Val Pomaro: la materia prima al servizio di una grande storia… Famiglia Bonello e Andrea Cesarone

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Arquà Petrarca. Un luogo credibile, che punta verso l’alto di una dislocazione geografica decisa ai dadi. Nella fortuna e in quell’alternarsi tra vulcani e ulivi, la crescita edilizia si è bloccata presto, romano e longobardo sono rimasti nel ricordo di un Petrarca stanco e anziano, che coltivava i suoi terreni nella memoria di uno scorcio che non fu suo per mancanza di tempo. Un medievale intatto che si attorciglia e ricorda qualcosa d’altro, di lontano, legato a cipressi e parlate ironiche. Qui in mezzo, il piglio veneto del lavoro indefesso deve recuperare presto la sua parentesi d’ozio. Il tempo ha un peso e una lunghezza, la stima è sempre per eccesso e le aziende agricole non si sono mai nascoste dietro l’agio di qualche vino e di qualche olio. Il maiale deve continuare a rappresentare l’inverno perché qui le colline terminano presto e il turismo non è un buon modo di guardare al mondo. E così, usciti dal centro, dove si rincorre il suggello della storia e il nome suggestivo da calzari e bevute in calici a forma di tulipano, la famiglia Bonello è rimasta l’esegeta più stupefacente di un’estrazione territoriale. Continue reading Val Pomaro: la materia prima al servizio di una grande storia… Famiglia Bonello e Andrea Cesarone

Agugiaro & Figna: la macinazione dall’altro lato…

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Curtarolo. Al passaggio del Brenta. Un comune come tanti in quel susseguirsi di strade e case basse, ognuna uguale a quella dell’angolo precedente. Il richiamo della città non è nemmeno la necessità di dormire distante per essere a portata di macchina, il semplice è un cenno più da portafoglio che da piacere e i sagrati devono dividersi la popolarità con i centri commerciali e le televisioni accese. Questi paesi dormitorio non hanno mai smesso d’inserirsi nel bel mezzo di passati fatti di piroghe e di reperti millenari, e non hanno mai conquistato un luogo che non meritasse apatia e nostalgia, in quel limite lavorativo che è la giornata dalle 19 alle 23. Le attività produttive sono il perno attorno a cui ruotano passeggini e modi di tirarsi dietro la porta e Curtarolo non ha provato a diventare un’eccezione. Durante discussioni estive dove capirsi diventa l’unica attitudine, i Mulini Agugiaro sono un buon faro a cui richiamarsi nella definizione del posto di provenienza. Continue reading Agugiaro & Figna: la macinazione dall’altro lato…

Forno a legna: Pan biscotto e Dolsi… Roberto Sofia

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Sarmego di Grumolo delle Abbadesse. Mucchio di terra in mano alle monache benedettine. Uniformità colturale fino all’avvento del riso, già attestabile in epoca rinascimentale. Acque pulite, una pianura Padana meno pedissequa e un legame con il Vialone Nano che mantiene intatto il fascino dei nomi piuttosto che cercare la rivendicazione di una diversità. Ci si accontenta, si guarda il territorio e si pensa a riso, mais, suini e qualche bovino. Case basse, densità risibile e un tempo comune che non scalfisce la coltre della nebbia e delle stagioni molto lunghe, dove umidità e lancinanti freddi ruotano prepotenti in cicli vitali che sono rimasti ai tempi della pelle d’oca, del ruolo contadino nel passare del tempo e del sudore come unica forma di pensiero. Le ville patrizie tutt’intorno, mentre imboccavano canali, decisero l’esportazione in cambio di un’esportazione rappresa dalla scoperta del nuovo mondo. E così riso e contadini. Continue reading Forno a legna: Pan biscotto e Dolsi… Roberto Sofia

Una famiglia che sta raccogliendo il futuro… Giuseppe Vicentini

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Maragnole di Breganze ha quell’aria pedemontana sormontata dalla grandezza di quei luoghi della provincia vicentina che hanno fatto qualunque storia: Asiago, Bassano, il Grappa e Marostica. Ecco, lì in mezzo, districarsi tra gli alberi di ciliegie, i torresani e il torcolato, è un modo urbano di guardare quella che è una pianura indotta, riponendola sullo stesso piano della fuga. Le frazioni sono stradine di campagna appena cominciate. Perché l’industria da qui non se ne è mai andata e ha permesso all’artigianato di avere i parcheggi pieni. Senza ipocrisie e senza idiosincrasie per la pelliccia stufata e per la buonanima del prozio che ha fatto i soldi vendendo moto e attrezzi agricoli. In luoghi come questo, le attività sono silenziose e durano 24 ore al giorno 365 giorni l’anno, non conoscono pause, non sono refrattarie alla fatica e mettono la famiglia al centro di tutto, glorie ed oneri. Perché siamo in un sud del mondo ricostruito ad arte. Questo Veneto è un retaggio ibridato di un terreno assolato a cavallo del Mediterraneo. E qui, cosa meglio di una saga familiare può tenere banco come paradigma immortale? Continue reading Una famiglia che sta raccogliendo il futuro… Giuseppe Vicentini

