Borgo Priolo. Un insieme di frazioni che suddividono la geografia. Dal basso verso l’alto. L’industria scompare, compaiono le campagne, le campagne scompaiono, compaiono i vigneti. È un succedersi di minuscoli centri abitati intervallati da curve all’inizio di quell’Oltrepò Pavese che non ha ancora visto un’urbanizzazione spinta. I canali rimangono canali, la natura è diventata coltivazione, i monti sono in realtà colline e l’estensione è quella di un capoluogo di provincia con centomila abitanti in meno. Per ogni indigeno ci sono tre filari di vigneti, dieci alberi, quattro pietre e un paio di curve per sovrammercato. Produrre qualcosa che non provenga dalla terra è uno stravolgimento dell’ozio. Portare, in queste stradine, gente da tutto il mondo a guardare raffinatrici, acciaio modellato e pompe integrate, è un merito senza clamori. I navigatori si perdono davanti alle pese pubbliche, dove miti avvocati vogliono conoscere la tara della propria macchina in evidente difetto da passatempi domenicali. Così, per trovare la meta, ogni tanto, ci s’imbatte in un contadino che, nella sua grazia senza tempo, alza una zappa per indicare il luogo del non ritorno.
In questo luogo, la famiglia Datei, qualche anno fa, ha trasferito la propria attività di costruttori di macchine per il cioccolato, direttamente da Milano.
Alberto, che ha lavorato per molte aziende ma soprattutto per la Carle & Montanari che gli ha dato un’etica, una conoscenza del continente africano e una serietà nel mestiere, decise,una ventina d’anni fa, di accogliere le istanze di alcuni clienti alla ricerca di coperture di cioccolato per i loro gelati e di costruire delle macchine che ne facilitassero la produzione. Mercato estero. Industriali e cioccolatieri. Artigianato di alta qualità da proporre su misura. Trasferimento in Oltrepò e, da poco tempo, trasformazione dello show room in un vero laboratorio per il cioccolato. I figli Ines (agronoma) e Lorenzo (ingegnere), e il marito di Ines, Juri, hanno fatto il resto. La produzione doveva avere un senso. Doveva mettere a fuoco i dettami di Guido Castagna, il loro nume tutelare, e provare a combinare la conoscenza dei processi alla ricerca di un gusto diverso. L’antidoto contro l’appiattimento non doveva necessariamente essere semplice, ruffiano o piacevole, doveva parlare di mono-origine, di fava di cacao ma soprattutto di trasparenza.
Ines mostra il laboratorio senza nessuna reticenza. La loro idea di cioccolato è stata messa in piedi nel corso del tempo. Fare una tavoletta mono-origine significava cercare direttamente i contadini, esportare il prodotto, estrarsi il proprio burro di cacao e metter insieme un prodotto con più terra possibile. Come sottolinea Alberto, “se fai un origine con burro di cacao acquistato, viene a mancare il senso della ricerca”. Così l’industrialità è diventata artigianalità. I cilindri dei mulini sono diventati delle sfere e la pressa per il burro è diventata un oggetto sostenibile. I passaggi sono puliti. Il processo produttivo, eccezion fatta per la lecitina di soia e per la macchina del temperaggio, ha un’anima autarchica.
Hanno un’idea precisa su quello che vogliono tirare fuori. Hanno conoscenze e tecniche e stanno provando a fare un cioccolato che abbia una personalità. I medi cioccolatieri italiani sono ombre torve. Nella “loro” scuola dell’infanzia producono un cioccolato decisamente migliore rispetto a gran parte delle tavolette che si possono trovare in giro. Le origini sono in evoluzione. L’Ecuador è piatto, il troppo burro di cacao accorcia le percezioni. Gusto laconico e aromi secondari appena percepiti. Le fave delle Filippine hanno un’incredibile acidità acetica, perfettamente stemperata dal concaggio. In bocca è interessante, complesso, floreale, molto diverso dalle mie abitudini. Il Venezuela ha un “naso di mogano e un palato flautato”. Scioglievole ma senza retrogusti lunghi. Il burro di cacao non è invasivo. Il latte è caramello applicato al cacao. Molto interessante, semplice ma assolutamente pulito. Così come tartufi, cremini e spalmabili. Spariscono i grassi vegetali e compaio solo le nocciole delle Langhe. Con un privilegio: il loro cacao in polvere. Rari tra i rari ed estremamente grassi (burrosi). Divertissement: bucce d’arancia siciliana essiccata e miscelata al cioccolato. Delicato passatempo.
Ines è una persona con una dote. La confidenza. Ha deciso di vivere l’Oltrepò da quando aveva vent’anni. Di stare in mezzo ai suoi animali, di portare avanti le sue passioni agricole trasformandole in un prodotto oltraggioso. Perché senza boria, senza pretesa e senza sofisticazione. Di questi tempi doti rarissime, soprattutto in una categoria, quella dei cioccolatieri, che della mistificazione ne ha fatto un’indole. L’ironia è sempre una concessione. Lei si relaziona con chi ha davanti senza peli sulla lingua, attraverso errori ma senza vanità. Va dalle spedizioni ai food blogger seriali fino alle disamine tecniche insieme a Guido Castagna. C’è sempre un grigio più sfumato nelle sue parole, che non collima, che si emoziona e che, soprattutto, non dà nulla per scontato. Le opinioni da sfatare sono utili a veicolare un sentimento di gusto che non ha un’oggettività. Loro fanno un prodotto buono, in mezzo alla campagna, partendo dalla produzione dei macchinari. Non hanno l’estetica selvaggia della piantagione a tutti i costi e nemmeno la necessità di mostrare la loro familiarità con il mondo dei campesinos. I Della Vecchia e i Bessone sono lontani anni luce. La mitologia di Corallo sta lentamente decadendo nella trivialità dell’affumicatura idrocarburata del suo cioccolato. L’impresa familiare è l’unica forma che ancora ci lega al passato, alla serietà. E così Ines, dopo avermi mostrato una Storia come poche, mi saluta e si raccomanda alle lacrime… Tutto dentro un capannone senza insegna….
PURA DELIZIA
VIA CAPPELLETTA 88/A
BORGO PRIOLO (PV)