Muscoline è quel lago di Garda nascosto che non produce turisti coi sandali e nemmeno Lugana. Ci si deve arrivare per un motivo. La spinta della folla è tutta portata verso i grassi idrogenati, la cartolina raffigurante e le oasi catulliane dove sollazzarsi al pensiero di un lago sepolto in mezzo ai suoi pesci sabbiosi e inquinati. Muscoline è uno straordinario esempio di mezza strada dove terminare un pomeriggio di un quarto di primavera. Mentre scende il sole, le colline si chiudono e la pace è l’unica forma mentis rimasta. Perché qui il fiorire spontaneo in mezzo alle vigne non ha portato disbosco ma semplici sentieri. Niente lago e niente valle. Il pensiero dell’artigianato deve essere una messa in pratica al di là di tutti i mestieri. Qui la comunicazione non te la regala nessuno e nemmeno la caparbietà inconscia della tenerezza, quella che fa progettare sempre qualcosa di nuovo, perché c’è il tempo dello sbaglio, c’è il tempo dell’almanacco e c’è il tempo della rapsodia. Ecco, Muscoline è un luogo nascosto. E le strade sterrate sono lì a dimostrare che la notabilità paesana deve essere sempre più una conquista. Continue reading Cascina Belmonte: la provvidenza dell’uva…. Enrico Di Martino
Viennoiserie Gian: il rispetto a metà strada…. GianLuca Musatti
Castiglione delle Stiviere è un posto magico nascosto dietro le colline, assolutamente religioso e assolutamente produttivo. Campanili e ciminiere. I colori pastello non spaziano ma comprimono e la sensazione è quella di trovarsi sempre nello stesso luogo. Paesi che andrebbero difesi dalla noia e proposti come avamposti. Sepolta la missione, quello che fuoriesce è un nugolo di stradine a scalare e di finestre a tornare. Curve su curve non pregiudicano quest’idea di chiuso, di paese, di piazza e di cortile che solo luoghi come questo possono sproloquiare. L’antichità è sospesa in un senza data, in quelle colonne portanti che girano tutt’intorno, non lasciando nulla oltre al tempo da perdere con la testa declinata. Qui la produttività turistica ha fallito la rincorsa al lago di Garda, lasciando i colli morenici ai motociclisti. La fuga, però, ha vieppiù creato un artigianato d’ammiraglia, dove le pasticcerie si assecondano, lasciando spazi nascosti in mezzo alle pietre primigenie di questi luoghi. Dentro queste corti lo stupore è la quotidianità e così Gianluca Musatti ha provato a tirar fuori un principio all’interno di una pasticceria sepolta, ravvivata e ri-sepolta. L’Antica Pasticceria Barzetti ha trovato un titolare che ha deformato l’anonimato, esplodendo il design. Continue reading Viennoiserie Gian: il rispetto a metà strada…. GianLuca Musatti
El Forner: la tradizione della panificazione…. Paolo Piantoni
Periferia di Brescia. Lì dove nascono le saghe familiari. L’autostrada infierisce passivamente sulla voglia di girarci intorno. Poi, per caso, t’imbatti in una casa in uno stile architettonico complesso, un po’ Sicilia feudale anglosassone e un po’ liberty, nel mezzo di capannoni senza senso e al di qua di quella campagna che diventa subito bassa padana, e non capisci più cosa stai cercando in quella selva di vie che non riportano nomi ma solo accenti di gente impaurita. Ecco, la periferia è un luogo dove ancora c’è tempo per una storia ancorché le origini non siano da cercare qui ma in centro. Qui ci si è arrivati attraverso il fenomeno espansionistico della copertura capillare dei quartieri e attraverso una comprensione: quello slancio d’oltralpe che costruisce laboratori fuori città e vende l’eccellenza all’interno della storia e dell’interesse turistico. Ecco, la famiglia Piantoni, azienda familiare molto più familiare della familiarità della porta accanto italica, ha capito il primo e unico principio della conservazione. Continue reading El Forner: la tradizione della panificazione…. Paolo Piantoni
