La vacca Cinisara e le sue carni…

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San Cipirello. Una frana, una ricostruzione, il distaccamento da San Giuseppe Jato e la creazione dell’ennesima quasi enclave siciliana che unisce due paesi slegandoli dal resto del territorio. Qui si sono proclamate autonomie, si è rimasti imbrigliati nella restaurazione e si è tornati a pronunciare l’effigie di un popolo libero. Queste sono terre difficili, con un passato sotterrato e campagne a perdita ad occhio e a retaggio violento e azzardato, luoghi di pastorizia e di reticenza, di silenzi e pale di fico d’india, di una Sicilia assolata con pochi sguardi, passìo pomeridiano, camice a maniche corte e carte da briscola incurvate sotto i colpacci di incalliti professionisti del tavolino. Non c’è un tempo ulteriore qua in mezzo, c’è una quotidianità da schivare, cognomi scomodi da condividere e una ricostruzione da rimettere in circolo grazie a quei pochi che sono riusciti ad evadere dalla confidenza. A pochi kilometri dal centro del paese, Salvino Polizzi sta portando avanti e comunicando la vacca nera siciliana come nessuno fino ad ora. E così la testimonianza di formaggi in continua evoluzione, fuori dall’ordinario già su queste pagine, è testimonianza di un lavoro sulla Cinisara strenuamente legato ad un territorio che non è più né perversione né pregiudizio. Continue reading La vacca Cinisara e le sue carni…

Ti.Pi.Ca: un norcino può salvare la Sicilia?… Tino Pintaudi

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Brolo è ritornata ad essere un giardino, quella che è stata e la stessa che è stata defraudata da anni di incursioni piratesche, non arrivate da un mare destabilizzante ma da uno sperpero edilizio che ha trasformato la costa da Messina a Palermo in un’arlecchinata. Con rare eccezioni. La consapevolezza ha portato a primeggiare nuovamente gli agrumeti, gli ulivi e i cipressi. I Nebrodi alle proprie spalle ad intimare tradizioni e allevamenti che non possono essere traditi. Al di là del pranzo tipico, della carne di crasto, del tumazzo e dell’arrustuta domenicale in taverne ormai all’uopo di qualunque curva, questa parte di Sicilia, schiacciata tra le montagne, i boschi e il mare, ha una rarità poco conosciuta. Il bagno è di per se stesso il fine turistico, il resto è scappatella e presa per i fondelli. Ormai il suino nero dei Nebrodi campeggia nelle parole di tutti i macellai e in tutti i menù dei ristoranti con un profilo social. Definire, continua a spostare le paure della gente e a corroborare il turista nella sua velleità d’esploratore. Così si addomesticano i maiali e si vendono le tradizioni. Però c’è ancora qualcuno che della serietà non ne riesce a fare a meno. Nonostante l’età. Questa è la storia di Tino Pintaudi, un ex tecnico alimentare che in meno di due anni ha rivoluzionato il mondo della norcineria siciliana. Senza clamori e senza che lo sappiano in troppi. Continue reading Ti.Pi.Ca: un norcino può salvare la Sicilia?… Tino Pintaudi

Filiere di carni di montagna… GestAlp

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Frassino. Valle Varaita. Il fondovalle si chiude, s’incurva, mostra solo le borgate appese alla roccia, rimanda l’immaginazione, rimane strettamente legato allo scorrere del torrente eponimo senza la libertà d’indagare. Il centro è uno svilupparsi di discreti ristoranti post-tradizionali, zimmer in confusione con la sede del comune, case diroccate e tetti in ardesia che riflettono la luce, corroborando la voglia di selvatico. La Val Varaita è un luogo sonnolento dove non far nulla per mesi per poi ritrovarsi assolutamente concorde con una vita di sacrifici. Percorsi occitani, poeti provenzali, intagliatori di legno, neofiti della solitudine: in una giornata estiva, dove il cielo è un bello sfondo su cui fermarsi, questi luoghi rimangono ancor di più un passo indietro al turismo, un paese di zii, Barba e cultura minoritaria. La saga popolare non ha molto da cercare, i volti della gente sono dirozzati perfettamente per giocarsi qualunque ruolo, anche quello del “gotico contadino”. Continue reading Filiere di carni di montagna… GestAlp

La carne recupera il suo senso… Fabio Magri

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Chiuduno. Un paese in mezzo alla strada, dove potrebbero bastare a loro stessi quei pochi artigiani se solo scoprissero la possibilità di esserlo. Invece la lotta contro l’incuria e la noncuranza è un principio solido di sguardo lontano. Si guarda la collina, si spulciano i vigneti della Valcalepio, si cerca di rimanere sempre e comunque legati a delle bellezze naturali che sono ma non qui. L’essere vicino è la rappresentazione stentorea di un luogo senza più troppe voci: vicino alla città, al lago, ai boschi, ai vigneti, all’autostrada, alle industrie e alle montagne. C’è qualcosa di casuale nel percorrere sempre la stessa strada, si sentono rumori lastricati di lamentale e dissidi. Qui, c’è ancora gente che non vuole arrendersi all’imperare dei video poker, dei gratta e vinci e della vita buttata dalle scale, c’è voglia di artigianato, ci sono costi inaffrontabili e paure ataviche, ma c’è comunque un pulviscolo di movimento. Guida tutto e tutti, al di là di Daniel Facen dell’Anteprima, Fabio Magri, macellaio innovatore. Continue reading La carne recupera il suo senso… Fabio Magri

