Original Braunvieh: un costoso ritorno alle origini…

Kuh in Melchsee-Frutt

Bruna Alpina. Nome evocativo che riporta a pascoli incontaminati, a tempi di malghe e alpeggi in bianco e nero, a bergamini sempre pronti alla transumanza e a formaggi semplici con caldere in rame e spini in legno. Ecco, niente di tutto ciò, la Bruna Alpina così come la conosciamo nella maggior parte delle stalle del nord Italia non ha nulla da spartire con quella vacca ben slanciata regina dei nostri pascoli in bianco e nero. È una ricostruzione americana arrivata in Italia negli anni ’70 ad incrociare e modificare. Gli svizzeri hanno importato la Bruna delle Alpi (Braunvieh) nell’800 negli Stati Uniti, nei primi anni del ‘900 hanno cominciato le selezioni per specializzare la razza nella produzione di latte e subito dopo queste selezioni sono state riesportate in Europa per migliorare le nostre Brune, dando origine alla razza Bruna Alpina come oggi la conosciamo. Il problema è che c’è stata una sostituzione di razza che dell’origine non s’è portata dietro granché. La Jersey più che la Bruna Originale è stata la base di una lattifera con tutti i crismi dello sfruttamento. Una vacca da mais ed alimenti fortemente proteici. Una razza da pianura. Anzi da praterie americane… In certi alpeggi, magari poveri magari piovosi, per metter su grasso fa una fatica incredibile.

Così enfatizza Michele Corti: Mantenere una razza come la Brown Swiss in un contesto non adeguato determina costi per spese sanitarie, riduzione di fertilità e quindi mancati redditi. Una delle voci che incidono maggiormente nel passaggio da un tipo genetico a duplice attitudine ad uno fortemente specializzato per la produzione di latte è quella relativa ai costi della rimonta (interna o esterna che sia), ovvero alla sostituzione delle vacche “riformate” (mandate al macello a fine carriera) a causa dell’insorgere di problemi sanitari. Se, in passato, quando si allevava la Bruna alpina, una vacca nella sua carriera poteva partorire 5-6 vitelli (e portare a compimento altrettante lattazioni), oggi va già bene se si riesce ad arrivare al terzo parto. In un contesto di allevamento alpino rurale l’introduzione della Brown Swiss enfatizza tutte queste voci di costi senza che ne derivino quei maggiori ricavi che in sistemi più specializzati possono – fino a un certo punto – giustificare i maggiori costi. Insomma la vacca sbagliata al posto sbagliato”.

Poi negli anni ’80 qualcosa in Europa è cambiato, a partire da Svizzera, Austria e Germania. Si sono formate delle associazioni, sono stati ripresi alberi genealogici, si è cominciata una ripopolazione di brune alpine originali di stampo novecentesco. Nulla a che vedere per manto e per stazza con quelle che scorrazzavano fino a metà del XIX secolo. È un’origine già geneticamente modificata ma sicuramente più funzionale ad un allevamento montano sempre più vittima di uno scadimento pianeggiante e di logiche da azienda agricola prefabbricata. L’alpeggio è salvezza e sussistenza, è risparmio ed erba demaniale, è richiesta di tornare a vacche dalla duplice attitudine. E nell’arco alpino, i teutonici sono arrivati prima, hanno ricreato e hanno rimesso in vendita. Seme congelato e tori vivi. Dall’Austria alla Svizzera: dai 2000 euro ai 5000 euro a capo. I paragoni con Frisone e Brown Swiss sono fuori luogo. La storia ha un costo e se si rivuole la tradizione, bisogna ricomprarla. Questo è l’assunto da cui non si può più prescindere.

Alto Adige e Valtellina rappresentano bene la funzione delle nostre Alpi. Alexander Agethle e Alfio Sassella sono, con le rispettive differenze e con una base culturale molto distante, emblema di un recupero e di una voglia di non farsi fagocitare dall’appiattimento che arriva prima del formaggio. Alfio ha cominciato a produrre delle forme di Storico Ribelle solo con il latte della bruna originale, Alexander ha sostituito nella quasi totalità brown e grigie alpine con la Braunvieh. Stalle moderne, nuove, caseifici e latterie rimesse a posto. Capre orobiche e pecore al pascolo, duplici attitudini, carne e latte come forma di sostentamento 2.0. Formaggi straordinari, più tradizionali quelli di Alfio più legati alla mittel europa e alla Francia quelli di Alexander. Il passo dello Stelvio in mezzo a dividerli, con quelle differenze fondamentali tra associazioni e solitudini, tra voglia di provare a coinvolgere valli vicine e regioni lontane e necessità di proseguire da soli per non farsi fagocitare dalla condivisione che troppe volte sfocia in potere. Così la nostra Bruna mantiene la speranza nei volti di allevatori contemporanei prima che nella storia e nell’alpeggio. Perché l’alpe non è più solo una forma estiva di sopravvivenza invernale, è diventata vieppiù una forma invernale di sopravvivenza estiva, dove la totale conversione alimentare non viene fatta, anteponendo la quantità alla qualità e caricando l’alpeggio di spese tutto sommato non necessarie… Ad ogni ambiente i suoi animali…

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