Rassina. Castel Focognano. Un Casentino più stinto, appena accennato, teso all’industrializzazione, dove le miniere hanno dato lavoro, portando via alla Toscana la Toscana stessa. Qui il turista è il pellegrino che non si ferma, che mira agli eremi e alle foreste, in quei parchi, tra castelli diroccati, dove la dolcezza collinare si ricopre di nebbia e aumenta d’altezza. Il selvatico e il centro storico rimangono più distanti, hanno bisogno di più fede, di strade che si stringono, di viste mozzafiato che quest’angolo di mondo lascia desiderare e non sempre porta a compimento. Il ricreativo pare non sia un tempo dedicato e così, fermarsi in piazza, ascoltare l’accento poco didascalico di chi col prossimo non si è mai preso troppo seriamente, non rispettando età, condizione e classe, pone nelle giuste confidenze quella voglia di leggerezza che trascende e non impegna. Qui non si recita, non si finge la bellezza e non si regalano ossa da mordere, i rapporti sociali sono un romanzo giornaliero dove perderci la testa. Qui, Simone Fracassi officia ogni giorno i suoi riti e le sue realizzazioni.
Famiglia materna di macellai, famiglia paterna di barrocciai, inizialmente macelleria a Rassina, poi trasferimento in montagna, a Chiusi della Verna, dove Simone cresce, prima del ri-trasferimento a Rassina, dove è ancora oggi. L’adolescenza è quella della scoperta delle stalle con il nonno, il nomignolo di “ciaccamerda” dato dagli amici e dovuto allo stato delle scarpe durante le partitelle, e la Chianina che inizia ad intrufolarsi nella sua mente come missione. E anche quando le porcilaie erano piene di Largewhite e il Casentino boscoso non dava adito a sollecitazioni neuronali, il maiale nero stava già diventando una possibilità. Così, sulla ruota del Chini di Gaiole, a metà anni ’90, dopo decenni di abbandono, Simone ha ricominciato a cercare allevamenti, dando il la ai suoi salumi di nero. Però da queste parte ci sono sempre stati suini grigi e rossi; More Romagnole e Cinte Senesi, nel fluire placido delle surrogazioni, venivano incrociate con i Rosa pesanti e si sfruttavano pascoli e boschi. I prosciutti venivano fatti in maniera casalinga, affumicati sopra il camino, speziati e stagionati in cantine naturali. Così Simone si è dovuto adeguare, insieme ad un manipolo di allevatori, guidandoli, comunicativamente e fattivamente, a rimettere a dimora e allo stato brado i maiali grigi.
I locali della macelleria sono esigui, le frollature delle Chianine partono al macello e si esauriscono sottovuoto nelle celle del laboratorio, gli allevamenti, esigui e intimi, sono chiaramente certificati, i salumi sono quelli della tradizione, sono molti, con il Grigio al centro e razze nere meridionali decentrate. Simone ha le sue ricette e qualche trasformatore che gli mette a punto sughi, trippe, ragù e crostini neri, lavora blandamente pulito nel macinato, e con pepe, sale e aglio nei pezzi interi. Il prosciutto ha un grasso a metà strada, è pieno in bocca, languido, si scioglie, a volte l’aroma è eccessivo a volte perfetto. La culacciona (la sua Finocchiona fuori dal consorzio), che nasce per infinocchiare i nobili bevitori di vini difettosi con la sostituzione del pepe con il finocchio, non è il mio prodotto, ma gli riconosco un pregio: infinocchia i vini difettosi. La Chianina, sia nella bistecca che nei tagli più connettivi, come il diaframma, rispecchia l’autentico, le lunghe frollature non ammazzano il coriaceo e si mastica ancora con i denti che affondano in quel grasso, non del tutto marezzato, bianco candido. Qui arrivano il giusto pascolo e il poco irrancidimento.
Simone, insieme alla moglie Catia, straordinaria lirica dell’attesa, celebra il tempo del cliente e ne arbitra le dispute e i vernacoli. Rimanere lì è oltre il racconto, è già romanzo. Così la sospensione del tempo, dove la narrazione si mescola alla leggenda, le celle s’ingrandiscono, i salumi pendono dal soffitto e l’animosità non è mai una forma di codardia, passa oltre, legata ad un macellaio che ha diversi registri, molti luoghi e una sola lingua, quella che chiede a McDonald’s 3 milioni di euro per firmare il panino con la Chianina (chiaramente rifiutati…) e la stessa che, alle due di notte, chiama gli alti funzionari di Slow Food per rimettere ordine all’interno dei presidi… a volte ferro, a volte piuma, a volte epopea… crederci o perdersi è questione di dettagli…
MACELLERIA FRACASSI
PIAZZA MAZZINI 24
RASSINA – CASTEL FOCOGNANO (AR)