Benessere nascosto nella neve… Michael Steiner

Selva dei Molini. Alpi della Zillertal. Un’eco turistica impercettibile, assolutamente nascosta. Nessuna pista da sci, abeti, una neve che arriva molto presto e una strada laterale rispetto alla Valle Aurina che termina al bordo di un lago. Nessun passo, nessuna transizione. Chi sale, scende. Chi si ferma, si accorge dell’immenso sbalordimento del posto. Masi su masi, curve, frugalità e serenità. Rigagnoli, mulini ad acqua e una necessità di creare una topografia. Chi rimane, o pensa o fa l’artigiano o tutte e due le cose. L’autosufficienza è imprescindibile. Al massimo, ci si usufruisce a vicenda. Il concetto di vicino di casa, a spaglio tra i tornanti delle montagne, è la quotidianità della spesa. Il formaggio, lo speck, la carne, l’allevamento, l’orto. Anche senza fervore.

Eggemoa è uno dei tanti masi che appaiono su queste curve. Senza particolari insegne e con ancora in bella vista quello che fino a qualche anno fa era la regolarità, un affisso della Mila e del suo vanto di esserne conferente. Ora non più, a differenza della normalità valligiana. Produttori di latte e riscuotitori di denari.

Dentro le mura, senza quell’eccedenza agricola di paglia, letame ed effluvi da pianura agricola, la famiglia Steiner ha costruito l’abitazione, il caseificio, le celle di stagionatura, la stalla e il fienile. Tutto in bianco e in legno. Senza brandelli estetici. Uno scrigno nascosto dove vivono sette persone, una ventina di mucche e quattro-cinque maiali da poco tornati dall’emancipazione dell’alpeggio, dove sono stati portati, “recintati” e lasciati lì a mangiare mesi, senza integrazioni particolari e senza controlli.

Michael Steiner è il figlio più grande, l’unico, ad oggi, ad aver mostrato interesse a continuare l’attività dei genitori. Prima solo allevatori e conferitori, poi, lentamente, da una decina d’anni, anche trasformatori del proprio latte. Irmgard e Gebhard sono persone estremamente attente, gentili, distanti da patriottismi e borie. Capiscono gradualmente l’italiano (ogni tanto Michael deve tradurre per loro), ma hanno quella voglia lontana di farsi conoscere e di farsi riconoscere che non è più tanto delle nostre generazioni. A Michael è come se mancasse quella stretta al cuore che fa appassionare alle cose, che fa portare giù il pane casalingo, solo per la voglia di condividere un mondo di lieviti, di tradizioni, di stube e di trigonella. È più contemporaneo, anche e soprattutto nel tagliare e presentare i formaggi. Con quell’estetica da etichetta, da vendita subitanea e perfezione sul tagliere. Così, dopo aver divampato al calore della stufa/forno (che vorrei a casa mia da sostituirmi nel letto nelle notti invernali), lo seguo all’interno della stalla. Ormai solo brune alpine (facendo dei calcoli a spanne, gli danno tra i cinquanta e i sessanta quintali di latte a testa ogni anno…), da poco rientrate dai pascoli estivi. Solo fieno auto-prodotto, qualche cereale e poco altro. Nitore, silenzio e materia prima. Ci sono anche i maiali, quelli così masticati qui in Alto Adige e quelli così difficili da trovare. Sia al chiuso sia all’aria aperta. Irmgard tira fuori uno speck, prodottogli e affumicatogli da un macellaio loro amico a partire dalla loro materia prima, assolutamente straordinario. Spariscono le micragnose fettine del celebrato Karl Bernardi, anima commerciale della valle e avamposto di rottura con le multinazionali dello speck. Qui, c’è una masticazione e un retrogusto. Non rimane in bocca il fantasma di quello che non è più una necessità.

I formaggi insistono sulla tradizione mittel-europea. Tutti chiaramente a latte crudo. Qui, termizzazioni e pastorizzazioni non sono di casa. Hanno qualcosa di svizzero, sono principalmente croste lavate con colture di batteri mesofili ad arrotondare il gusto, con quella dolcezza, probabilmente dovuta ai batteri propionici, che rende tutto più confortante. Dalla Pertica, che sembra un mattone, con quel ricordo di gruyere dalla crosta arancione e con quella forte nota burrosa, quasi grassa, allo Steiner Zwerg, stagionato un paio di mesi, estremamente lattico nella semplicità: elastico e resinoso, diventa straordinario nell’affinamento nelle pregiatissime ortiche di un maso sopra Bolzano che gli rilasciano un sapore selvatico veramente unico (meno corroboranti, invece, gli affinamenti nella cenere). Il candidum, dal nome del pennicillium utilizzato, con vaghi ricordi di camembert, con una lenta mantecatura della pasta, non ha quel ritorno di cozza normanna, ma possiede un invidiabile equilibrio. Hansi Baumgartner ha compreso, ha iniziato a comprare e magari ha smesso di tirare colli.

Pasta molle e latte crudo. Questo il credo di Michael e della sua famiglia. Qui, i sapori non hanno contrasti particolari. Qui, tutto rimane sospeso. La famiglia, i pascoli, il freddo, lo sport estremo, la mungitura sono la normalità di una terra che non può rispondere che mostrandosi. Michael è giovane, ha studiato casearia in Austria, ha poco tempo libero, ha distanze da colmare, sia fisiche che emotive. Anche i formaggi hanno bisogno di un tempo di definizione. Dove le nozioni imparate si acquieteranno in un’alchimia di gusto. Ma qui, nel territorio del Graukase, qualcuno ha cominciato a tessere un’immagine più moderna, più attinente alla comunicazione. Qui, qualcuno ha deciso di prolungare l’inverno con formaggi intimisti… Senza scosse ma con garbo…

 

EGGEMOA

PAESE 53

SELVA DEI MOLINI (BZ)

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