Alpeggiare sul Grappa contro la siccità… Girolamo Savio

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Malga Coi Veci, comune di Borso del Grappa. Al ventiduesimo kilometro di salita verso Cima Grappa si gira a destra, qualche kilometro di sterrata e si arriva a contemplare quell’ossario naturale, ricoperto dalla terra e dalla noncuranza. Perché il folklore turistico che spinge verso la vetta, non è quello delle trincee e delle gallerie che spianano davanti agli occhi dei tornanti. Qui si è fatta la Grande Guerra: in fuga da Caporetto sono morti migliaia di ignoti, recuperati alla beltà del tempo dai pullman turistici che invadono musei ed alpeggi. Perché una celebrazione alpina rimane sempre sul lato disumano della commemorazione: quello del tempo scandito dagli anniversari. Qui è meglio non scavare, è meglio rimanere alla superficie delle situazioni burocratiche di una forma di abbandono e di auto-abbandono. Le vacche sono sempre salite e sempre continueranno a farlo, anche quando la tutela non avrà più il volto segnato dei malgari, ma quello urbano degli amministratori di sistema. Questo era il regno della Burlina, rustica da manto bianco e nero, lentamente scomparsa, e qui la famiglia di Girolamo Savio e di Ysabel Bordignon (tre figli tutti su in malga) continua la tradizione del Morlacco e del Bastardo del Grappa. Continue reading Alpeggiare sul Grappa contro la siccità… Girolamo Savio

“Torno ad essere un pasticciere”… Carlo Pozza

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Arzignano è il paese delle conce e dei capitelli votivi. Aziende e religione sono sempre andate a braccetto in un luogo dove rimanere sembrava l’unica soluzione. L’unità sociale e l’unione con il territorio sono state qualcosa di assolutamente programmatico. Appena varcata la soglia, si è invasi dall’odore dei pellami trattati, poi è tutto una questione di case basse e ricordi sbiaditi. Questo è un paese come tanti, che ha avuto la fortuna di identificarsi con una produzione, in quel reiterarsi del tempo che, per quegli artigiani che han preso un condominio poco più raffinato di un prefabbricato color avarizia facendolo diventare un luogo di culto laico, al di là di tutto, è diventato una costrizione gastronomica a superare le idiosincrasie. Questo è un posto di riconoscenza sbiadita, che oltre il lavoro ha costretto i cittadini di fronte al bivio irrisolto del desiderio da espletare… e così la pasticceria della famiglia Pozza si è trovata invischiata in mezzo alle cattive abitudini. Continue reading “Torno ad essere un pasticciere”… Carlo Pozza

La Casara: epopea della famiglia Roncolato…

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Tra Roncà e Soave, dove le vigne hanno colonizzato tutto, boschi, parchi e coltivazioni e dove fare dell’altro non è più nemmeno pensabile, perché le stalle si sono rifugiate e sono state lasciate alla mezza montagna – quella che produce ma non trasforma – e perché l’estetica non è ancora arrivata al punto di liberarle. Sono luoghi medievali, rifratti, coperti e cinti da mura, che nascondono più che mostrare un artigianato che è stato costretto, adagiandosi alla perfezione, ad adeguarsi ai ritmi delle vendemmie e dei consorzi. Perché qui fare imprenditoria, riuscire a creare una filiera e mostrare la possibilità di un sapere sono sempre state viste come un mettersi in mostra superfluo, quasi sgradito. Continue reading La Casara: epopea della famiglia Roncolato…

Gli anni eroici della pasticceria… Gianni Tomasi

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Verona. Borgo Milano. Passaggi storici tra bachi da seta, gelsi ed edilizia popolare dove il centro ha lasciato da parte la sua sicumera e quella borghesia che ha sempre reso tutto troppo tetragono. Verona è una città dura, schematica, di una bellezza geometrica che almeno nelle periferie mette da parte quel senso algido per rimettersi ai conti dell’artigianalità. In questi luoghi è veramente possibile la produzione, la famiglia e la legge di stabilità. E che i centri storici siano vieppiù svuotati è la conferma di quell’artigianato che, qui, in Italia, non si è mai trasformato in interesse economico. E la pasticceria Tomasi è l’emblema di un mondo con profumi appannati, che riempiono l’aria ancora di verità, di sudore e di una pensione che non arriverà mai. Perché son luoghi che aprono e muoiono con le stesse facce e con le diverse espressioni della felicità e dell’abbandono. Gianni Tomasi ha aperto qui a fine anni ’60 e da qui non si è mai né mosso né allargato. Continue reading Gli anni eroici della pasticceria… Gianni Tomasi