El Forner: la tradizione della panificazione…. Paolo Piantoni

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Periferia di Brescia. Lì dove nascono le saghe familiari. L’autostrada infierisce passivamente sulla voglia di girarci intorno. Poi, per caso, t’imbatti in una casa in uno stile architettonico complesso, un po’ Sicilia feudale anglosassone e un po’ liberty, nel mezzo di capannoni senza senso e al di qua di quella campagna che diventa subito bassa padana, e non capisci più cosa stai cercando in quella selva di vie che non riportano nomi ma solo accenti di gente impaurita. Ecco, la periferia è un luogo dove ancora c’è tempo per una storia ancorché le origini non siano da cercare qui ma in centro. Qui ci si è arrivati attraverso il fenomeno espansionistico della copertura capillare dei quartieri e attraverso una comprensione: quello slancio d’oltralpe che costruisce laboratori fuori città e vende l’eccellenza all’interno della storia e dell’interesse turistico. Ecco, la famiglia Piantoni, azienda familiare molto più familiare della familiarità della porta accanto italica, ha capito il primo e unico principio della conservazione. Continue reading El Forner: la tradizione della panificazione…. Paolo Piantoni

Uno straordinario stracchino filologico… Osvaldo Locatelli

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Corna Imagna. Piccolo centro montano defilato e perduto. Per un soffio sopra i settecento metri, il retaggio bergamasco non è più nemmeno una delizia. Qui non si passa per caso ma per assaggiare il territorio, per dare conformazione a quelle necessità di sopravvivenza che continuano a non interessare la bellezza. Così, accanto alla storia, sui declivi oltre-urbani, vengono continuamente aggiornate case in colori improponibili. Dal rosa neon al blu fiordaliso fino agli improponibili gialli svanimento-contemporaneo. La pietra rimane nascosta, appare sotto forma di cascina in mezzo ai boschi, ha la regolarità della stalla e il retaggio culturale della chiesa. La religione è vissuta come “sacro più che come santo” (cit.). Manca la discussione sulla libertà. L’imposizione è una tradizione che mette in luce i suoi riti e il suo passato. Garantisce un ordine. Il santo è un abisso e qui in mezzo manca il pulviscolo, il dubbio, la disperazione. È tutto molto chiuso. Il modello di appartenenza è ben chiaro. Carbonai, bottegai, allevatori, casari e “pecaprìde”. C’è solo da riscoprire, da tirare fuori, da dargli forma. E così l’incontro con Osvaldo Locatelli, un casaro che ha deciso per l’individualismo in un territorio di solidarietà e conferimento, è stato un inciso determinante… Continue reading Uno straordinario stracchino filologico… Osvaldo Locatelli

Il tesoro della Bruna e Antonio Carminati

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Corna Imagna ha due affacci sulla valle. Una parte alla luce e una parte all’ombra. Il sole ha sempre determinato le attività, le coltivazioni e gli allevamenti. Vigneti, cascine, stalle e coltivazioni sono tutte orientate, lasciando all’altra parte un accenno di bosco, querceti, aceri, tigli ed agrifogli, e quella cupezza che si porta via la città arrivando al culmine del Resegone senza mai andare oltre. La bellezza rimane nel recupero. E così la decadenza dei fienili e delle stalle è stata rimessa in piedi grazie a quell’associazionismo che ha provato a salvare tutti, a quelle persone che hanno messo la cosa pubblica davanti all’interesse economico di comprarsi il televisore nuovo. Antonio Carminati è il genius loci con una voce e con un portamento. È stato sindaco, è diventato direttore del Centro Studi Valle Imagna e ha provato a portare a fondo la tradizione dei bergamini, dei formaggi, delle mulattiere, dei muretti a secco e di quell’ingresso caratteristico a forma di T, simbolo di una vita di sussistenza e di cooperazione. I fienili, i tetti in piode, dove l’ardesia viene disposta in modo da bilanciare le varie lastre e i secadur (dove la povertà delle castagne essiccate diventa perseveranza e tempo gastronomico) hanno lo sguardo di quell’estensore di cultura che non riesce a piegarsi all’abbandono. Il tutto passa dai libri, dai professori alla Michele Corti, dalle storie rugose e da quella libertà di non mettere mai da parte il decadimento. Così il fascino deve essere legato al restauro piuttosto che al tramonto. Il nord del mondo non è fatto di vicoli degradati e cantori di ballate senza un domani, è fatto di maniche rimboccate ed estensioni del piacevole. Continue reading Il tesoro della Bruna e Antonio Carminati

La casa del bergamino dove il tempo si è fermato… Carlo (Carlin) Rota

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Locatello. Tra la collina e la montagna di quella Valle Imagna che ha sempre regalato lavoro e poche soddisfazioni. Le coste tutt’intorno segnavano la strada dei bergamini, di quelle famiglie di allevatori transumanti che hanno determinato il passato e il destino di questi luoghi. Il passaggio è sempre la verecondia delle tracce rimaste sull’asfalto di chi quei percorsi li ha fatti perpetuamente per anni senza accorgersi di nulla, senza una ricchezza e senza una materialità. Finito l’asfalto, tra un declivio e un terrazzamento, una mulattiera a scalini di pietra consumata porta all’obiettivo di un’assenza e di uno stupore. Condizione necessaria per la vita di un artigiano: gli agi della vecchiaia non sono mai arrivati. Neppure come mancanza. Carlin Rota ha ottantacinque anni, ha fatto il bergamino per metà della sua vita e fa il formaggio due volte al giorno da sempre. Tutti i giorni. Stracchino a munta calda con gli insegnamenti del nonno morto quando lui aveva undici anni. Senza reticenze, sena nascondigli, senza lamentele. Con la felicità straziante di chi ha vissuto la vita per quella che era. Una vocazione di barbe lunghe e rughe che non è mai scesa a compromessi con il secolo. Così l’artigianato delle schiene rotte rimane l’unica spiegazione ai racconti senza noia. Icastico come nessuno mai. Continue reading La casa del bergamino dove il tempo si è fermato… Carlo (Carlin) Rota

