Malga Gasparini. Lontano dall’abitato di Solagna. Estreme propaggini del vicentino. In mezzo a quella che è la storia della resistenza italiana. In una di quelle vallate che guardano il Monte Grappa, che nascondono ossari, trincee, pullman turistici e campi estivi. Molta mediocrità tutt’intorno. Ristoranti un tanto al kilo, birrerie ben posizionate sui crinali acchiappa-turisti-in-cerca-di-una-vista-mozzafiato e alpini engagèe anacronistici che invocano l’etica di una terra e di un sotto terra per cui hanno scavato, creando una nazione… Tutto ciò è un’immagine di salita. Quella che parte dall’abitato di Solagna e percorre buona parte dell’ascesa al Grappa. Quella che lascia l’asfalto e procede sullo sterrato. Un paio di kilometri. Abitazioni e strade scompaiono. Nei punti giusti, quelli non invasi dal traffico domenicale dei classici “vicini di casa”, rimangono solo abeti, vacche al pascolo, margherite con steli lunghi quasi mezzo metro e anfratti sinuosi verso cui rivolgersi, attraverso l’ipocrisia-fascinosa del “come sarebbe la vita qui?”. Continue reading Il Morlacco e il Grappa abbisognano di tempo… Ivan Andreatta
L’allegoria del Buon Pastore… Andrea Preci e Annarosa Nonne
Montefiore Conca. Estreme propaggini della provincia di Rimini. In quellI che erano avamposti dei Malatesta. Abbastanza distante dalla rocca che domina il borgo, l’azienda del Buon Pastore non ha indicazioni che la determinino e nemmeno strade così suadenti o ampollose che la raggiungano. È isolata nella sua bellezza, fatta di rimandi al passato, di recupero di materiali di scarto e di solitudine. La stessa che porta, ogni giorno, la figlia diciassettenne, di Andrea e Annarosa, a prendere la corriera (con quel fascino tutto meridionale che si nasconde ed esplode in un nome e in un oggetto così desueto…) per andare a studiare ad Urbino e per uscire con le amiche… Continue reading L’allegoria del Buon Pastore… Andrea Preci e Annarosa Nonne
In mezzo alle parole di un suq ligure… Guido Porrati
La Liguria è una terra di potenziale… possibilità infinite di bellezza, angoli che del pittoresco hanno creato il paradigma, vicoli sonnacchiosi, odore di pesce e un rapporto tra mare e montagna realisticamente vicino ad una nuamachia: qualcosa di estremamente spettacolare, per colori, per anfratti, per dialetto e per ironico distacco portuale. Ma in atto, probabilmente, il turismo (la sua economia e il suo modo molto fugace di mordere cartellonistica, menù tradotti e fritto misto) l’ha abbandonata senza un canale di eccellenza, dove rifugiare la sua bellezza più impervia, quella degli artigiani del gusto e del loro modo di trasmettere una terra e una tradizione. Continue reading In mezzo alle parole di un suq ligure… Guido Porrati
La granita come non la fanno più… (o quasi…). Aurelio Licata
Sciacca. Maioliche, medioevo, facciate barocche, odore di pesce, puzza di porto, casermoni tinta unita, posizione strategica, pesca, cultura e agricoltura. È tutta una questione di prospettiva. Qualunque sia il punto di approdo, Sciacca riveste colori e luci diversi, a volte lontani, a volti deprimenti, nella maggior parte dei casi interlocutori. Culla del dolce far niente. Venendo da Menfi, la città appare sovietica e periferica. Interpretata dal cuore, dalle sue viuzze, dalle ringhiere infiorate e dagli azulejos sulle scalinate, riluce di una bellezza segreta. Continue reading La granita come non la fanno più… (o quasi…). Aurelio Licata
La Piemontese e il suo macellaio… Francesco Diotti
Nizza Monferrato. In una di quelle patrie del cibo che non hanno colore né regione. Qui è come se l’aria avesse un sapore. Non esiste un’eccellenza, quell’unico posto dove mangiare in maniera meravigliosa, quel produttore che ha le stigmate del monolite per quanto raro. Qui c’è una cultura di fondo e un rifiuto della facilità. Qui il tempo scorre lento. Le condizioni meteorologiche si sono affermate come deterrente e i tavolini dei bar sono zeppi di convivialità. Continue reading La Piemontese e il suo macellaio… Francesco Diotti
Quelle ricette non più impolverate… Paolo Gazzarrini
San Miniato è un posto strano. Riconosciuto e riconoscibile. Con gli artigiani che escono dai cappelli all’uopo di critici, guide ed associazioni. Scompaiono, però, in quei vicoli dove i turisti dovrebbero affollarsi alla ricerca di un posto al sole e dove, invece, l’idioma straniero è quello del lavoratore prestato a queste colline a metà strada. Lì tra Firenze, Pisa e San Gimignano, con quella vista senza requie così facile in quei rimasugli di Toscana da copertina patinata e con quelle incongruenze che lasciano la bellezza dalla parte del fastidio, della polvere e delle soffitte. Gli imbellettati notabili di oggidì hanno la sicumera della retorica, priva della componente pedagogica e alla mercè di quella persuasiva. Continue reading Quelle ricette non più impolverate… Paolo Gazzarrini
In assenza delle mani in pasta… Giuliano Pediconi
Forni. Luoghi indefiniti alla corte dei più disparati parvenu e dei migliori panificatori. Con una scelta che si è sviluppata in anni di panettieri della domenica e di rozzi asserviti al lievito di birra. Le Marche, sua terra d’origine, l’hanno tenuto sveglio la notte oltre vent’anni. Ora gli concedono un mulino (Mariani per la precisione…), sito nel comune di Barbara, provincia di Ancona, dove mette a punto le farine, tiene corsi di panificazione e sviluppa un recupero di alcune antiche varietà di frumento. Il resto del tempo lo passa tra il Magistero alla cattedra della Comunità di San Patrignano e il mondo. Dal Canada ad Hong Kong, fino alla Brianza.
Panificio monzese di Davide Longoni (in perdurante crescita qualitativa e alla continua ricerca di una sovrastruttura che lo faccia dubitare del prossimo… artigiano da definizione…). Tre di mattina. Caos primordiale di neuroni. Ma ci provo comunque… Continue reading In assenza delle mani in pasta… Giuliano Pediconi
Un pezzo di storia che ogni tanto si rinnova, ogni tanto no… Santo Musumeci
Randazzo. Qui ci troviamo di fronte ad un mistero. Vicoli deserti, turisti latitanti. Certo, il mare non è vicinissimo, ma la bellezza sì. Te ne accorgi, percorrendo i tornanti che diradano da Floresta. Il greto del fiume Alcantara, chiaramente vuoto, lo cinge, lasciando scoperta la roccia che si confonde con la pietra, al cui crepuscolo appaiono le antiche abitazioni. Un’immagine rinascimentale con le finestre riverse nel vuoto e nell’abbandono.
Randazzo è la città dei campanili. In un non quantificabile passato, erano centotre, quasi uno ogni cento abitanti. Dio era l’espressione cacofonica di centinaia di scampanii. Continue reading Un pezzo di storia che ogni tanto si rinnova, ogni tanto no… Santo Musumeci