Kreuzberg è il più classico dei crocevia. Da Berlino americana a Berlino turca, passando per una controrivoluzione punk-dada salvifica dal degrado e finendo per rappresentare una frontiera che è centro in quanto movimento e tessuto sociale. Il muro dietro l’angolo è invasivo folklore di un tempo che non è mai stato privamento di possesso e così Kreuzberg sopravvive agli hipster, ai palazzoni, ai mercati urbani, ai kebab, alla socialità come forma d’arte, alla gentrificazione che ha trasformato tutto in un wurstel, in un caffè e in un risvolto. Dalle farmacie alla decadenza, la trasformazione è stata voragine che ha mantenuto le sedute in legno, la scomodità della cultura e il ribrezzo verso il conformismo. Così, il nero dark è diventato colore, sorrisi e biologico, uno Straight Edge alla berlinese meno cupo e con quei sorrisi barbuti che ormai sono in mezzo tra la deferenza e l’anacronistico. Qui si passeggia, si va in bici, si sta bene e si aggirano i tempi morti attraverso il tepore delle sere impegnate, quelle calorose, che anche se vendi passeggini sei comunque un locale… Continue reading Markthalle Neun: il pane in una Berlino che c’è ancora… Alfredo Sironi
Bonne Vallée: filiera agricola valdostana con spiragli… Fratelli Chappoz
Donnas. Dal Piemonte sfumato, appare una Valle d’Aosta affaticata, alle spalle ci sono quell’assenza d’identità e quelle ombre che il verde non riesce ancora a riflettere. Qui non si punta diretti verso la montagna, si prova a creare qualche virtù attraverso il tempo dedicato e attraverso la battaglia delle capre. È un tutto più piccolo e più univoco, i paesi sono arroccati nella necessità di proteggersi e di essere produttivi. E il tempo dedicato non è mai un tempo da braccia conserte e pensiero consumato, simbiotico ed emotivo, a Donnas bisogna inventarsi una Valle d’Aosta riflessiva, come se si fosse in un al di là di tutto… Continue reading Bonne Vallée: filiera agricola valdostana con spiragli… Fratelli Chappoz
Il lardo di Arnad mi ha fatto scoprire altro… Lidia Bonin e Normino Challancin
Arnad. Una città dispersa: case basse in un fondo valle che si arrampica su una montagna che non c’è ancora. Il legno e la pietra sono sufficienti a trovare un’atmosfera, a mettere nelle condizioni di sperimentare e di ricercare un qualcosa, adatto a portar fuori il paese prima del proprio luogo d’origine. I comuni limitrofi si accontentano della luce riflessa e provano ad andare oltre, attraverso feste, battaglie tra capre e mercatini scatologico-solidali. Qui, in 1200 abitanti sono riusciti a portare a casa una Dop, a far venire decine di migliaia di visitatori per compromettersi ad una festa e a rendere credibile il proprio prodotto come simbolo d’apertura di una Valle che con Arnad comincia e con la Fontina finisce. Il tutto non badando troppo alla contemporaneità. Gli allevamenti di suini si contano sulla punta di poche famiglie e la tradizione viene ripercorsa e rintracciata con la necessità del sostentamento prima di tutto. Pane nero, polenta e lardo. La sopravvivenza non ha mai avuto sfumature di cipria… Continue reading Il lardo di Arnad mi ha fatto scoprire altro… Lidia Bonin e Normino Challancin
Giovani agricoli dentro e fuori dalla tradizione del formaggio valdostano… Azienda Agricola Massimiliano Garin
Cogne. Frazione Gimillan. 1787 metri d’altezza di quella civiltà assolata e gentile, dove i borghi si rimpiccioliscono, le strade si puliscono meno, l’acqua dalle fontane scende con la propensione al nascondimento e le chiese si pongono solerti con l’avvertenza di essere sempre e comunque una chiesa. Messosi alle spalle l’atroce, dirimpetto ai valloni escursionistici e superato quel regno del pudore che fa abbassare le voci a tutti, nonostante il metropolitano con lo zaino in spalla pretenda sempre il formidabile, gli ultimi avamposti fioriti e geometrici hanno scartato l’opportunità del selvaggio per una più blanda funzione turistica. E così oltrepassato un casuale parco giochi, ci sono ancora le antenne a dimostrare che il cielo qui ha un senso intimo e castrato. Queste montagne nascono per l’avventura gioiosa, per il diversivo e per il ricreato, fioriscono al solo pensiero. E così non possono mai smentirsi, nel verde e nel ghiaccio. Qui Massimiliano Garin sta provando a mettere radici. Continue reading Giovani agricoli dentro e fuori dalla tradizione del formaggio valdostano… Azienda Agricola Massimiliano Garin
La cooperazione casearia trentina è norma normalizzata… Caseificio Sociale di Primiero
