Ragusano di Modicana e misteri… Giovanni (e Rosario) Floridia

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Ispica. Contrada Scorsone. Cava. Spaccafurno. Carote. Muretti a secco. Mare in lontananza. Provincia di Siracusa a due passi, molto oltre il territorio. Allevamenti di vacche, stalle di vacche. Strade senza uscita e strade senza fine. Cartelli stradali inesistenti. Cancelli che si aprono sul nulla e cancelli che si chiudono sulle spiegazioni. Cellulari e navigatori navigano nel nulla di catacombe e grotte che riportano a chi sa chi e a chi sa dove. Troppi soldi per esplorare valli fluviali da un passato prima del terremoto e da un passato dopo il terremoto. Ispica è un po’ barocco e un po’ liberty con quella difficoltà colloquiale che mette cemento di fianco a stupefazione. Così, raggiungere l’azienda di Rosario (Giovanni) Floridia è una buona impresa. Di modicane al pascolo ce ne sono poche, ci sono omonimie da brune alpine e una via che non porta da nessuna parte se non sull’orlo del precipizio della Cava d’Ispica. Proprio lì c’è l’azienda Floridia. Continue reading Ragusano di Modicana e misteri… Giovanni (e Rosario) Floridia

Antica Dolceria Bonajuto da tutti i punti di vista… Pierpaolo Ruta

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Modica. Una delle roccaforti del tardo barocco. Un terremoto et voilà trecento anni di storia a nascondere bene rughe e crepe. Due duomi, una città alta e una città bassa, una conca dove nascondersi, delle tradizioni inscalfibili e, soprattutto, una ricchezza “bella” che non può che far tornare. Strati di case, vicoli e scale che non portano da nessuna parte. Una rocca a dominare il tutto, un fiume interrato che ha trasformato la Venezia del sud in qualcosa di rarefatto, quasi inesistente. Modica è campi lunghissimi e ritmi lenti, le macchine in coda non hanno fretta, le persone si schermiscono dal sole. Campanili, chiese e ancora campanili. Il barocco è l’apparenza di una struttura medievale che torna sempre sui suoi passi. Questo luogo è un pensatoio naturale, senza vie di fuga. Non si può fare altro che immergersi. È meno manifesta del presepe di Ibla, dell’illuminazione di Scicli o del color deserto dei viali di Noto, ma ha la follia incasinata di una Sicilia meno condita. Continue reading Antica Dolceria Bonajuto da tutti i punti di vista… Pierpaolo Ruta

La magnificazione del pomodoro… Famiglia Lucifora

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Chiaramonte Gulfi. Piano dell’Acqua, una delle tante contrade nascoste sotto i teloni dell’uva da tavola. Il confine con la provincia di Catania alza la vista sulle serre e incomincia a vorticare in tondo e in discesa. La provincia di Ragusa rimane protetta su un altopiano, come a differenziarsi. Due di un pomeriggio agostano. La religione della pennica è molto oltre questi luoghi, il silenzio è un silenzio macchiato. Il fraintendimento diventa attesa. I frantoi non danno più nemmeno sollievo. Così le foglie di una pianta di fico sono il messaggio più chiaro della provvidenza. Frutti caduti, essiccati al sole sui gradini di scale impiastricciate, dove la tentazione della mano appiccicosa è talmente lusinghevole da non avere antitesi. Le aziende sono un contrasto di prefabbricati nascosti e cancelli arrugginiti dietro cui lasciare sbattere i soliti due cani denutriti. Piano dell’Acqua è autosufficiente ma non dà mostra di sé. È difficile andare oltre le foglie, è tutto molto solidale con l’orario. Una panca di pietra, operai senza etichetta e Giovanni Lucifora che spalanca le porte della sua trasformazione… molto complessa da trovare. Ecco il nascondimento di chi non fa olio. Continue reading La magnificazione del pomodoro… Famiglia Lucifora

Autarchia siciliana… Giovanni Parisi

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Scicli. Territorio di Scicli. Muretti a secco vista mare, strade senza indicazioni stradali, ulivi e carrubi. Tra Donnalucata e Sampieri il mare è una questione di stime. Qui, Montalbano ha preso le case diroccate e le ha trasformate in pentole piene d’oro. In meno di vent’anni. La fornace Penna, o Pisciuottu per gli abitanti della zona, è stata la volontà di potenza del Barone Penna che, ad inizio Novecento, ha cominciato a produrre laterizi a bordo del mare. Bruciata vent’anni dopo, è rimasta lì, archeologia industriale di potentati folli che avrebbero potuto costruire anche sopra le onde. Fascino codardo, tempio del lavoro e ciminiera molto oltre qualsiasi decadimento. Questo è il nostro tempo e il nostro abbandono. Lasciare Sampieri, il suo mare e i suoi forni presi dalla vegetazione, è un’imposizione. Giovanni Parisi è l’obiettivo di un territorio che comincia a mostrare le prime serre e le prime contrade senza definizione se non data da qualche curva. Continue reading Autarchia siciliana… Giovanni Parisi

