Albori di qualità… Pierluigi Fornero e Emanuela Calliero

alpina

Luserna San Giovanni. La pianura puzza ancora di industrie tessili e diindustrie dolciarie. Qui ci si complicò la vita con il gianduiotto e si continuò a guardare le valli valdesi come una forma di comunità al di là di tutto. Il calcio è diventato hockey su ghiaccio e le Alpi Cozie hanno dato sostentamento e visibilità alla valle. I formaggi si sono nascosti dietro e sono fuoriusciti i tetti in pietra. Qui, le cave della pietra di Luserna, che ricadono principalmente in Valle Po, i fiumi che imbottigliano acqua andando sul ghiaccio, quel liscio e piatto che dei tetti di tutto il mondo ha creato un paradigma, non hanno lasciato molto alla terra, volgendo gli sguardi nella certezza di qualcosa di maturo. Così, fermarsi è un elogio più che un desiderio. Il motivo è quello di una pasticceria dal nome evocativo: l’Alpina.

Pierluigi fa il pasticciere dal tempo della Pesca Melba, consegnava i croissant in bicicletta agli esercizi di Pinerolo. Lo sviluppo è stato il più classico degli iter bottegai. Tanto lavoro, poco tempo per un pensiero assoluto. Così ha incontrato Emanuela e hanno deciso di costruire un percorso tra il fai-da-te e il professionismo.

Si sono spostati a Luserna e hanno cominciato a risalire, guardando sempre verso il basso, forse troppo verso il basso. Sono riusciti a portare qualità per un bisogno quasi umano di sopravvivenza. Senza aiuti. Pierluigi in laboratorio ed Emanuela dietro il banco, dirozzando quell’umanità semplice da clientela abituata al badile. Attraverso questa maniera hanno tratto le loro soddisfazioni, guardando il divario allargarsi, guardando il mondo dei semi-pasticcieri semi-lavorare con la solita cazzuola e la solita crema gialla. Lì, sul crine, avrebbero potuto (o potrebbero?) fare quel salto di qualità decisivo per abbandonare la saccenteria delle origini e tornare ad esprimere dubbi e desideri.

Dalla pasticceria sono passati ad una tenue torrefazione, dove il tostino è tra il casalingo e l’artigianale, e dove i caffè verdi vengono tostati con rara precisione. Basse temperature, tanti mono-origine, asiatici perfetti nell’acidità, un ottimo Santos declinato in una perla di biscotto, dove la sablée completa veramente il piacere del caffè, centro-americani particolarmente corposi. Si spazia dalle arabiche alle robuste, le miscele vengono guardate con sospetto (?) e la somministrazione è qualcosa di personalizzato. L’Alpina non si è ancora imbellettata di una caffetteria.

Le lavorazioni di Pierluigi attengono la solitudine e l’utilizzo di ricette passate e quasi mai (almeno a parole) messe in discussione, con tutto quello che comporta in termini di materia prima, di lavorazione e d’identità culturale. Le torte su preparazione, la pasta di meliga letterale, i biscotti da svuotare, gli aromi da bilanciare sono l’accesso ad una pasticceria che avrebbe bisogno di più tempo e di più ascolto. Perché la completezza generale non può che passare da una localizzazione della precisione. Alcuni prodotti potrebbero anche non esserci. Emanuela e Pierluigi o si accontentano o decidono di lasciar perdere il paragone al ribasso. Ma giustamente non è affar mio, così il mio giudizio lo tengo per me e didascalizzo quello che mi è parso di vedere: due brave persone e una pasticceria a metà strada. L’artigianato non è solo farsi il culo…

 

L’ALPINA PASTICCERIA TORREFAZIONE

VIALE DE AMICIS 12

LUSERNA SAN GIOVANNI (TO)

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