Bezzecca in Valle di Ledro. Pochi kilometri a nord-est di Storo. Su quella provinciale che comincia a scoprire quel Trentino senza pecche. Con quell’odore lontano di lago, con le montagne, ancora mezze, che adombrano e aprono straordinari panorami, mamme con le carrozzine e anziani svernanti, meglio se dall’accento teutonico. Bezzecca è una di quei paesi diventati frazioni dell’unico comune di Ledro. Per ammazzare il tempo, considerando l’irrispettoso anticipo, blocco la mia lettura, cartina alla mano e macchina chiusa causa ondata di freddo di fine maggio, per colpa di un’orda di turisti misto-olandesi, fuori forma e fuori tempo massimo. Alla ricerca di qualcosa che non troveranno mai. Almeno lì. Continue reading Le carni in un Trentino senza belletti… Massimo Cis
Un risicoltore al di là dei tempi… Giuseppe Oglio
Gambolò. Anzi la frazione di Belcreda. Appena agganciata alla Lomellina. In un territorio dove ti aspetteresti risaie sconfinate perdute tra miraggi e monotia, trovi un paesaggio pieno di risaie sconfinate e monotonia. Eppure, il classicismo lomellino, dove i terreni sono approntati e storicamente appiattiti per la coltura del riso, lascia spazio a terreni perfetti per la coltivazione dei legumi. Qui, i campi s’intervallano seguendo le voluttà dei proprietari: alcuni hanno le camere già allagate e seminate, altre attendono i cambiamenti climatici e la brevità di una coltura come quella del riso che abbisogna di pochi mesi per la sua rendita. Continue reading Un risicoltore al di là dei tempi… Giuseppe Oglio
La Pecora Brogna e i posti al sole…
Badia Calavena. Le contrade si susseguono con etimologie cimbre, case abbandonate, beccatelli di connessione tra case e tetti di vecchiette con aie domestiche e un’assoluta deferenza verso il paesaggio. Ogni tanto dei puntini bianchi in mezzo ad un verde estenuante dimostrano l’esistenza della pecora. In una Lessinia dove le malghe e le vacche sono da sempre la necessità e la tradizione. Le finestre delle case, come le famiglie locali, sono assolute ed antitetiche. Al turismo e al belletto. Rustici, abitazioni, locali e nessun’altro. Qui, nella valle d’Illasi, in questa pianura che non è ancora montagna e non più collina, con gli alberi di ciliegio e di castagno a dominare il paesaggio, sono sparsi la maggior parte degli allevatori di un’antica razza autoctona: la pecora Brogna. Continue reading La Pecora Brogna e i posti al sole…
La Grisa della Lessinia e la contemporaneità…
Val di Mezzane. In mezzo a non so più quale distretto. Vicino ad un torrente, con una chiesa a scandire il passo e un manto di ulivi e ciliegi a ricoprire tutto il territorio. Non ancora Lessinia e non più pianura. Trovarsi quella natura, fatta di rimandi, di vicinanza al mare, di pendii blandi, appare come un fuori luogo in tutto quel vociare che mi ha fatto perdere l’orientamento. C’è qualcosa di antico nei prati e nelle marne. Ma non ho nemmeno il tempo del retrogusto. È tutto troppo vicino. E così è anche la pioggia. Arriviamo in una struttura di cemento dove la strada deve avere termine. Continue reading La Grisa della Lessinia e la contemporaneità…
La disinvoltura di valorizzare un territorio scomparso… Carlo Alberto Menini
San Giovanni Lupatoto-Soave.
Il primo è il luogo delle basi, dove rimanere, dove costruire e da cui partire. In quelle strade che ormai non fanno altro che alienare due pareti di case che le contengono, con quegli sguardi furtivi e fuligginosi dai balconi, quegli aperitivi sempre un filo fuori moda e quel tempo libero da scacciare, riempendolo di pericolo, toni alti, minigonne stracciate e macchine truccate. Continue reading La disinvoltura di valorizzare un territorio scomparso… Carlo Alberto Menini
Il mandorlato di Cologna Veneta e i suoi misteri… Fausto Bertolini
Cologna Veneta. In quella Pianura Padana che non lascia scampo alla vista e al dissapore. Strade dritte, costruzioni molecolari di prefabbricati che, nascosti sotto provocatori colori antichi, come il grigio e il rosa, si pavimentano fino ai cancelli, sempre uguali, tutti in serie, di officine, ditte e industrie che dei capannoni hanno fatto la loro bandiera, la loro laboriosità e il loro modo di essere in crisi. A partire dall’architettura. Docile, nefasta, sbiadita, quasi nebbiosa. Continue reading Il mandorlato di Cologna Veneta e i suoi misteri… Fausto Bertolini
Un allevatore, mille racconti… Davide Del Curto
Piuro. Poco oltre Chiavenna e poco prima della Svizzera. Questioni di prospettive. Strada per Sankt Moritz, boschi, cascate e un sistema idrografico talmente complesso da rimanere distante da spiegazioni, fascini e interazioni. Al di là dello spartiacque alpino, la geo-antropo-morfia dirime le acque in tre direzioni: il bacino del Mare del Nord (attraverso il Reno di Lei), il Po-Mar Mediterraneo (attraverso gli affluenti dell’Adda) e il Danubio-Mar Nero, attraverso i poco lontani affluenti dell’Inn. Al posto delle prostitute, al trivio ci sono i ghiacciai e, così, arrivato a Piuro, ormai un guazzabuglio di frazioni, mi trovo in balìa delle cascate. Ecco Borgonuovo, l’immagine piurasca della ricostruzione. La frana del 1618 si è portata con sé cultura, palazzi, nobiltà, differenze, prosperità e i suoi famosi mercanti. Continue reading Un allevatore, mille racconti… Davide Del Curto
Quel pane del lago di Como… Emanuele Spreafico
Gera Lario. Un paese sulla strada. Senza un centro, senza delle arterie, senza un reale sviluppo urbanistico. È un paese messo lì, sulle sponde dell’alto Lario, tra l’Adda, la Valtellina, la Valchiavenna e la strada verso Menaggio, dove l’affezione del turista sembra un climax che, almeno fuori stagione, lascia spazio alle facce invidiose e raggrinzite dei paesani alla ricerca di un accento tedesco quanto mai desiderato. Il turismo lacustre è una questione di scelte. Olandesi e teutonici, con le loro biciclette, hanno il sentore del tempo che passa e vedono l’Italia come il paese del sole e del cibo. L’accoglienza è un menù tradotto, con i piatti della tradizione e con i piatti della perdizione. Gli stessi che hanno costretto il turista a porsi delle questioni, ad abbandonare i butta-dentro, a non fidarsi più dello chef panzone stilizzato fuori dal locale, con l’orgoglio napoletano e l’impossibilità del rifiuto. Ormai, anche il turista ha le terga infiammate e il desiderio di cercare. Il lago non rinnova se stesso, abbandona il gitante nell’appartamento ricavato dalla casa troppo grande e dai costi troppo esosi… quel che resta è una spettacolare vista sulle montagne senza un reale interesse verso il paesaggio. Continue reading Quel pane del lago di Como… Emanuele Spreafico