Andrate. Sommità della Serra Morenica, oltre quella provincia boschiva che è manifesto e manifesta. In mezzo tra il Canavese e il Biellese, sfiorando la storia delle glaciazioni, questi paesi refrattari alla modernità non attecchiscono nemmeno più nel passato. Siamo in un anacronismo di compromesso, dove la natura è andata a soggiogare tutto il resto. E le dedizioni più grandi si trovano in mezzo agli alberi, sopra i ruscelli, in quell’andare scomposto che è strada di montagna appena accennata e franata nel desiderio. Perché qui il caso non è una buona soluzione né per l’avvento né per la fuga, ci devono essere motivi chiari e sotterranei, un qualcosa che condivida questi mille metri e non te li ritorca contro. Stavolta la scelta è ricaduta sulla pecora, sui suoi formaggi e sulla lontananza da qualunque tradizione. Continue reading Rionca: pecore e dedizione… Claudia Franzino
La Bruera: salumi e storie contadine… Umberto Scopel
Cossato. Altopiano baraggivo. I torrenti scavano, facendo emergere la collina e quel po’ di vigneti in mezzo a cascine da ultima prateria padana, senza affezioni e senza estetiche conniventi. I confini del mondo sono un’aggressione alla semplicità, qui sopra, ci sono le curve, quel po’ di fascino mascherato e un orizzonte più vicino. I campi coltivati si alternano ai boschi e la terra diventa l’immagine di una sintesi che è transizione tra i rilievi alpini e lo sconfinato antropizzato. Le fabbriche si nascondono, mentre l’abbandono del poco fertile e dell’alta acidità non ha riadattato il tempo alla funzione. Questo è un margine, una brughiera atipica brada e senza troppi controlli. Una terra santa, come diceva l’antico maestro/contadino di Umberto Scopel… meglio poca che tanta. La savana europea è sempre la maniera migliore per definire questi luoghi. E in assenza di antilopi, a guidare il racconto sarà il maiale… Continue reading La Bruera: salumi e storie contadine… Umberto Scopel
L’Abbucciato Aretino tra latte crudo, campi di girasole e pecore sarde… Vinicio Giallini
Laterina. Sulle strade dissestate del Ciclone, in quella campagna che è Toscana, intimità, nostalgia e senso di onnipotenza. Il paese si allunga su colline frantumate, dove le strade bianche sono una delle ultime forme di relazione pre-logiche. Qui si ragiona a distanze, a viste, a ponti sul fiume e a case diroccate, ci si riconosce, si percepiscono i girasoli anche in un inverno mite, con i campi dissodati e l’estrema cura come via di mezzo del partitismo e della cultura. Qui i soldi sembra non siano mai mancati. Nonostante tutto e nonostante l’orgoglio, ogni tanto, decada, perdendo di vista la tradizione a favore di un ammodernamento, questi paesi sono un baratro di struggimento da cui è difficile allontanarsi. Si va verso l’aia, si guardano i colori del crepuscolo, ci si lascia stordire dagli accenti diretti e nebulosi e non si vorrebbe più venir via. Se poi ci mettiamo delle pecore e un formaggio agognato, il quadro assume i toni di quel velato malinconico a cui non ci si può opporre. Continue reading L’Abbucciato Aretino tra latte crudo, campi di girasole e pecore sarde… Vinicio Giallini
Qualità dentro la quantità: la storia e il desiderio… Panificio Menchetti
Cesa (frazione di Marciano della Chiana), la provincia di Arezzo, buona parte della Toscana e oltre. Una piana che si apre verso l’appennino e delle colline basse che non riportano l’idea della palude, della sua bonifica e delle sua razza da lavoro, la Chianina. Qui ci sono lunghi rettifili, poche curve, molto spazio, frutteti (pesche e mele) non troppo dispersivi, i soliti cipressi ad ammantare il fascino di déjà-vu e rinascimento in lontananza a chiudere un quadro dissestato e disomogeneo, dove l’industrializzazione si è ben completata e la ricchezza diffusa è stata costretta in mezzo alle rotonde e a qualche prefabbricato di troppo. Qui si produce anche, il turismo non è sempre un girasole e i filari non si esauriscono nell’autarchia. Eppure Marciano è un piccolo gioiello dove basta l’italiano. Qui si è sviluppata, negli anni, l’attività della famiglia Menchetti, qualcosa al di fuori dei confini… Continue reading Qualità dentro la quantità: la storia e il desiderio… Panificio Menchetti
Follie toscane, salumi, osti e una gentilezza rude… Luca Basagni