Oleificio Gulino: la magnificazione della Tonda Iblea… Fratelli Presti

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Chiaramonte Gulfi è il suo olio e la sua cultivar. Qui tutto è indissolubile, non ci sono privazioni, ci sono solo sofisticazioni da mercato della sansa. Oltre mille produttori di olio, più di dieci tra frantoi e oleifici. Ci sono molti più ulivi che persone. Qui l’olio è un business, un retaggio del passato, la prospettiva di un lavoro, il mantenimento di una posizione, una vendita da pietra in bella vista, un’intrusione turistica, un autunno senza pietà, lavoratori stagionali, una sussistenza al di là di tutto, ma soprattutto molte (o troppe) olive magnificate e arrivate con camion dalla Valle del Belice. Continue reading Oleificio Gulino: la magnificazione della Tonda Iblea… Fratelli Presti

La magnificazione del maiale… e non solo. Massimiliano Castro

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Chiaramonte Gulfi. Tornanti e piante di ulivo a perdita d’occhio. Il paese è stato nascosto da anni di ingerenze edili e costruzioni frangi-vista che non richiamano nemmeno alla scoperta. La salita è un luogo stanco di case affacciate sulla strada, di anziani di paese e di confine. Qui, arrivano l’influsso dei Monti Iblei, i profumi di timo, un po’ di upper class alla ricerca dell’eremo dove etichettare i prodotti agricoli poco “prodotti” e un retaggio con la provincia di Catania che appare subito dietro l’angolo, con le sue fruizioni paesane e la sua noncuranza afosa. Chiaramonte ha una storia pre-ellenistica, dei villaggi rurali, dei santuari, case basse in pietra e balconi in ferro, una vista illimitata ma soprattutto dei gioielli nascosti. Questa è un’enclave di saperi, ritorni e vicoli medievali. Si produce l’olio e si magnifica il suino. La terra d’elezione di scrittori e pittori è diventata un luogo dove è necessario chiedere per non rimanere fregati. Ma quando si trova, tutto si rasserena. Così, in una piazzetta dal parcheggio facile, dietro una porta senza insegna, va cercato, a discapito della facilità, un norcino-macellaio dalla parlata spuria: Massimiliano Castro, un uomo con delle idee… Continue reading La magnificazione del maiale… e non solo. Massimiliano Castro

Artigianato e professionismo (o L’elogio dell’errore)

professionismo

Il paradosso della téchne ha vinto. David Foster Wallace e Philip Dick avevano preconizzato quasi tutto. Se un esito destinale doveva essere, al di là dell’esistenzialismo e del nostro passaggio sulla Terra, è stato. Se gli oggetti, e qui Heidegger ci ha portato fuori e nessuno ci potrà più far rientrare, esistono, esistono come uso prima che come valore. L’utilizzabilità ha creato il bisogno, allontanando il “fine per il fine” e dando al “mezzo per il fine” l’ultima spendibilità di maniera. L’orizzonte è stato oscurato da una massa di formatori di portata eccezionale. E così l’era del benessere si è trasformata nell’era delle continue domande e delle continue risposte, nell’inadeguatezza al sapere totalizzante e nel sofismo come prima forma d’essere. Così, la poesia della natura si è riadattata nella certificazione biologica, nel preparato 500 dinamizzato, nella difesa degli alberi, nell’indignazione per gli orsi uccisi, nel veganismo dilagante, nella lotta alle emissioni di anidride carbonica e a quello che fu l’allargamento del buco dell’ozono, nel benessere animale impossibile, nella vecchiaia come unica forma di morte giusta e nel rispetto verso colui che il rispetto non lo può mai contraccambiare visto che ne è privo: un’elemosina figlia dei tempi e del fatto di dover trovare per forza una fede alternativa al Cristianesimo. L’anima della bestia è hobbesiana non gandhiana. E cazzo, l’animale non è perfettibile, non è migliorato, non ha letto Marcuse e non ha deciso di trasferirsi in città dalla Marsica, lamentandosi poi dell’inquinamento. Non ha mai “imparato” una tecnica per produrre qualcosa. Continue reading Artigianato e professionismo (o L’elogio dell’errore)