La Bresse e il suo pollo
La Bresse è una terra divisa, in mezzo, con una geografia orgogliosa. È un luogo che è stato tradotto male per colpa di un animale e che di questo stesso animale ha il merito di innalzare il nome molto al di là dei confini. Il turismo non resta, si accampa in mezzo ai mercati, fa fagotto nei ristoranti ed esprime le proprie perplessità di fronte a ricette molto al di là del pensiero. Il Georges Blanc di turno rimane nascosto in uno di quei paesi che richiamano la tasca gonfia solo oltre il desiderio. Qui non si arriva per caso, nonostante la bellezza espressa. Si supera la “medievalità” del Maconnaise, i suoi castelli, le sue abbazie recuperate (Cluny), i suoi vigneti a metà strada e a mezza costa, e quella Saona che tutto racchiude e che soprattutto, mentre l’aurora è ancora un cinguettio arancione porpora, mostra al mondo la sua insicurezza di ettari di bosco, le fortificazioni di Brancion, i mulini e i fiumi in mezzo alle foreste di cipresso e quei produttori di capra (Chevrerie La Trufiere a Chissey è un ottimo indirizzo) che continuano imperterriti a lasciare l’estetica come impressione primigenia, servendo il gusto di quel previsto che non può mai essere disatteso. Perché l’artigianato è una salvezza e un confine, che non deve mai arrivare fino allo stupore, almeno nel calcolo. Continue reading La Bresse e il suo pollo
La Borgogna del Sud e le Charolaise al pascolo
Saona e Loira. Macon, capoluogo senza isterismo dove la tipicità francese si spoglia di raffinatezza per addossarsi le colpe di un meridione sapido e fascinoso, è una città che nel fiume lava tutta il suo multi-culturalismo. Viali larghi e poche persone, le pasticcerie sono l’ultima traccia di un rapimento tenue che in mezzo al verde non ha dilapidato le proprie ricchezze.Il cioccolato di Bernard Dufoux è di una bellezza quotidiana, da paese di ogni giorno, in modo che ogni angolo abbia la sua bottega, gusti pedissequi e la solita necessità di contrasto, la pasticceria di Joel Noyerie è fucsia, caotica e piena. Le monoporzioni sono raffinate e accatastate. Dacquoise perfette e l’Ideal Maconnais (dolce rappresentativo) ricco di una crema un filo troppo cotta. La città è l’ultima delle circostanze per trovare ancora legami e punti fissi, per riportare alla luce quella Borgogna fatta di filari millenari, di leggende assurde, di prezzi fuori dal mondo e di un’estetica assolutamente pulita e riguardosa. Qui, nella Borgogna del Sud, i vigneti sono meno catturati, i luoghi di confine che vanno verso il vino novello poco interessanti, i castelli chiusi, le rocche estreme unzioni turistiche e le stradine l’anima di una collina che lentamente inizia a farsi bosco e letame. I paesi hanno mantenuto intatti i colori della terra. Il rosa diventa marrone e le sfumature non sforzano mai, nemmeno nelle persiane o dentro i vasi. Appaiono meno e ovunque. Le cantine rimangono quasi stilizzate. Non c’è più una volontà se non quella della pioggia. Continue reading La Borgogna del Sud e le Charolaise al pascolo
Uno straordinario stracchino filologico… Osvaldo Locatelli
Corna Imagna. Piccolo centro montano defilato e perduto. Per un soffio sopra i settecento metri, il retaggio bergamasco non è più nemmeno una delizia. Qui non si passa per caso ma per assaggiare il territorio, per dare conformazione a quelle necessità di sopravvivenza che continuano a non interessare la bellezza. Così, accanto alla storia, sui declivi oltre-urbani, vengono continuamente aggiornate case in colori improponibili. Dal rosa neon al blu fiordaliso fino agli improponibili gialli svanimento-contemporaneo. La pietra rimane nascosta, appare sotto forma di cascina in mezzo ai boschi, ha la regolarità della stalla e il