Alberoro. Monte San Savino. Corsi d’acqua, case basse come a delimitare il senza senso, frutteti distanti dalle origini paludose e un incedere corretto che della Val di Chiana porta fuori produttività e accenni di nobiltà. Il classico caso, quello che non attiene al merito e che si porta dietro la frustrazione per non esserne attore, e il mio interesse verso i salumi mette in moto un turbinare di sorrisi, di ironie, di celie e di opportunità che certi toscani non possono lasciarsi sfuggire. E così spostare l’attenzione da sé, mettersi in secondo piano, raccontare la storia di un altro nonostante il lignaggio, ha fatto sì che Marco Menchetti mi trascinasse con molte precauzioni e una buona dose di terrore fin sulla soglia della porta di Luca Basagni, del suo agriturismo e della sua insana forma di dedizione. Insana perché disabitata. Continue reading Follie toscane, salumi, osti e una gentilezza rude… Luca Basagni
Tra Chianine e maiali grigi, il macellaio non ha scorciatoie… Simone Fracassi
Rassina. Castel Focognano. Un Casentino più stinto, appena accennato, teso all’industrializzazione, dove le miniere hanno dato lavoro, portando via alla Toscana la Toscana stessa. Qui il turista è il pellegrino che non si ferma, che mira agli eremi e alle foreste, in quei parchi, tra castelli diroccati, dove la dolcezza collinare si ricopre di nebbia e aumenta d’altezza. Il selvatico e il centro storico rimangono più distanti, hanno bisogno di più fede, di strade che si stringono, di viste mozzafiato che quest’angolo di mondo lascia desiderare e non sempre porta a compimento. Il ricreativo pare non sia un tempo dedicato e così, fermarsi in piazza, ascoltare l’accento poco didascalico di chi col prossimo non si è mai preso troppo seriamente, non rispettando età, condizione e classe, pone nelle giuste confidenze quella voglia di leggerezza che trascende e non impegna. Qui non si recita, non si finge la bellezza e non si regalano ossa da mordere, i rapporti sociali sono un romanzo giornaliero dove perderci la testa. Qui, Simone Fracassi officia ogni giorno i suoi riti e le sue realizzazioni. Continue reading Tra Chianine e maiali grigi, il macellaio non ha scorciatoie… Simone Fracassi
Una pasticceria senza punti di riferimento… Marcello Rapisardi
Milano. Piazzale Bacone. Quando i legami tornano e rientrano, questa città mostra sempre quel po’ di gratitudine invernale che, nella foschia di una meta sbiadita, non riesce più a compiacere se stessa. Ogni tanto, si affaccia qualche artigiano che riesce a farmi ricredere sulla punizione di vivere in questo luogo, senza più origini e incapace di approcciarsi all’ortodossia come alla diversità. La sbandierata apertura, il diniego della provincialità e il multiculturalismo come rotondità imperante han cominciato a farmi apprezzare i semafori. Quegli stop indotti che fanno sprofondare su una poltrona, senza la preoccupazione di nessun vicino, di nessuna chiacchiera e di nessun saluto. La Milano intima, quella condotta in maniera algida, priva di confidenze e con luci fioche che si spengono in cucine introverse, quella dei menù dei tavoli singoli o delle domeniche con la nonna, dove le livree si alternano ai semifreddi Bindi, la stessa che riporta la centralità del bancone, del riservato rapporto col cliente e della bottega come salvezza dalla tapparella abbassata. In questa Milano, trovare un pasticciere milanese, per di più giovane, in un’anacronistica pasticceria di quartiere, attiene a quella transcultura che ci rende milanesi e riconoscibili. Continue reading Una pasticceria senza punti di riferimento… Marcello Rapisardi
A Berlino i giorni si susseguono…
Berlino. L’impatto della mia adolescenza fuori dalla bambagia, il primo viaggio, quell’olfatto di strada bagnata e lattiginosa, dove il tempo della contrazione stava già diventando sottrazione e sgomento. Era una Berlino maggiormente definita, schiva e lasciva, come solo le lettere consumate sanno essere, si usavano ancora taccuini e penne Bic, c’era il rimorso di aver sprecato così tanto tempo e l’esaltazione di trovarsi sulle strade della propria vita, così poco capita e ancor meno condivisa. C’era e per certi versi c’è ancora. Il cielo è logoro, gli spazi sono immensi, il fragore è una continuità che si leva per caso, il socialismo è divenuto l’opportunità da non sprecare, i plattenbau sono talmente esposti da non essere nemmeno più sacrileghi, l’iconoclastia è diventata quell’opportunità e Berlino l’ha colta alla perfezione. Il sostegno si è capovolto più volte, quello che era centro è diventato periferia e viceversa, ha mancato di poco la libertà, pur spacciandola attraverso il concetto di vuoto, di ripetizione, di facilità, di arbitrio. Berlino è un’exclave apolide, uno di quei luoghi che tutti hanno voluto, desiderato, odiato, dove si sono formati, hanno soddisfatto la propria adolescenza, dato un nome alle proprie nostalgie e un tenore alle proprie nevrosi. È la città di tutti quelli che nel sogno industriale non hanno mai smesso di credere. Continue reading A Berlino i giorni si susseguono…