Non ci vogliono più far masticare? O sì?

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Istanza di principio per controbattere una tesi Scolastica.

Il cucchiaio ha preso il posto del coltello e il palato quello dei denti.

È un’impressione, non è corroborata da nessuna teoria scientifica e nemmeno dall’etimo legato all’antropologia di Levi Strauss. Io pretendo il “dente gourmet”. È come se nei grandi ristoranti la bellezza ricercata, quasi ossessiva, sicuramente azzimata, sia diventata un’estetica del torpore inerte. Il cliente non deve fare fatica. La cucina scientifica è una ricerca del superamento dell’ostacolo, di una tendenza ad infinito verso la Certezza. Così, togliendo l’errore, si toglie la fatica e, togliendo la fatica, si tolgono i denti. Rimane solo il palato, il molle, l’informe, il deforme. Continue reading Non ci vogliono più far masticare? O sì?

Esistono ancora i gelatieri… Alberto e Anna Sogaro

SAN GIUDA

San Donato Milanese non è un luogo, è una comunità di dipendenti, ex dipendenti, figli di ex dipendenti, nipoti di ex dipendenti, che ruota tutta intorno alla Eni. C’è una tangenziale, ci sono delle concessionarie, qualche industria, una stazione della metropolitana e un cane a sei zampe che contempla tutto dall’alto. San Donato è un posto privo di qualunque diceria. È tutto lì, talmente chiaro da essere quasi programmatico. È una definizione metonimica che prende Metanopoli e la fa diventare una città talmente ideale da renderla distopica. Continue reading Esistono ancora i gelatieri… Alberto e Anna Sogaro

Pastai a filiera corta… Antonio Camazzola

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Castel d’Ario dopo pranzo ha la stessa aria di Castel d’Ario prima di pranzo. Forse le strade si allargano un po’ di più o forse è solo la cinta. Il mio anfitrione, Marcello Travenzoli, è la più dissacrante guida turistica che potessi trovare. Castel d’Ario non viene nemmeno nominato, il centro viene palesemente snobbato così come l’assenza di qualcosa che non siano villette ad un piano. A lui interessa il prodotto, il ruminare, il coltivare, il brandire dei libri diventati zappe in una notte di plenilunio e di indisponibilità d’idiozia indotta. Castel d’Ario, se avesse più barbe, delle riviste che non siano elenchi telefonici scritti da messi comunali e delle tavole di legno eco-componibile, non sembrerebbe comunque Portland. Continue reading Pastai a filiera corta… Antonio Camazzola

Baffi surrealistici e cereali post-antichi… Marcello Travenzoli

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Castel d’Ario. Il paese del riso alla pilota e di Tazio Nuvolari. Case basse e campi di Vialone Nano. L’antropizzazione è un fatto più sociale che territoriale. I posti si definiscono attraverso i luoghi comuni. Il salame è un passa parola così come il mangiar bene. Qui non ci si riconosce nei dogmi. Il Veneto si è portato via ricchezze e povertà. Qui, al confine dell’impero, in una traccia climatica dove la nebbia è nebbia, le zanzare sono zanzare e il caldo stempera la voglia di cercare altrove, la primavera non sa ancora decidersi. Continue reading Baffi surrealistici e cereali post-antichi… Marcello Travenzoli

Il nome è un presagio di pasticceria… Grazia Mazzali

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Governolo. Parco del Mincio e frazione di Roncoferraro. In quell’angolo di Lombardia così remoto da togliere la poesia del viaggio da compiere. Il sapere di essere in un crocevia di culture e sensazioni non aggiunge nulla alla difficoltà dell’approccio. Se parti da Milano, hai due scelte: o circumnavighi e arrivi da altre regioni oppure ti appresti all’ignominia politica del traffico. Probabilmente i notabili locali non sono stati così influenti da costruire una linea retta. Questo mantiene pudore e senso. Ed è tutto lì, al di là della bellezza. Tra i pescatori del Mincio e i pioppeti, si alternano capanne, approdi e paesi. Il resto è piatti tipici e identità popolare. Continue reading Il nome è un presagio di pasticceria… Grazia Mazzali

Fare il contadino o vendere ai russi?… Angelo Viscardi

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Bergamo, città alta. Impossibile? Invece no. Esistono ancora dei centri storici a vocazione agricola, anche se, lentamente, la bellezza dei tramonti, lo sguardo austero sulle mura e sulle fortezze, la natura punteggiata dalle abitazioni, le cascine rimesse a lusso, stanno lasciando spazio all’incoerenza dei cipressi, alla bellezza come gioco universale, agli ulivi di ricchi imprenditori di ricchi oli, alla desaturazione degli orti e degli agricoltori in una bellezza senza tempo, dove anche piscine e caserme della finanza riescono a trovare il loro posto mimetizzato. Qui, era pieno di contadini che lavoravano sopra il petrolio. Continue reading Fare il contadino o vendere ai russi?… Angelo Viscardi

Un eroe rurale… Giacomo Perletti

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Oltressenda Alta. Comune sparso. Un solo obbligo: il passaggio da Villa d’Ogna. La Val Seriana si fa natura ma non dimentica la sua vocazione. Così la Festi Rasini, azienda manifatturiera, ruba la scena a qualunque implosione emotiva. Non ci sono fili d’erba e nemmeno torrenti. C’è solo un complemento d’arredo chiamato bosco. Così le ciminiere, i mattoni refrattari, i tetti a shed, i colori bruciati, i vetri rotti, il cemento da minestrina serale, tolgono la nebbia industriale, mantenendo intatto il proprio monumento. Rimanere sarebbe un vile espatrio, così sono costretto a rimirare tutto dall’alto, dove la natura è stata costretta a ritornare natura. Continue reading Un eroe rurale… Giacomo Perletti

Un dolce autentico… Giancarlo Cortinovis

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Ranica. Un paese troppo vicino a Bergamo e non ancora Val Seriana. L’industria del tessile e quel fascino archeologico non hanno ancora del tutto preso le anse del fiume Serio. Ma già hanno la loro meditazione. L’acqua ha portato una rivoluzione industriale e investitori stranieri. Più la valle sale, più ciminiere e fabbriche mostrano la loro fatica. L’abbandono è un viatico più che un pensiero. Mattoni refrattari, fornaci, vetri rotti, ponti scoscesi, bordi del fiume, ponti in acciaio e legno, rapide in serie e un continuo cambio di paesaggio. Ranica è solo l’accenno di un’archeologia industriale che, in mancanza dell’Unesco, dovrebbe essere tutelata quanto meno dall’etica pura di fottersene del popolo. “Pane e fornaci” sarebbe il motto di una zona che dovrebbe vivere sul fascino della dimenticanza. I fallimenti, gli scioperi e l’abbandono non sono buone maschere per il sabato pomeriggio. Continue reading Un dolce autentico… Giancarlo Cortinovis