Tra Mezzano, Fiera di Primiero e San Martino di Castrozza. Una storia giovane e piccola di commerci minerali, divisioni, unioni, accentramenti e lontananze. Le Dolomiti si sentono, vanno fino al Rolle, si accentrano, diventano Pale e altipiani lunari, si accorpano intorno ad un centro e ad un avvolgimento turistico da cui è sempre meglio prescindere. Code e tubi di scappamento non sono il lunedì mattina. Il paesaggio troppe volte ha distratto, il senso è rimasto un’espressione stupita tutt’al più ammirata, il tempo della perfezione, delle case tenui, dei campanili a punta e dei tetti spioventi ha messo le coperte alle fughe brigatiste, alle nebbie di novembre e agli assembramenti fuori stagione. Il tutto nitido trentino è di una bellezza appariscente, bionda con gli occhi azzurri, la quarta e alta un metro e settantacinque, manca di quel certo non so che laidamente fascinoso. Di facciata, questi sono luoghi manifesti, espressi, come le loro montagne, di un’avvenenza senza brufoli. E così deve essere mostrato e dimostrato. Qui, dove anche la legna è accatastata in maniera artistica. Unione, fierezza, gradevolezza ed esteriorità. Un’immagine da esportare. Così come i “mille” presidi Slow Food prodotti al Caseificio Sociale di Primiero. Continue reading La cooperazione casearia trentina è norma normalizzata… Caseificio Sociale di Primiero
Osteria Storica Morelli: genius loci e uno speck straordinario… Fiorenzo Varesco
Pergine Valsugana. Frazione Canezza. Valle dei Mocheni. Lavoratori di lingua germanica che da queste parti hanno antropizzato attraverso la fabbricazione e il disboscamento. Ora le minoranze linguistiche hanno ceduto il passo alla coltivazione di piccoli frutti, la produttività è rimasta la stessa e il tempo blando è l’unico tempo a disposizione. La capra pezzata, che di questi luoghi era parte dell’economia, è sparita, si è rinnovata nella fama del recupero e ha preso il nome dalla vallata, in quella cooperazione agricola/manifatturiera che, nel Trentino post principato vescovile, dove il reciproco aiuto ha invaso, pervaso ed evaso le proprie fondamenta e i propri limiti, ha abbassato i confini della montagna, normalizzandola ad un lunedì mattina. Qui si lavora, si produce, si superano le crisi, ci si trincera dietro al pudore locale scambiato per ombrosità e si concede al turismo quel poco spazio e quei pochi locali che sono riusciti ad andare oltre la territorialità. Continue reading Osteria Storica Morelli: genius loci e uno speck straordinario… Fiorenzo Varesco
Walser Schtuba: panettoni, accoglienza e forma in mezzo al candore montano… Matteo Sormani
Formazza. Frazione Riale. Quasi duemila metri al confine settentrionale del Piemonte Walser. Circondato da sentieri che portano in Svizzera, da alpeggi e dighe, superata la cascata del Toce, quel che resta sono speranze bianche, escursionismo e piste per lo sci di fondo, questo è il luogo ideale per non svegliarsi più, per entrare nel ruolo fiabesco della sospensione dell’incredulo e lasciarsi trasportare soavemente verso l’assenza della forma. I confini sfumati, i colori azzerati, il tempo affabile delle stube non rimangono che alterazioni di una percezione annebbiata, rilassata, proditoria. Qui, l’attrazione si consuma lentamente, attraverso lo sguardo, la pancia, la luce e la facondia, l’ammorbante si trasforma in interesse e non si vorrebbe più andare via. Si chiede lo spazio, si consiglia senza averlo vissuto ma soprattutto si vede una montagna che non si è trasformata in una mangiatoia per pellicce ritoccate. Qui, estremo avamposto di civiltà, rimane la Walser Schtuba, creazione atavica che Matteo e Francesca Sormani portano avanti con realtà e meraviglia. Continue reading Walser Schtuba: panettoni, accoglienza e forma in mezzo al candore montano… Matteo Sormani
Il futuro del Bettelmatt fatto di sguardi confidenziali… Gabriele Scilligo
Formazza sotto la neve diventa irrimediabilmente il luogo dell’assaggio. Dopo la fatica e l’attesa, con l’alpeggio come sfondo dei racconti e la fatica più strutturata nei luoghi e nel freddo, quel che resta è la maniera invernale. In questa conca che divide le alpi del sud da quelle del nord, il meteo è sempre un affare sbagliato, si entra in mezzo alla vallata, si oltrepassano i corridoi, si spiana, si superano le frazioni mentre le strade ghiacciano e si arriva ad una forma estrema di resistenza elitaria, fatta di cultura Walser, di tradizioni Walser, di architettura Walser e di lavori Walser. Il mantenimento diventa il più nitido dei sentimenti, qui non si scherza con il passato e si ritiene che il passo indietro sia il migliore dei modi di porsi, così quando si trova il rinnovamento, quando anche uno dei formaggi più esclusivi al mondo scende a patti con il secolo e con il suo imbastardirsi, sento l’ennesima esigenza di rivedere le mie critiche e di ridiscutere le mie funzioni. Continue reading Il futuro del Bettelmatt fatto di sguardi confidenziali… Gabriele Scilligo