La carne potrebbe essere così semplice… Famiglia Uccelli

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Suno. Medio novarese. Terra di conquista. Colline dietro i passaggi a livello e il torrente Meja a discriminare una parte meno provvida. Mais e uva programmaticamente coltivati per rendere il paese qualcosa di definibile. C’è un tempo agricolo e un tempo serale, dove si spengono tutte le luci e dove la serenità diviene sinonimo di abbondanza. Qui la passeggiata è ancora una passeggiata e il tempo per rimanere invischiati dentro lo stress un passatempo del weekend in cui si accolgono i figli partiti, quelli socialmente voraci, quelli che avevano bisogno di scarpe lucide e cravatte griffate. Ma qui, il lunedì mattina, si tornerà a passeggiare come usciti da un quadro di un film di Iosseliani, su scarpe senza decoro e con molta tranquillità d’animo. In paesi come Suno, il macellaio deve essere bottega, confidente e sorriso. Ecco un buon motivo per destreggiarsi dal lago. Continue reading La carne potrebbe essere così semplice… Famiglia Uccelli

La sicurezza della carne pianeggiante…Fausto Garrò

Bagnolo San Vito ha una parte agricola che non concede scampo. Al di là delle rogge, dove le carreggiate si stringono e i trattori ti spalano il letame addosso non prevedendo una reazione verso lo stupore, le curve inducono verso il fuori, verso quella bassa mantovana, incisa a cavallo delle terre virgiliane, che lascia intatte le immaginazioni, fa sognare imprenditorie, fa vestire tutti uguali, garantendo sempre e comunque ai propri figli quella proprietà privata che non può mai essere divisa. E così il territorio diventa terreno da mettere in produzione e la famiglia quell’unica roccaforte per scandagliare i sogni e procrastinarli nel tempo, magari davanti alla televisione, magari fantasticando un futuro lontano, da fuga di cervelli e figli da andare a trovare a Pasqua insieme alla famiglia di lei, anglo-giapponese e coltivatrice di tè. Ad una di queste curve, Fausto Garrò ha rimesso in produzione il podere di famiglia con la contemporaneità richiesta e quella latenza altrettanto contemporanea che tralascia alla normalità il macellaio, l’allevatore, l’agricoltore e l’agriturista. Il problema è che qui sono tutti rappresentati da un’unica persona. Continue reading La sicurezza della carne pianeggiante…Fausto Garrò

Cascina Capanna: il benessere sembra così semplice… Lorenzo Bonadeo

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Montegioco è un incrocio di frazioni con nomi improbabili, popolazione dispersa, straordinari birrifici e ritrovi al benzinaio di personaggi inattendibili spersi in lande texane, cappelli di paglia e lenti movimenti di macchina. A riprendere l’orizzonte e quella Val Grue che si apre e che si chiude in una rapsodia discontinua che non mostra mai la stessa faccia. Qui il paesaggio ha lo spazio del dissenso, il salame è una religione laica e l’agricoltura si basa da sempre sulla vite e sul maiale. In quella filologia, cercare l’apocrifo è un intento che sprofonda. C’è tanto terreno, troppo terreno che ha concesso la noia al prezzo. E così chi ce l’ha, se lo tiene, lasciandosi marcire dietro ad una sussistenza fatta di norcini infreddoliti, di rituali invernali e di un’estate troppo lunga da far passare. Perché quando la polvere non rimane in mano ad un Faulkner ma ad un settebello, la vecchiaia incrosta anacronismo senza diventare esempio. E così i giovani si ritrovano per parlare, maledire e tenere il più lontano possibile la sorte non avversa. Perché è sì in luoghi come questi che si fa l’Italia ma è altresì che il cerino corto della scelta non lo vuole nessuno. Perché l’indefinito è sempre più facile. Salame, vino e qualche salma. I rivoluzionari ci sono, profumano di lievito e auto-sostengono con una scuola una delle agricolture più incredibili di questa terra acre. Continue reading Cascina Capanna: il benessere sembra così semplice… Lorenzo Bonadeo

Un macellaio che non si accontenta… Angelo Bergamini

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Poncarale è stato una pieve, si è trasformato in un borgo, è diventato un luogo dove coltivare la vite ed è rimasto un sistema di abitazioni dalla sola rilevanza demografica. Il pomeriggio invernale rimane chiuso dietro tapparelle e immigrazione costretta ad uscire per darsi un tono e dimostrare di avere un paese. Perché una pianura che prova a nascondersi non ha più nulla da ridare indietro. E qui la gente va avanti e indietro e difficilmente sa dove fermarsi. Soprattutto quando le feste finiscono, le luci si spengono, il fragore del Mella continua a non affascinare e la Bassa a nascondere i suoi allevamenti dietro estensioni di stalle senza pace, l’unico bagliore rimane acceso nelle fucine degli artigiani che prendendosi il tempo, investono tempo alla ricerca di un’eccellenza lontana dalla città, per modi e volumi. La Macelleria Bergamini è uno di questi luoghi, anche e soprattutto dopo le violenze subite. Continue reading Un macellaio che non si accontenta… Angelo Bergamini