La Bresse e il suo pollo

Volailles_Bresse

La Bresse è una terra divisa, in mezzo, con una geografia orgogliosa. È un luogo che è stato tradotto male per colpa di un animale e che di questo stesso animale ha il merito di innalzare il nome molto al di là dei confini. Il turismo non resta, si accampa in mezzo ai mercati, fa fagotto nei ristoranti ed esprime le proprie perplessità di fronte a ricette molto al di là del pensiero. Il Georges Blanc di turno rimane nascosto in uno di quei paesi che richiamano la tasca gonfia solo oltre il desiderio. Qui non si arriva per caso, nonostante la bellezza espressa. Si supera la “medievalità” del Maconnaise, i suoi castelli, le sue abbazie recuperate (Cluny), i suoi vigneti a metà strada e a mezza costa, e quella Saona che tutto racchiude e che soprattutto, mentre l’aurora è ancora un cinguettio arancione porpora, mostra al mondo la sua insicurezza di ettari di bosco, le fortificazioni di Brancion, i mulini e i fiumi in mezzo alle foreste di cipresso e quei produttori di capra (Chevrerie La Trufiere a Chissey è un ottimo indirizzo) che continuano imperterriti a lasciare l’estetica come impressione primigenia, servendo il gusto di quel previsto che non può mai essere disatteso. Perché l’artigianato è una salvezza e un confine, che non deve mai arrivare fino allo stupore, almeno nel calcolo.

Così, ieraticamente, il lunedì mattina si va al più grande mercato di volatili di Francia, a Lohuans, dove è più facile intercettare la schiena del proprio dirimpettaio che un pollo piumato bianco e dove si vende qualunque cosa abbia le ali. Sconsigliato a chi mal tollera le folle e le piume svolazzanti.

Appena fuori, però, il paesaggio si trasforma in corte e la Bresse diventa un’estensione di polli al pascolo. La legislazione francese impone, all’unica Aoc (o Dop o che dir si voglia) al mondo per una razza avicola, almeno dieci metri quadri di libertà per ogni animale in modo che possa mangiare terra, erba, vermi, addizionati da mais e latte per tutto il periodo della crescita. Carne bianca, cottura controllata, sapore di terra, colori della Fratellanza, zampe blu, corpo bianco e cresta rossa, e un retaggio culturale che non è né assimilabile né tantomeno spiegabile. Qui le lotte di religione le hanno vinte, schiacciando il dubbio… qualcosa di inesportabile e di inappropriabile. Come difendono il loro territorio e la loro sostenibilità dovrebbe essere tema di laurea e di possesso, qualcosa da non far più vedere. Rivoluzione contro ribellione. Ecco il punto della differenza. L’autorità qui invita al benessere, da noi all’ipocrisia e all’anonimato. Fare bene qui è una questione di criterio e di consorzio. Senza remore ma nella diversità di un prodotto sempre più sfumato. A Gaec Laurency (a Saint Usuge in mezzo al nulla), la prova diventa una fede…

 

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