Lercara Friddi. Il passato delle zolfare non impregna con più gli afrori di quel tempo che non è mai stato una scelta, tanto letterario quanto intimamente tacciato di abbandono. Una vocazione che è stata una costrizione e una possibilità d’impiego. E così si estraeva e si mangiava. Il paese rimaneva estraneo alla vista, come tutti i paesi di questa zona di Sicilia. Separati e ghettizzati. In mezzo ad una campagna che è stata simbolo e lo sarà per l’eternità. Senza sconti. L’afa, il sole, le camminate a braccetto, le tradizioni, il guardarsi per riconoscersi e il servizio verso i turisti, che sono lercaresi ritornati al paese con sogni e realizzazioni da spiegare, sono la confusione in cui trovarsi. Un luogo che aveva una funzione e si è trovato a ricrearsi un futuro spopolato. Di volti rugosi e di piazze ben conservate, dove fare colazione è ancora la più intima delle gestualità e dove l’abitudine assurta a rito comanda ancora il quotidiano e l’eccezionale. Qui, in evidenza ma non troppo, la famiglia Garofalo è partita dalle tradizioni, si è conquistata la clientela, innestandoci sopra il tempo e la novità. Continue reading Pasticceria Oriens: artigianato e imprenditoria… Salvatore Garofalo
Etno-antropologia applicata alla terra… Nicola De Gregorio
Cammarata e la sua enclave San Giovanni Gemini. Una Sicilia contingente e insostenibile, un incedere di luoghi stanchi e prepotenti, dove l’edificazione non ha più un sostegno dalla storia. Feudalesimo, Conti e Commercianti hanno imperato, diviso, ripreso, creato tradizioni e affastellato le stesse che si sono fuse e confuse. Santi, feste, bizantini, romani, vendita d’indulgenze e raccolta di salgemma. Il tempo ha lasciato un castello che domina l’abbandono e riserve naturali straordinarie dove, al di fuori di vicoli ingannatori, su giardini e chiese protetti dalle invasioni, la macchia siciliana di asfodeli, roverella e corbezzoli rimane intatta in mezzo al grano già trebbiato, che colora di ocra quell’unica terra rimasta a rappresentanza di una Sicilia dipinta più vera del vero. Perché, al di là di ogni giudizio e di ogni immaginazione, qui serve solo un recupero, un rispetto e un recupero. E così il ruolo del cantastorie non può essere emarginato nella follia della verità, ma deve essere sudato, affaticato, con il volto coperto di scorie e di ingiurie. Il ruolo di salvifico paladino è toccato a Nicola De Gregorio, improbabile menestrello assolutamente integrato nella maniera e nel saluto ma rivoluzionario nello sguardo e nel passato. Continue reading Etno-antropologia applicata alla terra… Nicola De Gregorio
Ti.Pi.Ca: un norcino può salvare la Sicilia?… Tino Pintaudi
Brolo è ritornata ad essere un giardino, quella che è stata e la stessa che è stata defraudata da anni di incursioni piratesche, non arrivate da un mare destabilizzante ma da uno sperpero edilizio che ha trasformato la costa da Messina a Palermo in un’arlecchinata. Con rare eccezioni. La consapevolezza ha portato a primeggiare nuovamente gli agrumeti, gli ulivi e i cipressi. I Nebrodi alle proprie spalle ad intimare tradizioni e allevamenti che non possono essere traditi. Al di là del pranzo tipico, della carne di crasto, del tumazzo e dell’arrustuta domenicale in taverne ormai all’uopo di qualunque curva, questa parte di Sicilia, schiacciata tra le montagne, i boschi e il mare, ha una rarità poco conosciuta. Il bagno è di per se stesso il fine turistico, il resto è scappatella e presa per i fondelli. Ormai il suino nero dei Nebrodi campeggia nelle parole di tutti i macellai e in tutti i menù dei ristoranti con un profilo social. Definire, continua a spostare le paure della gente e a corroborare il turista nella sua velleità d’esploratore. Così si addomesticano i maiali e si vendono le tradizioni. Però c’è ancora qualcuno che della serietà non ne riesce a fare a meno. Nonostante l’età. Questa è la storia di Tino Pintaudi, un ex tecnico alimentare che in meno di due anni ha rivoluzionato il mondo della norcineria siciliana. Senza clamori e senza che lo sappiano in troppi. Continue reading Ti.Pi.Ca: un norcino può salvare la Sicilia?… Tino Pintaudi
Blando alpeggio immerso nel paradiso… Giancarlo Galliano
Alpe Grangiasse. Sopra Sampeyre. La salita è inizialmente chiusa, alberi riversi sulla strada, carreggiata stretta e in controluce che rende impossibile schivare buche e avvallamenti. Poi su una curva si apre all’improvviso. Vista sul Monviso e vacche Piemontesi al pascolo. I tornanti lasciano spazio all’impossibilità di staccare le mani dal volante. I caducifogli diventano abeti e ritornano rocce. Il vento, in inverno, è talmente forte da non aver lasciato più nulla all’immaginazione. Il sottobosco è scomparso e riappare solo all’apertura di una conca, dove la vegetazione, le malghe e i pascoli riportano repentinamente alla cura altoatesina. Qualcosa di aperto, di verde chiaro, senza ombra, dove rimane una bellezza scoperta. Lì, a due passi dalla strada, un paio di kilometri sotto il Rifugio Meira Garneri, Giancarlo Galliano ha costruito il suo casotto dove vendere i formaggi, contestualizzato in un’urbanizzazione appena oltre il rurale e in un’archeologia di pascolo, e ha dato spazio alla sua mandria variopinta, in quel meticciato rappresentazione del bisogno prima che del pensiero. Nostrale grasso d’alpe, un semigrasso ogni tanto e con quel che resta burro zangolato a mano. Continue reading Blando alpeggio immerso nel paradiso… Giancarlo Galliano
