Lou Bià: agricoltura di montagna… Monica Colombero

Borgata Torello. 1400 metri. Le frazioni di Marmora sono poche meno rispetto ai residenti invernali, un Piemonte valligiano che è sempre fedele a se stesso, comuni sparsi ed espansi dove l’eco è l’unica forma di relazione. Le case abbandonate si sovrappongono ai campi di ombrellifere, i boschi diventano cupi nelle diramazioni, i cimiteri, nella loro irraggiungibilità, sono viaggi di settimane tra lo spirito e la neve. E quando arriva la grandine, è meglio trovare un riparo. Qui la natura non scherza, non prende le misure, non le interessa il piacevole e il ritorno, nelle borgate di Marmora l’affezione è una conquista, gli affreschi abbelliscono le case e l’invito a rimanere ogni tanto si trasforma in un obbligo. Quando le nuvole si addensano e il Monviso scompare in lontananza, il fuoco, anche ad agosto, diventa il desiderio prima della chiacchiera. Per caso, sfioro soltanto la sventura e mi trovo seduto a Lou Bià, agriturismo rurale gestito da Monica Colombero, una donna che ha reso l’isolamento più impercettibile. Continue reading Lou Bià: agricoltura di montagna… Monica Colombero

Alpeggi al femminile in Alpi Cozie senza fine… Roberta Colombero

Alpe Valanghe. Valle Maira. 2100 metri nel territorio di Marmora. Dolomiti piemontesi al confine con la Val Grana e la Valle Stura. Molta roccia, ciclismo eroico e vie d’arrampicata. Qui non ci si arriva per caso. Soprattutto se la partenza è l’altra parte del mondo. È una missione conoscitiva che mira all’intimità, a quel contatto tra uomo, roccia, cielo e cibo che solo determinati alpeggi trasformano in dono. Quindici kilometri dalle ultime borgate per inerpicarsi tra asfalti dondolanti, sterrati, vacche al pascolo in mezzo ai ruscelli, grandinate fisiologiche, profumi di sottobosco, abeti inquieti e tutta una serie di rumori silenziosi che potrebbero addormentarti in un attimo. Qui bisogna abbandonare la meta e la rincorsa verso l’ottenimento. Nonostante la stanchezza e il dolore alle braccia per le centinaia di curve, la sveglia impastata e la solitudine da ruota bucata sempre dietro l’angolo, è necessario lasciar da parte la logica discutibile del dover trovare a tutto una definizione. Tornare un po’ meno uomo e avvicinarsi ad un senso comune che lo sguardo di due occhi acquamarina mettono a soqquadro per un’intera mattinata. Roberta Colombero ha 28 anni e alpeggia da quando è nata. Continue reading Alpeggi al femminile in Alpi Cozie senza fine… Roberta Colombero

Riso Goio: l’intraprendenza della tipicità… Emanuele Goio

Rovasenda. Baraggia Vercellese. Pianura sconfinata con uno sguardo verso il Monte Rosa. Case basse, pochi grilli, associazionismo, chiesa e fabbriche quasi in sepoltura. Luoghi di una religiosità signorile, dove lo scomponimento è avvenuto prima in villette bifamiliari, poi in villoni sulla strada che porta fuori e infine in aziende agricole che producono, riproducono e mantengono la tradizione del riso in questi terreni argillosi che, nell’adattamento, si sono ritrovati con in mano un’unica coltura. Il riso ha degli ingegneri, ha dei paesi e ha dei pensatori, qui c’è una cultura che ha lasciato delle tracce e ha determinato delle specificità. Nella Baraggia il Sant’Andrea è sempre stato rappresentazione di una tradizione che lentamente veniva privata della nobiltà. Il suo essere soppiantato non l’ha lasciato nella decadenza ma nella necessità della riscoperta. E così la famiglia Goio, su questi terreni dal 1929, ha deciso che ne sarebbe diventata l’alfiere principale. In una quasi purezza dettata dalle leggi di mercato e dalle frivolezze della contemporaneità indulgente… Continue reading Riso Goio: l’intraprendenza della tipicità… Emanuele Goio

Cascina Valeggia: tentativi di autonomia… Alan Bollito

Moncalvo. Monferrato astigiano. Un tempo immobile che non ha mai verificato i suoi riguardi. Ha smesso di ghettizzare ebrei e ha continuato a mantenere intatta la tradizione come forma d’opera incompiuta. Quel che resta di queste colline antitetiche è la rievocazione futuristica nella speranza che qualcuno torni, magari compromesso o magari con il compromesso, e rimetta in piedi una logica di produzione e di trasformazione. Che non rimanga tutto in un anacronismo senza nemmeno più viltà. Uno sguardo, una gita e una diffidenza. Degustazioni, chiacchiere e queste colline alla continua ricerca di una definizione che non venga rubata il giorno successivo. Ecco il Monferrato degli eccessi e della mancanza di eccessi, in cui rientrare dopo aver studiato in Svizzera può essere la prima delle pulsioni di completamento. Continue reading Cascina Valeggia: tentativi di autonomia… Alan Bollito

