“Qui lavora un artigiano”… rivoluzionario e tradizionale. Corrado Sanelli

Salsomaggiore rappresenta un pezzo d’Italia che non c’è più. Come tutti quei luoghi termali, vittime della decadenza e della mancanza del recupero poetico contemporaneo, così facili da trovare.
Un turismo da Belle Epoque, fatto di carrozze, bombette, vestiti che, improvvisamente, diventavano più sinuosi, con busti meno rigidi, strascichi sensuali e languidi, pizzi e merletti; ma soprattutto fatto di bagni salutari che, nel loro essere curativi e preziosi, rappresentavano il luogo d’incontro ideale dell’elite tra fine ‘800 e inizio ‘900. Continue reading “Qui lavora un artigiano”… rivoluzionario e tradizionale. Corrado Sanelli

Quella Sicilia che non ritornerà più… Piero Cristofaro D’Amico

Palermo. Via Messina Marine. L’anticamera del degrado. Quell’ospedale a pochi passi, quell’indicazione per la zona industriale del Brancaccio che campeggia in alto, manco fossimo in autostrada, ambulanze a tutte le ore, botteghe di quartiere, coda perenne e macchine posteggiate laddove il caso ha lasciato spazio all’inverecondia. Un pontile ben articolato, che ricorda un passato plumbeo e una voluttà di andare al mare il giorno di festa: a metà strada tra la Versilia e Atlantic City. Continue reading Quella Sicilia che non ritornerà più… Piero Cristofaro D’Amico

Il gelato 2.0. Andrea Soban

Valenza. La città dell’oro e dell’indecifrabilità. Un posto di frontiera, da tramonto di un’epoca. Uscita da un festival post-moderno di Sam Peckinpah, in mezzo ad una rapina al rallentatore. A metà strada tra Piemonte e Lombardia, senza il fascino facile delle colline monferrine e senza la tristezza nebbiosa dei paesini della Lomellina. Tra quelle province, che dell’anonimato fanno il loro credo, di Pavia e di Alessandria. Continue reading Il gelato 2.0. Andrea Soban

“Nessuno spreme più limoni”. Da Cerda al mondo… Antonio Cappadonia

E’ un pomeriggio di agosto del 2009, le due del pomeriggio di un sole siciliano che ti mette addosso solo il pigiama e la voglia di non muoversi. Il mio arrivo a Cerda è accompagnato dal canto delle cicale e dal sole che scioglie l’asfalto sotto la mia vista.
Il far west siciliano e la porta d’ingresso delle Madonie. Un biglietto da visita terribile (edilizia color apatia). La Targa Florio come lontano ricordo e tutt’intorno coltivazioni di carciofo e limone. Aspra e spinosa. Come a pregiudicare il rapporto con il visitatore.
Scovo un piccolo bar, non bello, non intrigante, con un bancone dei gelati poco suadente e un ragazzo alle sue spalle che avrebbe sicuramente preferito essere al mare. Chiedo del Maestro Cappadonia. Ma c’è da aspettare. Continue reading “Nessuno spreme più limoni”. Da Cerda al mondo… Antonio Cappadonia