retaggio culturale della chiesa. La religione è vissuta come “sacro più che come santo” (cit.). Manca la discussione sulla libertà. L’imposizione è una tradizione che mette in luce i suoi riti e il suo passato. Garantisce un ordine. Il santo è un abisso e qui in mezzo manca il pulviscolo, il dubbio, la disperazione. È tutto molto chiuso. Il modello di appartenenza è ben chiaro. Carbonai, bottegai, allevatori, casari e “pecaprìde”. C’è solo da riscoprire, da tirare fuori, da dargli forma. E così l’incontro con Osvaldo Locatelli, un casaro che ha deciso per l’individualismo in un territorio di solidarietà e conferimento, è stato un inciso determinante… Continue reading Uno straordinario stracchino filologico… Osvaldo Locatelli
Il tesoro della Bruna e Antonio Carminati
Corna Imagna ha due affacci sulla valle. Una parte alla luce e una parte all’ombra. Il sole ha sempre determinato le attività, le coltivazioni e gli allevamenti. Vigneti, cascine, stalle e coltivazioni sono tutte orientate, lasciando all’altra parte un accenno di bosco, querceti, aceri, tigli ed agrifogli, e quella cupezza che si porta via la città arrivando al culmine del Resegone senza mai andare oltre. La bellezza rimane nel recupero. E così la decadenza dei fienili e delle stalle è stata rimessa in piedi grazie a quell’associazionismo che ha provato a salvare tutti, a quelle persone che hanno messo la cosa pubblica davanti all’interesse economico di comprarsi il televisore nuovo. Antonio Carminati è il genius loci con una voce e con un portamento. È stato sindaco, è diventato direttore del Centro Studi Valle Imagna e ha provato a portare a fondo la tradizione dei bergamini, dei formaggi, delle mulattiere, dei muretti a secco e di quell’ingresso caratteristico a forma di T, simbolo di una vita di sussistenza e di cooperazione. I fienili, i tetti in piode, dove l’ardesia viene disposta in modo da bilanciare le varie lastre e i secadur (dove la povertà delle castagne essiccate diventa perseveranza e tempo gastronomico) hanno lo sguardo di quell’estensore di cultura che non riesce a piegarsi all’abbandono. Il tutto passa dai libri, dai professori alla Michele Corti, dalle storie rugose e da quella libertà di non mettere mai da parte il decadimento. Così il fascino deve essere legato al restauro piuttosto che al tramonto. Il nord del mondo non è fatto di vicoli degradati e cantori di ballate senza un domani, è fatto di maniche rimboccate ed estensioni del piacevole. Continue reading Il tesoro della Bruna e Antonio Carminati
Pasticceria Alfieri: orme e destino… Cinzia Alfieri e Luca Lusetti
Correggio è un viale, una piazza e un porticato. Colori pastello poco più accesi, un acciottolato senza disguido e quei ritrovi da mercanti che delle erbe e della vendita han fatto tutto un tondo. Con una spiccata personalità da orologio in bella vista e da parlantina da bancarella, il popolare è l’anima di un luogo artistico per predilezione, quasi per definizione. L’accadimento è talmente climaterico da essere tenuto fuori dal ponderabile. Così le villette basse, le aziende, i vitigni, l’uva Ancellotta e quella periferia da dadi procrastinati vengono trasformati in esoterismo, in possibilità di rivoluzione e in magia disillusa. Correggio è la sua atmosfera, è quella perpendicolarità che non porta da nessuna parte se non verso la chiacchiera, verso la conoscenza e verso il vicino di casa. Qui si può ancora sperimentare senza manicomi. Poi i risultati sono ondivaghi… ma qualcuno che ha provato a far più di un sapone e di due accordi c’è stato e c’è ancora. Così è possibile imbattersi in due pasticcieri senza una tradizione alle spalle che hanno trovato il punto zero e da lì sono partiti. Continue reading Pasticceria Alfieri: orme e destino… Cinzia Alfieri e Luca Lusetti