Casa Costa: raffinatissimi formaggi di capra… Denise Iaffaldano e Massimo Villa

Murisengo. Basso Monferrato, confine della Valcerrina. Paesi di tartufo, colline e frazioni, dove il tempo, banalmente, sembra essersi sottomesso a quel castello, lì come surrealistica difesa del passato. Bellezze poco turistiche e poco omaggiate in cui creare del tempo nuovo attiene sempre a una forma di sottile ironia. Basta poco per accorgersi che qui il mondo dei quattrini e dei polsini non si è mai insudiciato, compromettendosi con il secolo. Si sono ragguagliate tradizioni e si sono messe a disposizione attualità ritorte su un già visto e rivisto. Il Monferrato essenziale è quello che non riesce a dirompere e che non vuole corrompersi, che ha preferito vendere la propria qualità a terre con una comunicazione e con un marketing esistenziale. Il raffinato finisce nel sotterraneo di visite dialettali per milanesi con ancora la mitologia della tavolata e del bianco candido. Qui, la gioventù ha importato se stessa in un luogo diventato funzione… Continue reading Casa Costa: raffinatissimi formaggi di capra… Denise Iaffaldano e Massimo Villa

La Robiola di Roccaverano e i suoi alfieri… Adriano Adorno

Ponti. Monferrato alessandrino, primo paese della provincia e la Langa Astigiana appena fuori, con le sue culture, il suo turismo e i suoi prodotti tipici. Qui le strade sono le stesse, i vitigni anche e i paesi dimenticati dall’architettura pure. Non ci sono leggi d’interesse al di là dell’invidia paesana, qua chi cresce ha da sé la fortuna, chi rimane piccolo è prodigioso, chi rimane uguale a se stesso può andare al circolo ricreativo. Tutti i giorni tutto l’anno. Qui si alleva, si apre, si coltiva, si osserva il placido scorrere del fiume Bormida, si stringono alleanze e il più delle volte si rimane irretiti nella lontananza dalla luce, quella che porta il turismo, trasformando le strade in svolazzanti circuiti alla mercé di raffinate piscine a sfioro e di pulviscoli di noccioli. Qui bisogna fare più fatica, per portare fuori e per portare dentro. E così si guarda al passato con quella discrezione che non può mai permettere l’anacronismo. Anzi, si va verso la leggenda, ci si schiera a favore del territorio e si fa la comunione per non tralasciare la storia della capreria italiana, quel lembo di terra che non ha bisogno del medico condotto alla ricerca di una vita agreste per dare alla capra un’importanza che da nessun altra parte è così. La robiola di Roccaverano è attestata da una vita e la famiglia Adorno ha una genealogia che ne riporta l’origine almeno alla metà del ‘600. Continue reading La Robiola di Roccaverano e i suoi alfieri… Adriano Adorno

Cascina Madovito: la nocciole non bastano più… Alessandro Negro

Località Scorrone. Cossano Belbo. Curve su curve su curve, in mezzo a varie provincie che ormai non sono più nemmeno identificative. Prodotti tipici e una produttività turistica che cerca di nascondersi dietro una produttività agricola che non ha mai sfiorato la leggenda. Qui non si guarda molto oltre, si cercano prodotti alternativi per dare a questa fetta di Langa un’interezza. Il rispetto verso il vigneto e verso il nocciolo rimane confinato nella sfida senza parole e senza foulard, in quei lunedì mattina dove lo scorrere del tempo è un rifacimento di qualcosa di rimasto. E così, chi ha deciso di produrre in queste terre, dove i paesi ogni tanto si allargano seguendo i piani regolatori della circostanza fortuita, che quasi mai è fortunata, ha dovuto abbandonare la patina per affidarsi ad una serietà che non può prescindere dall’altrove. Produrre per richiamare, il ragguardevole, il vicino e il passante. Questa terra di moscati e sfarinati, ogni tanto tira fuori dei luoghi e moltiplica le mie possibilità. Langhe: fucina di produttori propizi procrastinabili. Ecco quindi un differimento rispettato. Continue reading Cascina Madovito: la nocciole non bastano più… Alessandro Negro

Plaisentif (o formaggio delle viole), l’avvocato Agnelli e altri racconti… Chiaffredo Agù

Villar Perosa. Possedimenti agricoli della casata Agnelli. Qui tutto riporta ad un solo nome, ad una sola famiglia e ad una sola dinastia. I tempi morti contemporanei, i fallimenti aziendali, i politici che si sono succeduti, l’abbandono del “Castello”, l’assenza del ritiro juventino alimentano il paradosso di una crisi irreversibile, di un tempo che non ha più uno spazio in cui procreare, creare e gozzovigliare. Perché qui c’è stato un regnante senza scettro. Primo Cittadino per quarant’anni e tasse cancellate per tutti i residenti, l’Avvocato qui era oltre il sultanato, aveva terreni, aziende, ville, mausolei, strade, rifugi antiaerei e soprattutto la stima incondizionata della gente. Pensate a quei poveretti che, durante le campagne elettorali, lo hanno sfidato per la carica. Il Plebiscito hitleriano del ’38 per la riunificazione con l’Austria del Reich sarà sembrato più democratico. Il candidato sindaco, che veniva anche lui dispensato dal pagamento delle imposte, chi mai avrà votato? E pensate all’eroe che dopo il 1980 prese il suo posto? Qui è tutto impregnato, la bellezza e le brutture, templi cristiani e templi pagani, giardini, cascine e fabbriche. Continue reading Plaisentif (o formaggio delle viole), l’avvocato Agnelli e altri racconti… Chiaffredo Agù