“Abbiamo deciso di investire nella nostra terra”… Azienda Agricola Scraleca (Famiglia Tedeschi)

scraleca

Darfo Boario Terme. Uno di quei posti regolari, dove non ti accadrà altro che quello che ti aspetti. Il lago d’Iseo alle spalle, la Valle Camonica sostanzialmente in fronte, la Valle di Scalve sul fianco, le incisioni rupestri nel passato e le acque termali in basso. Se ci fossero un paio di balere in più, sarebbe il luogo ideale per la mia vecchiaia. Invece è un posto per giovani o, almeno, per giovani ricostruiti. Così la bellezza della natura non è ancora romita. Ci sono troppe tangenziali, fabbriche e grandi magazzini. E il mio rendez-vous, troppo presto di domenica mattina, non fa che inacidire il mio sentore di dialetto incomprensibile. Eppure, qui c’è un sacco di gente già sveglia.

Mi attende Guido Calvi, agronomo e produttore a sua volta, che mi dà appuntamento al di fuori da un centro commerciale. Un motivo ci deve essere e così eseguo. E un motivo c’è. Quel luogo è il nostro punto di partenza. Una teleferica riadattata al trasporto umano, messa in sicurezza dalla bontà dell’induzione: non è mai caduto nessuno, quindi… . Così passiamo in mezzo ad un bosco e arriviamo alla base dell’Azienda Agricola Scraleca, quella che i fratelli Tedeschi, Tino e Gualtiero, hanno deciso di mettere in piedi una decina di anni fa. La passione per lo sci mi priva degli occhi ma non dei sentori. Tino è l’anima romantica, l’ideologo e l’idealista, Gualtiero è il principio dell’azione. Il resto lo hanno fatto i soldi, tanti, ben spesi, anzi ottimamente spesi. L’uomo ha ri-addomesticato la natura, ridandogli natura. Diversa, produttiva, elegante, di una bellezza senza eguali.

Hanno rimesso in piedi un pezzo di montagna, andando a sfidare le logiche commerciali. I Tedeschi volevano fare l’olio. Scetticismo per latitudini quasi estreme e concorrenti assenti. Eppure il loro vicino di terra gli olivi li aveva piantati. Qui l’Ora, che soffia dal Lago d’Iseo, combatte l’umidità, portando un influsso benefico. Qui si può fare un olio straordinario. E con i terrazzamenti, già presenti da almeno cinquecento anni, rivestiti dal sottobosco e dal bosco, sono stati rimessi a nuovo, ri-piantumati e coltivati. Un ettaro di terreno in pendenza diviso equamente tra vigna e ulivi.

L’olio è una fusione di più varietà. Leccino, Casaliva, Maurino, Grignano, Pendolino, tipiche della Dop dei Laghi, e anche Coratina, più tardiva rispetto alle altre, ricca di polifenoli e fruttata, sostanzialmente per sigillare l’aroma del blend. Grimaldi e Scraleca definiscono i poderi d’elezione. Cambiano le percentuali delle cultivar e la struttura al naso. Verdi e amari. Non particolarmente strutturati. Una punta agrumata il Grimaldi e una delicatezza impercettibile lo Scraleca. La rivoluzione, però, è in un cucchiaino di Grignano. Un prodotto straordinario per molti motivi: colore, untuosità, fragranza incredibile e gusti. Piccantezza ed amarezza equilibratissime, un filo di astringenza e una bocca piena e fiorita. Un olio “rupestre” e moderato. Come deve essere fatto qui… ora.

La montagna è stata spostata e non è un film di Werner Herzog. Non ci sono Indios e nessuno ha proposto di fare fuori Klaus Kinski. Qui c’è un agronomo, una famiglia e un gruppo di operai che, attraverso una teleferica, ha disboscato, dissodato e piantumato. E ancora c’è da fare.

Incrocio Manzoni e una piccola percentuale di Kerner per un vitigno con poche migliaia di bottiglie e un solo vino, ancora in fieri, ottima acidità, non particolarmente corposo, poca freschezza, ma vero più che piacevole.

L’agricoltura integrata su viti e olivi diventa biologica in pianura. Dove c’è il mais vitreo. Che sarebbe ideale per le galline livornesi se non fosse che il terreno vicino all’Oglio è perfetto per dare una polenta preziosa: sabbioso, omogeneo, assorbente e facilmente riscaldabile. Concimazione organica di solo letame e una farina bramata grossolana. Sarebbe un prodotto scontato se non fosse per i ristoranti da cacciagione da un tanto al kilo che l’hanno costretta nel limbo dell’indigeribilità. Mosca bianca di civiltà.

Le rupi di Verrucano Lombardo, colorate vulcaniche, rossastre e stratificate, sono la base della mostrazione sulla valle, poi c’è quell’identità nascosta, in mezzo a bar da bianchetto e compagni di carte alle sei di pomeriggio, dove la bellezza diventa più una vergogna che un peccato, dove Tino Tedeschi ha costruito la sua casa-vedetta, i giovani valligiani si buttano nella ricerca del refrigerio estivo e dove olivi e e vigne degradano fino a bordo acqua: il lago Moro. Quel posto che nemmeno i commensali ri-conoscono.

Un terrazzamento sfuggito ad Ermanno Olmi, un bosco di castagni dove Guido tiene parte delle sue arnie (ma questo è un altro racconto…), dove l’idea di esclusività si dovrebbe completare con un’accoglienza, magari un paio di camere, qualche tavolo, una piccola spiaggia privata, l’ombra degli alberi e un silenzio corroborante. Il mondo agricolo dovrebbe darsi un belletto e un po’ di patina senza dimenticare se stesso. Ma quel fascino che, fino ad ora, è rimasto nascosto, deve continuare a rimanere nascosto. Devono restar fuori i prodotti, i lavori sulla terra e le imprese eroiche dei soldi. Questi hanno bisogno di comunicazione.

Il resto che rimanga Orfico!

Come il volto di quelle persone che non ho visto per desideri borghesi, come la voluttà agronomica di dare al deuteragonista della propria giornata il posto di istrione, come rimanere lì, in mezzo all’inverno, senza nessuno a cui chiedere conforto, con lo stupore di non vedere altro che un centro commerciale…

AZIENDA AGRICOLA SCRALECA

VIA ARIA LIBERA 42

DARFO BOARIO TERME (BS)

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