Cascina Daneto: le forme del riso… Famiglia Debernardis

Occimiano. Qui finisce la pianura, finiscono le risaie, terminano le nebbie e si dileguano quelle basse abitudini che non hanno altro che cascina. Appendice del vercellese, in una zona vocata alla fuga, alle strade lunghe e al senza meta del santo pomeriggio, qui gli sguardi, ancora, sono rimasti fermi allo stupore per l’industriale. Tetti rossi e una tranquillità da latrato. Il Monferrato è uno spauracchio impossibile da non guardare e a cui non fare riferimento. Chi ha deciso per la pianura, però, non ha potuto fare altro che adeguarsi, rivendere tutto alle grosse aziende e magari tenere qualcosa per le proprie cene e e per i propri amici. In pochi sono riusciti a ribaltare l’imposizione territoriale, in ancora meno a creare una comunicazione al di fuori di quelle quattro zone in Italia (Vercellese, Lomellina, Baraggia, Bassa Veronese) in cui il riso è molto più di una religione. Cascina Daneto è un buon posto dove provare a cercare un’eresia.

La famiglia Debernardis si è convertita alla risicoltura appena finita la Seconda Guerra Mondiale, cominciando dalle colture caratteristiche della zona. Fino agli anni ’70 conferire riso alle grandi aziende era estremamente conveniente, i prezzi di vendita erano alti e la manodopera aveva costi limitati. Così l’idea della trasformazione non sfiorava la contemporaneità economica. Ma i tempi sono diventati barbarie e così Giuseppe e i suoi figli hanno deciso per la trasformazione. Gli anni ’80 e gli anni ’90 sono stati quelli della presa di coscienza che anche il riso poteva essere un prodotto da tutelare e da esaltare. Così, sui cento ettari di terreno sono rimaste quelle varietà precoci da prodotto venduto per i parboiled delle multinazionali, che continuano a fare cassetta, insieme a quell’ortodossia storica di recupero e di valorizzazione.

Il Nuovo Maratelli è la retro-innovazione che interessa il filologo del risotto. Chicchi tondeggianti, buon rilascio d’amido e perfetta cottura. Mancando l’assaggio, mi adeguo sul Baldo e sul Carnaroli, il tipico che va a creare una quotidianità casalinga. Belli pieni, sodi, sgranati e con delle belle fragranze. L’integrità del chicco è perfetta in tutta la scatola. Attenzione di una famiglia di agricoltori che ha lastricato la strada della comunicazione, abbattendo l’ideologia e i falsi miti. Ascoltano gli anziani parlare d’invecchiamento, apprezzano, concordano che ci voglia un po’ di racconto e provano ad aprirsi la propria strada.

Elisa ha cominciato a portare l’azienda verso il mercato, verso le botteghe gastronomiche e verso l’estero, mettendo il cliente con le sue richieste al centro di un progetto che non vuole prescindere da scorciatoie e piatti pronti. Così arrivano i risotti aromatizzati, le creme di riso, i cesti oleografici e tutto quel contesto così necessario alla vendita di una materia prima così classicamente bistratta e così comune in queste lande che non possono prescindere dal risotto. Al di là di pochi eletti e di poche latte, il riso è un’anima di poche milioni di persone e di una quantità di ettari senza nome. Altrove bisogna pre-cuocere gli asparagi all’interno della confezione. Perché riso non è risotto e così il profumo dell’oriente deve per forza irrorare qualche idea.

In queste terre, dove tutto è già definito e predeterminato, dove la coltivazione del riso è sempre uguale a se stessa, dove la bagnatura è a Maggio e la raccolta comincia a fine settembre, e dove sono spariti i pescatori delle risaie e le mondine con i reumatismi neorealistici, è arrivata una decadenza del prodotto che non lascia più la possibilità di coltivare per coltivare. Bisogna continuamente inventarsi qualcosa di nuovo per far fronte all’anno che verrà. C’è un solipsismo di fondo che mette sempre la stessa tristezza, che non invoglia, che fa sembrare tutto già passato. È arrivato il tempo per qualche risicoltore ma il tempo per il riso è sempre nebbioso, informe. Sì c’è la qualità, bene. Le penne sono intrise di leggenda e dove manca non fuoriesce che una manciata di cereale. Basta sbagliare la cottura e tutto il lavoro va in fumo. Così si cerca chi sa cuocere (e chi sa azzardare l’accoppiamento) e si creano mitologie… il resto sono schiene ricurve in bianco e nero…

 

CASCINA DANETO

CASCINA DANETO 2

OCCIMIANO (AL)

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