reading La storia delle caprerie italiane… Berto Vassena

82 anni, 39 di febbre e l’alpeggio… Guglielmo Locatelli

Vedeseta. Ultimo e primo paese della provincia di Bergamo. Piena Val Taleggio, dove allevatori e casari hanno creato un’eponimia tra gli abitanti e il formaggio. I tornanti che salgono e che scendono dal Culmine di San Pietro dividono e rendono remote le valli circostanti, la pianura e la possibilità di rimanere. L’evoluzione umana, quella che sente la vita nei tubi di scappamento, sta abbandonando lentamente i prati senza attrezzature turistiche e gli chalet senza una gastronomia da cucina tipica. Vedeseta è un paese di frazioni e di case. Non restano che un paio di centinaia di persone ad occupare quella professionalità chiamata sopravvivenza. Continue reading 82 anni, 39 di febbre e l’alpeggio… Guglielmo Locatelli

Buen Retiro

Romagna. La puzza di pesce nelle sale delle colazioni e le piadinerie che millantano cagliate congelate per fontine d’alpeggio, erbette e squacqueroni per quel pasto di cui non si può fare a meno, sono ineluttabilmente legate a quel mondo di ombrelloni, bagnini, lungomari e tanti, ma tanti, al kilo. Qui, le cozze, accompagnate al pata negra, il flute tenuto in mano da starlette in declino o da caldeggianti zoccole sono all’ordine delle serate. Qui scompare la qualità. Almeno d’impatto. La riviera romagnola è un luogo losco, impomatato, anacronistico, dai piedi ben piantati per terra. Gli artigiani sonnecchiano o si allontanano verso la collina. Quelli che rimangono, tingono i negozi luxury di fucsia e nero e si fanno chiamare pastry chef. Non ci sono reali motivi che spingono alla qualità. Non ci sono quelle mezze misure dove far fiorire una dote. Per questo e mille altri motivi, io adoro la Romagna. Una terra di contrasti, un posto che col mare ci azzecca il giusto. Privo del fascino delle banchine, privo di puzza di pesce, privo della portualità da albatros o da quella mittel-europea da docks. Il mare è lì, ma potrebbe anche non esserci. La spiaggia è quel centro commerciale che si porta via tutto. Attività, amori e deliqui notturni. Continue reading Buen Retiro

Tra mito, filosofia e formaggi… Vittorio Beltrami

Cartoceto. Medioevo e uliveti. Pochi kilometri dal mare, una propaggine industriale dal nome sinuoso (Lucrezia) e tornanti ad occhieggiare sempre più da vicino quest’antico borgo, fatto di piazze, ciottoli e piccole vie prevarica-turisti. Da qui si assisteva agli sbarchi dei Saraceni. Da qui si decise di quale ducato fare parte. Da qui la valle del Metauro, con i suoi salici e i suoi pioppi, si getta in boschi senza fine. In quell’antropizzazione assente che del selvaggio ha mantenuto il decoro. Piccoli borghi sparsi, frantoi, alcune residenze signorili, strade con i segni delle nevicate e una lontananza che mette quasi paura. Il mio stato d’animo, di solitudine e orrore del vuoto, ha preso la veglia metropolitana del suo essere coscientemente stressato e l’ha trasformata in una retromarcia a fil di arbusti, all’interno di una strada bianca, alla ricerca di un Covo di Briganti e di una stalla. Continue reading Tra mito, filosofia e formaggi… Vittorio Beltrami

Un panificatore immerso nella nebbia… Massimo Vitali

Sala di Cesenatico. Un paio di rotonde per respirare. Il mare, con i suoi canali di pantegane proattive e i suoi hotel-straccia-vesti-e-odore-di-pesce-per-colazione, è dietro l’angolo. La riviera romagnola è quell’eco sfortunata fatta di code, barbari, ristoranti da un tanto a due kili, maximal chic gastronomico e rapsodici gestori di alberghi adagiati su clientele storiche, fatte di sguardi allappati e balli di gruppo. Appena fuori, non serve molto. Un po’ di spazio, delle colline in lontananza e una campagna dimenticata ridisegnano lo scenario ma soprattutto le possibilità economiche. Il mare delle poche speranze e delle molte certezze abbandona i suoi figli-peccatori, immersi nei pensieri. Continue reading Un panificatore immerso nella nebbia… Massimo Vitali

La ricerca dei Sé… Luca Ori

Parma è una città che mi lascia mediamente indifferente. Tanti studenti, tanti monumenti, tanta borghesia, nei vestiti e nei nasi. Abbastanza voglia di chiacchiera e ancora di più di botteghe gastronomiche. Gli stranieri felici, con il prosciutto di Langhirano e un Parmigiano equamente invecchiato e sopravvalutato, prendono possesso dei ciottoli e del caldo diluente, lasciando ai cittadini i parchi e qualche quartiere pittoresco, al di là del centro e dell’impossibile decriptazione dei parcheggi. La bellezza è tutto ciò che resta. Forse è tanto e forse è poco. Quelle zone d’ombra, fatte di umori e vicissitudini, si perdono tra i viali alberati e le costruzioni ducali, si perdono nella definizione di provincia. Parma è l’epitome della città di provincia. In questo risiede la sua grandezza. Continue reading La ricerca dei Sé… Luca Ori