Fioca: un giovane cuciniere che sta provando a far rilucere una valle… Il gelato di Juri Chiotti
Melle. Val Varaita. Una piazzetta tranquilla da cui basta ritrarsi e ritrovare il bosco in quelle fioriture spontanee che riportano al miele e al melo, ad un’origine etimologica che nella natura attinge e che nella natura dovrebbe placidamente ritornare. Ma qui il disinteresse per la radice ha lentamente tolto la maschera, lasciando improvvidamente fare, ai festaioli dalla sagra sempre pronta, la cultura agricola nella propria maniera, con facce sempre più sbiadite e sempre più rugose, turisti mordi e fuggi e giovani non troppo punti a vaghezza. E così per dare una svolta al retaggio culturale del Toumin, ripetuto come un mantra e attorno a cui ruota tutto l’affare mediatico della valle, rimasto in mani flebili o incaute, ci voleva la forza conoscitrice e gastronomica di un ragazzo tornato dal passato. Continue reading Fioca: un giovane cuciniere che sta provando a far rilucere una valle… Il gelato di Juri Chiotti
Toumin dal Mel: tra tradizione e modernità… Lucia Rossi e Bruna Garino
Borgata San Maurizio. Frassino. La storia della pietra e delle costruzioni eterne che riportano il sogno di una camminata domenicale, che fanno vaneggiare un inverno nevoso e costretto, con la neve ad impedire il passaggio. E così sei lì a guardare dentro dalla finestra, con la condensa ad oscurare il paesaggio e un bianco che è di altri mesi. Qui l’estate non è il tempo delle ferie, qui non esiste il tempo delle ferie, la lingua occitana prevarica l’empatia, i cognomi sono sempre gli stessi, l’abbandono della gioventù è l’abbandono della vita adulta, perché l’agro ha portato il sogno a compromettersi con la diffidenza e con le privazioni. Trasformare la sussistenza in bancarelle attiene al commercio, al fondo valle, a una mela caduta lontano dall’albero. Ma la nascita è altrove. Borgata Vittone, dove si fa risalire il Toumin, ora disabitata e remota, e Borgata San Maurizio, ultimo avamposto di un retaggio filogino, che ad oggi non vede un futuro a meno del baluginare di qualche nipote lontano. Continue reading Toumin dal Mel: tra tradizione e modernità… Lucia Rossi e Bruna Garino
Filiere di carni di montagna… GestAlp
Frassino. Valle Varaita. Il fondovalle si chiude, s’incurva, mostra solo le borgate appese alla roccia, rimanda l’immaginazione, rimane strettamente legato allo scorrere del torrente eponimo senza la libertà d’indagare. Il centro è uno svilupparsi di discreti ristoranti post-tradizionali, zimmer in confusione con la sede del comune, case diroccate e tetti in ardesia che riflettono la luce, corroborando la voglia di selvatico. La Val Varaita è un luogo sonnolento dove non far nulla per mesi per poi ritrovarsi assolutamente concorde con una vita di sacrifici. Percorsi occitani, poeti provenzali, intagliatori di legno, neofiti della solitudine: in una giornata estiva, dove il cielo è un bello sfondo su cui fermarsi, questi luoghi rimangono ancor di più un passo indietro al turismo, un paese di zii, Barba e cultura minoritaria. La saga popolare non ha molto da cercare, i volti della gente sono dirozzati perfettamente per giocarsi qualunque ruolo, anche quello del “gotico contadino”. Continue reading Filiere di carni di montagna… GestAlp
Anche il Grana Padano può avere la sua filiera… Sorelle Conti
Cividate al Piano. Profonda bassa bergamasca. Strade statali azzoppate dal cemento, un fiume Oglio di cui non si sente la necessità e una dedizione agricola che non è mai andata oltre il bisogno. Rispetto economico contadino che non è mai del tutto riuscito a ripulirsi. E così le evidenze rimangono le chiese e le botteghe che sono diventate vieppiù centri estetici per abbronzature lampo. Le rocche medievali sono lasciate al tempo che fu e a qualche immaginazione più fervida da poggiarcisi sopra quella volta al mese così per almanaccare un po’. Ora il dormitorio si è fatto stringente, i muratori e i carpentieri continuano ad edificare e la voglia di novità deve comunque passare dalla produzione. Così, un’azienda come l’Agricola San Giorgio ha potuto sonnecchiare per anni in una comunicazione di profitto agricolo e poi scoprirsi diversa, andargli stretto tutto l’apparato legato ai grandi formaggi italiani e riportare tutto a casa. Continue reading Anche il Grana Padano può avere la sua filiera… Sorelle Conti