Treviglio, Pianura Padana e cattolicesimo. Da qui non si può scappare. La si scorge dallo skyline mentre ci sia avvicina alla città, quella nebbiosa devozione che non c’entra nulla con quello che appare. Luoghi tra fiumi, rogge e fontanili, gli angoli perduti di Treviglio non sono più nemmeno in filigrana, sono una lenta processione nera sull’influsso al cambiamento. Conservato e conservatore, con le sue basiliche, i suoi santuari e le sue chiese, l’incedere è apodittico, non mostra lati oscuri, non lascia le certezze per una rivoluzione mancata. Qui, al trivio della Gera d’Adda, gli operai han sempre coltivato gli orti e la devozione, le costruzioni tutt’intorno erano un monito a non distrarsi, ad avvoltolare le loro piaghe sociali, dedicandosi a qualcosa d’indefinito. E così si definisce, si genera, si cresce e si prolifica. Treviglio è sempre apparsa come la reazione di una civiltà. Continue reading Tilde: panificazione domestica in trasformazione…Simone Conti
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Micro-Torrefazioni, il caffè che non cede il passo… Maurizio Valli
Bergamo non più divisa, Bergamo città di artigiani e principi dimessi. E così, una mattina qualunque di un giorno qualunque, mi ritrovo per le mani l’impossibilità al diniego. Devo andare in città e scoprire se qualche artigianalità intatta è sopravvissuta alla dipendenza. Come poche città italiane, Bergamo è ancora in grado di ospitalità, ha una borghesia affettata, delle facciate proditorie, un crepuscolo coinvolgente e accecante, e rimane se stessa al di qua di mode che insistono e necessariamente se ne devono andare. È un centro pieno d’interesse, dove gli artigiani riescono ancora ad aprire le loro copie conformi e dove esiste una realtà conclamata di qualità al di là di tutto. Delle lamentele, della città morta, della borghesia imperante e del tedio esistenziale. Non bisogna necessariamente scappare e pregare, si può rimanere, portando avanti l’impossibilità all’oblio. Continue reading Micro-Torrefazioni, il caffè che non cede il passo… Maurizio Valli
Tecnica e forma in una provincia apparente… Ivan Morosini
Torre Boldone è il primo rustico appena fuori Bergamo. Una di quelle località rarefatte e denuclearizzate, dove rimanere è più una facilità che una velleità. Sulla via Mercatorum, dove il boschivo è diventato agricolo, si è trasformato in fornaci svizzere, cristallizzandosi nell’urbanizzazione contemporanea senza più spazio per un orizzonte, Torre Boldone è diventata una concrezione di più rimasugli, un lascito geografico che lamenta se stesso. E così, con Bergamo dietro l’angolo, e le valli appena abbozzate, le fucine artigiane han preso l’archeologia industriale riattualizzandola sulla strada. E in uno di questi incroci di case basse, interpretazione del benessere, Ivan Morosini, da qualche anno, sta provando la sua strada verso una panificazione dal compromesso sempre più allentato.
La famiglia di panettieri non è stata comunque una costrizione, ha dovuto prendere il posto di suo fratello ma alla sua maniera. Ha fatto dei corsi con Giorilli a Bergamo, annusando la possibilità di una lievitazione altra. È entrato in Richemont, appoggiandosi a quei maestri riconosciuti e riconoscenti che non danno mai (?) nulla per scontato, e si è dedicato alla quotidianità e ai concorsi. Perché a Torre Boldone le soddisfazioni, attraverso la ricerca di antiche varietà di mais autoctoni, non te le puoi togliere. Il plauso te lo devi andare a cercare. Continue reading Tecnica e forma in una provincia apparente… Ivan Morosini
Un macellaio che non si accontenta… Angelo Bergamini
Poncarale è stato una pieve, si è trasformato in un borgo, è diventato un luogo dove coltivare la vite ed è rimasto un sistema di abitazioni dalla sola rilevanza demografica. Il pomeriggio invernale rimane chiuso dietro tapparelle e immigrazione costretta ad uscire per darsi un tono e dimostrare di avere un paese. Perché una pianura che prova a nascondersi non ha più nulla da ridare indietro. E qui la gente va avanti e indietro e difficilmente sa dove fermarsi. Soprattutto quando le feste finiscono, le luci si spengono, il fragore del Mella continua a non affascinare e la Bassa a nascondere i suoi allevamenti dietro estensioni di stalle senza pace, l’unico bagliore rimane acceso nelle fucine degli artigiani che prendendosi il tempo, investono tempo alla ricerca di un’eccellenza lontana dalla città, per modi e volumi. La Macelleria Bergamini è uno di questi luoghi, anche e soprattutto dopo le violenze subite. Continue reading Un macellaio che non si accontenta… Angelo Bergamini
Un luogo ideale in trasformazione… Francesco Bedussi