La cultura è il tempo necessario per il palato… Simone Devasini

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Cisano Bergamasco per caso, avrebbe potuto essere Madone, ma sarebbe cambiato poco. La pedemontana bergamasca ha quella faccia ciclistico/depressiva che devi assolutamente sperare nel bel tempo. Altrimenti luoghi vicini, come Pontida, assurgerebbero a deus ex machina della diversità, con quel clima compassato e quei retaggi politici che si portano via tradimenti e giuramenti. Queste valli sono limiti che non ricadono sotto nessuna definizione, sono solamente un passaggio senza galleria, da dove guardare quelle montagne che iniziano ad infoltirsi di verde. Il lago è dietro l’angolo ma non porta che aggravio, il tempo è fatto di case basse, camminate compassate, cittadini assuefatti all’abitudine di avere sempre sotto gli occhi il vicino di casa e il salumiere dove aprire un conto senza firmare ipoteche. Cisano è un posto che non aveva qualità (se non anagrafica…), almeno fino a settembre del 2014, quando Simone Devasini ha deciso di decentrare il centro nevralgico di Madone, con una nuova pasticceria. Continue reading La cultura è il tempo necessario per il palato… Simone Devasini

Quattro Portoni: potenzialità e funzionalità… Fratelli Gritti

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Cologno al Serio. Pianura bergamasca, mura e assenza. L’età medievale è stata miscelata con l’anima di questi luoghi: lunghi viali informi che portano dentro la nebbia di cascine diroccate senza una comunicazione perseguibile. E qui nascono e muoiono le quote latte, l’agricoltura di sussistenza e il piacere di rimanere paese in un rendiconto che non potrà mai essere esportato nel mondo. Perché le facce di pianura, le occhiaie senza limiti, le rughe in mezzo ai denti e quel corrosivo che si porta via saluti, smancerie e frivolezze, sono esemplari senza risvolti, fatti di foto in grigio sbilanciato e terra secca e disperata, dove la comunione con la cosa pubblica è stata più un esborso che un reddito. Qui in mezzo, la tipicità non poteva che essere la tipicità, se non per un cambiamento di rotta che i fratelli Gritti hanno deciso di imporre pervicacemente a quell’allevamento che ha trasformato un’intenzione. Continue reading Quattro Portoni: potenzialità e funzionalità… Fratelli Gritti

Il vino della Valcamonica e i suoi straordinari tesori… Andrea Bignotti

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Piamborno. Uno dei nuclei abitativi di Piancogno. Fondovalle e molta ombra. Transito nostalgico di stradine che ormai sono state messe fuori gioco, questo è un luogo dove i vigneti, appesi alla montagna, vivono nella speranza di una strada del vino nel freddo di un inverno dove non passa nessuno. La famiglia Gheza ha segnato il passo in maniera indelebile tra ville arabesche a Breno e quella Casa rosa antico ispirata alla Spagna moresca, tra cantine sepolte e le cornici delle bizzarre aperture che lasciano offuscato il segreto di un luogo chiuso dirimpetto alla mia meta. Piamborno non avrebbe da ridare indietro che foschia se non fosse per quell’angolo di follia dove, tra eccentricità svolazzanti e ruralità da disseppellire, appare la dichiarazione d’intenti di un luogo quasi magico… Continue reading Il vino della Valcamonica e i suoi straordinari tesori… Andrea Bignotti

La sicurezza del norcino… Diego Ottelli

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Pian Camuno. Lo sviluppo al tempo della crisi. La Valle Camonica che non è riuscita ad auto-compiacersi e ad auto-referenziarsi, preferendo l’abbandono. Quello industriale e di conseguenza quello artigianale. Sono arrivati i lavoratori, si sono costruite strade e ci si è lasciati incrostare ad una geografia antropica che mette al muro la montagna, lasciando tutti liberi dai peccati. Perché qui il valore del trovarsi in mezzo non si è più guardato in faccia, si è preferito voltare le spalle all’industrializzazione continuando a immaginare quei boschi di castagne e quei giardini da case basse che sono l’anima di un luogo a cui è rimasto attaccato solo un nome. Così non si vende nulla e soprattutto non si sogna nulla. Il clima opaco della fuga è l’unico dogma farneticante. Perché vedere una spianata significava e significa mettere in circolo un orrore e così i saperi rimangono tutti intrappolati nelle lamentele sterili da figlio raccomandato. Bene così e, per i modelli da imitare, magari fare qualche passo in avanti e qualche passo in alto, fino al confine… a tutti i confini… Le vanità, tuttavia, si nascondono bene nei luoghi da finestrini appannati e voglia di tornare in ciabatte. Così la Macelleria Ottelli è l’improvvida rappresentante della norcineria camuna, quella che non è mai esistita per materia prima troppo contraffatta… Continue reading La sicurezza del norcino… Diego Ottelli