La désarpa de Gressan

grimondet

E anche quest’anno è arrivato il tempo di scendere, il tempo della normalità e dell’assenza di giudizio, il tempo in cui il turista abbandona la voglia di esotico e di terreni incolti. L’alpe, ad inizio ottobre, è un foliage deciduo che sfuma verso l’impossibilità a restare. E quando il freddo ti prende alla gola, il disagio non è più nemmeno umano. Ad inizio settembre si iniziano a percorrere i maggenghi del rientro, si iniziano a trovare erbe più bagnate e formaggi più stanchi. Sulla strada del ritorno sono nati i miti dello stracchino e della munta calda, e la festa è sempre stata velata da una nostalgia senza rappresentazione.

È arrivata la désarpa. Il ritorno.

Sopra Pila, all’alpeggio Grimondet, si preparano le campane, si raccolgono le Fontine migliori e gli animali sono inquieti. Non sono avvezzi al rumore dei campanacci, alla cacofonia del rientro, il silenzio ha chiuso le orecchie… la realtà del fondo valle va tuttavia nobilitata. E così Sandro Bonin, suo fratello e i pochi operai che hanno lavorato in malga tutta l’estate, sono pronti a scendere e a festeggiare insieme. Tra loro e con gli altri. In quel cammino che è tradizionale e apotropaico, che lascia sulla strada giostre chiuse e alberi sfioriti, che assomiglia a quelle spiagge chiassose l’ultimo giorno prima della tempesta, del vento e della rassegnazione. Ma oggi c’è il sole e c’è un paese, Gressan, pronto per l’accoglienza e per il ringraziamento. Un applauso alla resistenza, alla pervicacia, alla provocazione, alla bontà, al selvatico e alla traduzione di un atavico che continua ad essere contemporaneità. Le regine guidano la mandria e portano il gruppo fin giù alla stalla, gli astanti rimangono estasiati, l’estetica del muscolo è provvidenziale e tenue, qui si produce latte, si fa il formaggio e si fanno le battaglie, la profondità della suggestione è in una muscolatura avveniristica, slanciata, quasi irreale. C’è rispetto e benessere, rigore e capacità. Le croste della Fontina sprigionano le fragranze dell’inverno e così la voglia di legno e camino è già tepore. Perché qui è ancora la natura a determinare le stagioni, senza pressapochismi e senza imposizioni. Due vacche si incornano, una slitta si riempie di bambini, le mele e le zucche scaldano lo sguardo e Sandro svanisce nella morsa dell’autunno…

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