Il Borgo del Balsamico: azzimati giardini acetici… Famiglia Crotti

Botteghe. Albinea. Dalle strade di campagna agli incroci fino alle zone residenziali, dietro una facciata color pastello dove antiche pievi hanno perso il sopravvento spirituale e, insieme, anche quello secolare. Anime della Resistenza, che si è sempre posta come sottotesto di qualunque discorso, han provato la strada del dubbio e della compromissione. Qui il rispetto verso la gioventù è un rispetto verso il territorio e verso la storia, l’Appennino è appena accentuato, le colline si ondulano, cercando di dare riparo ai pendolari reggiani, e il rimanente è un tempo vittorioso che dai volti celebrativi delle osterie sopra le piazze si è rinchiuso dietro i cancelli delle villette e delle case a due piani come se l’incolto del bosco fosse un retaggio impossibile da sconfiggere del tutto. Terminata l’ultima ringhiera, campi e alberi riempiono nuovamente la scena e appare, assolutamente per caso, un cancello delle delizie dietro al quale si affaccia una voglia di mantenimento più che di decadenza. Alle spalle, la famiglia Crotti ha rimesso insieme varie tradizioni e il riflesso di epoche che sono sempre state.

Il Borgo del Balsamico è un luogo trascorso, dove lo splendore di tempo e denari è connivente ad uno stato di cose che, nella perversione francese contemporanea, si sarebbe ritrovato presto in decadimento. Qui l’erba non arrampica in verticale ma, nella cura di un giardino all’italiana, lascia indietro e intatto un contesto fatto di condizioni e destinazioni. Scuderie per cavalli, giardini d’inverno, foresterie, campi, campanili per i genitori, case per i figli e soffitte (tasel) per l’aceto balsamico.

Una famiglia che viene dalla moda e che non ha mai abbandonato lo stile come punto di vista sul mondo. Senza forzature, senza asintomatici abbinamenti e diluizioni, ma attraverso la naturale divisione dei compiti che nel tempo sviluppa capacità e riempie i pomeriggi. Papà e figlie (Cristina e Silvia) in connubio sul lavoro da fare. Un capannone qualche kilometro fuori per i prodotti più quotidiani e l’estensione vignaiola del ciclo della vita: libertà e occupazione. Primo comandamento: chi fa aceto ha tempo per pensare.

Cristina è tornata in azienda dopo il classico “estero borghese”, si è riappropriata del concetto di tradizione e gli ha applicato un vestito, anzi vari vestiti. Ha lavorato sulle confezioni, sui colori e sulle forme. Le bottiglie si sono arrotondate e spensierate, hanno perso quella serietà atavica da acetaia millenaria, che imbottiglia residuati napoleonici, e hanno compreso le esigenze di un cliente alla ricerca di definizioni più stabili. La sua mano è soave, ha cercato cuochi, pasticcieri e barman che mettessero a posto ricette con il balsamico, ha differenziato la Dop del tradizionale dal balsamico Igp e il balsamico Igp dai vari condimenti. Insieme alla sua famiglia ha rimesso in circolo anche un aceto di vino bianco, ha trovato delle giuste misture, con succhi e spezie, che potessero dare sfumature di un “pranzo del lunedì” anche laddove l’austerità si è sempre comportata da inquisitrice. Il mosto cotto ha varie funzionalità e differenti tempi. L’acidità reggiana, rispetto a quella dei cugini, toglie un po’ di morbido al prodotto finale, soprattutto su invecchiamenti estremi. Le caramellizzazioni arrivano ma si perdono al palato. Aragosta, argento e oro (i tre colori del tradizionale) si affinano ma senza confini precisi. 20, 25, 30 anni significano tutto e niente. Le batterie in acetaia, da 4, 5, 6, 7, 8 botti si sviluppano nella rigenerazione, da oltre cinquant’anni e da vecchi proprietari. Il tempo è una questione di gusto, equilibrio e acidità: su certi prodotti – gli abbinamenti con il lime per esempio – quasi estreme nella loro piacevolezza. Il tradizionale dorato è un prodotto straordinario, ossidato, dai tempi lunghi, infiniti, dove l’aromatica non è mai stucchevole. La forza del Borgo è in quelle acidità imprescindibili che non virano mai verso il compromesso.

Così tutto il contesto prende un senso, i giardini all’italiana, la piscina, le murature, le segrete e le soffitte. Anche e soprattutto nel suo essere un luogo azzimato e poco sorprendente, dove il tempo reazionario ha messo radici ed è riuscito a farsi baffo dell’economia, reagendo all’affinità contemporanea che tutti fa assomigliare e che tutto tritura in quell’unico degradato pentolone dove le differenze non sono trovate ma forzate. Le pieghe della natura, ecco l’uomo, ecco l’aceto balsamico tradizionale…

IL BORGO DEL BALSAMICO

VIA ALBINEA CHIESA 27 BOTTEGHE

ALBINEA (RE)

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