Brescia è la sua borghesia, con quel fare un po’ spento sempre alla ricerca di un classicismo da raccontare al vicino di appartamento, il naso spostato sui profumi ghiotti che circondano le passeggiate e che obbligano gli artigiani a trasformarsi in raffinati mercanti. E così i centri storici si svuotano di pasticcieri e si riempiono di costruttori edili mentre le periferie girano intorno al discorso degli affitti, puntando sempre più sul grande, sul caffè da rotonda, preconfezionato, prefabbricato e pronto ad allungare i tempi della dissolutezza fino a sera inoltrata, garantendo colazioni, pranzi, merende, aperitivi, cene e plausibili e futuristici letti a castello per ripartire l’indomani carichi a molla. Così chi percorre la strada totalizzante dell’offerta globale, si scontra con compratori congelati e compulsivi dell’acquisto unico, parvenu dell’estetica e figli di benestanti che alla fatica han preferito la ricreazione. Questa indubbiamente è la strada più difficile, è l’impostazione sartriana dell’egemonia intellettuale, di tutto un po’. Criticato dai filosofi, dagli sceneggiatori, dai romanzieri, dai letterati e dai drammaturghi ma sempre punto di riferimento. E così la famiglia Bedussi nasce in gelateria ed esplode i suoi confini su tutto lo scibile gastronomico. A Brescia! Continue reading Un luogo ideale in trasformazione… Francesco Bedussi
Una piadina che è rimasta una piadina… Simone Massenza
Brescia non viene spazzata dall’inverno, non vede il cielo muoversi verso il terso, i bagnini ringalluzzirsi e tirarsi il fisico e i lidi riaprire i paraventi spaventati da quel salmastro che si è portato via, da troppi anni, i colori e le maniere di una riviera sotto vento. Brescia è una città statica in cui le tradizioni artigianali rimaste sono diventate un viaggio verso la provincia. Verso i laghi, verso la bassa e verso le valli. Qui è rimasto un concentrato di centri commerciali e di svincoli periferici, dove ruotare tutt’intorno un centro che non è mai un interesse fino in fondo. A parte candide e avvizzite eccezioni, gli artigiani han preferito rimirare le fatture lateralmente, in quel crescendo acritico che non ha mai posto il problema sotto gli occhi dei bresciani che han continuato a reiterare i propri riti e le proprie abitudini, rimbalzando da un luogo storico a un luogo storico, nonostante vendite, cessioni, fallimenti e accenti stranieri. L’indubbio è rimasto comunque un continuare a cercare, spendere e non smettere. Così ogni tanto qualcuno sbaglia strada e si accorge di come Brescia sia la città perfetta per non essere una città. Continue reading Una piadina che è rimasta una piadina… Simone Massenza
La Milano degli artigiani
Milano città sepolta, Milano città dimentica delle sue principali abitudini e dei ritmi lavorativi meno sfrontati, quelli non racchiusi in un dovere di perversione ma soprattutto quelli che non dovevano a tutti i costi strizzare l’occhio all’ultima moda, al design, al cocktail (il mixologist rimane sempre e comunque un barista, nel bene e nel male), al vino, al tempo libero e alla necessità di esserci. A Milano gli artigiani non ci sono mai stati, c’erano, sono stati di passaggio e resistono. Ma l’amore è sfiorito presto, senza lasciti o retaggi che vadano oltre una speranza passata che probabilmente non c’è mai stata. E così ci ritroviamo in mano una città con un oggi sempre più stringente, senza uno ieri e con un domani ibridato. Tutto il resto è paesaggio, perché la nascita è sempre un’annunciazione, un battage pubblicitario che rizza le orecchie, tiene informati i food blogger, scongela umanità ma soprattutto sposta le attenzioni. E un luogo come Milano non può prescindere dalle continue aperture, mentre gira volentieri l’orecchio quando si tratta di tracolli, chiusure o fallimenti. E così la smania di aprire prende tutti, piccoli e grandi, capaci e incapaci, artigiani e commercianti dell’ultima ora, quelli che aprono un ristorante o una pizzeria per ospitare gli amici bocconiani la domenica a pranzo, battersi un cinque alto, chiamarsi bomber e far vedere al padre che i 19 in microeconomia non erano poi così pertinenti. Continue reading La Milano degli artigiani
Conservare le proprie radici… Stefano Franzi
Olgiate Comasco ovvero dove le colline moreniche ci sono ma non si percepiscono. In quella provincia comasca che, nel tempo, ha perso identità costruendo rotonde e rettifili. I palazzi storici restano adombrati dai centri commerciali e dalle gelaterie “hai 30.000 euro? Te li faccio investire io”, certo rimangono delle ville nascoste con i loro parchi, dove l’apoteosi aristocratica è diventata borghesia imprenditoriale e si è trasformata in location per cerimonie e conferenze, ma non son più che raffinata tappezzeria. Da queste parti le pinete definiscono e ostruiscono, fanno sognare i tifosi e sono emblema della fuga dalla metropoli. Ma è tutto molto affettato, quasi esplicito. Non ci sono più morali e non ci sono più nevralgie, le nebbie non affascinano più, danno solo fastidio e generano tamponamenti a catena. L’eterogenesi dei fini è l’unico dogma ridondante e a sfinimento mi ripeterò: in questi luoghi il dovere artigianale è una delle poche rivincite che il territorio dovrebbe pretendere. E così la famiglia Franzi, da molti anni, sta provando a portare avanti il proprio discorso. Continue reading Conservare le proprie radici… Stefano Franzi