Nocciole su terreni vocati e solo queste storie… Emanuele Canaparo

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Cravanzana. Mille alberi di noccioli per abitante. Un luogo dove i profumi sono talmente nitidi da non aver bisogno di nessuna spiegazione, una rappresentazione icastica dell’Alta Langa senza necessità di racconti o fotografie. Qui, le curve del vino lasciano spazio a quelle delle nocciole, all’abbandono, all’inselvatichirsi e a quelle colline che sono rimaste al tempo delle colline con solo qualche interesse in più. Sono paesaggi privati e vietati, boschi messi in fila e da tenere a distanza. È meglio non farsi ingolosire, è meglio rimanere spettatore e assaggiatore, chiedere e non imporsi. Le nocciole sono l’esistenza senza foglia di un manipolo di agricoltori, di qualche trasformatore e di Emanuele Canaparo, il primo artigiano trasformatore del proprio prodotto. Continue reading Nocciole su terreni vocati e solo queste storie… Emanuele Canaparo

Rarissimo torrone di filiera… Carlo Minetto

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Pezzolo Valle Uzzone, alle porte di Cortemilia. Paesi in decadenza, abbandono e selvatico come forme più che umorali di zone ormai vinte. Qui l’inquinamento si è portato via i vigneti, la crisi le aziende, e il tempo ha lasciato noccioleti, famiglie in disarmo e un florilegio di negozi vuoti. Questa Langa povera ha un mistero senza luogo, di un’avvenenza decadente, che non lascia per strada ville o possibilità di speculazione. Qui, in mezzo a questi boschi di funghi, tartufi e noccioli, dove il dissepolto è una forma urbana di umanità, fare l’artigiano è una missione senza agio. Pena la sparizione. Qui, o fai bene, o non sei. E così chi resiste, chi si protrae nel tempo, procrastinando negli anni la propria fine, è costretto a lavorare bene il territorio, senza frodi e senza assoluzioni. La nocciola, al di là di sgusciatori, approfittatori, venditori di torte alla margarina e industrie dissolute, è una religione che non concede nessuna distrazione. Si scruta il cielo, si spera, si guardano le piante crescere e si subiscono le ondulazioni del famigerato mercato globale. Una nevicata in Turchia cambia tutto. E così lavorarsi il proprio frutto è qualcosa di privato, intimo e assolutamente colloquiale. Continue reading Rarissimo torrone di filiera… Carlo Minetto

Un pane popolare che mette in coda le persone… Alessandro Spoto

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Torino. Borgo Vittoria. Dove il popolare diventa dimenticanza del passato. Una polveriera sociale con un’arteria con un unico senso. Un luogo feroce e beato, in mezzo a quella Torino rimasta a nord, con il sud richiamato al di là del Mediterraneo. Un posto vivo, pieno di gente, con la vitalità operaia trasformata in parassitismo e nefandezza. Adesso che sarebbe trendy essere popolari, ci si è dimenticati dell’origine. Così arrivano un po’ di trascuratezza e un po’ di ingorgo, in quella tessitura che è rimasta anima e interesse. Qui il mercato c’è ogni giorno, le chiese sono roccaforti e l’abuso edilizio è stato fermato dalla densità. Ma la periferia delle piole, delle partite a carte e delle discussioni infinite non è morta e non ha rinnegato se stessa. E così qualche artigiano ha deciso di trasformare il proletariato in possibilità, provando a rendere avvincente la storia di un quartiere che non ha mai dormito e si è sempre evoluto. Politicamente, economicamente e culturalmente. Qui, Alessandro Spoto, ha deciso qualche anno fa di avviare la sua attività. Continue reading Un pane popolare che mette in coda le persone… Alessandro Spoto

Comunicare l’origine… Marco Ramassotto

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Piossasco. Pedemontana torinese con immagini selvatiche e riluttanti in trasparenza verso l’obiettivo di giornata. Qui, al di là delle rotonde, delle tangenziali, dei fuochi notturni e delle fabbriche che sembrano private del segreto militare, c’è una campagna inframezzata senza alcun tipo di fascino che non risieda nelle case basse e nel lontano sentore di montagna. Soprattutto nelle sere di freddo e soprattutto avvicinandosi ai laghi di Avigliana, si sente un’influenza da domenica pomeriggio e da anni da buttare via. Questi sono i luoghi dove l’artigiano può predisporre e disporre di un tempo creativo e di un tempo sgombro. E allora produrre, mettere in forma e mettere in opera diventano la sostanza di una giornata altrimenti lontana da qui, in qualche fabbrica o in qualche multinazionale del recupero. E così la più classica delle storie di questa pianura è riuscita ad arrivare fino ad oggi grazie alla collaborazione e alla genealogia. Continue reading Comunicare l’origine… Marco Ramassotto

Un pizzaiolo sotto traccia… Simone Tricarico

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Ciriè è un luogo chiuso in se stesso. Gira attorno alle logge, ai vestiti borghesi del fine settimana, ai sagrati trasformati in mancanza di rispetto e a fabbriche che non sono altro che una via lontana verso le Valli di Lanzo. Storie tipografiche e immaginifiche inframmezzate all’ignominia, in questi paesi che non sono quasi più hinterland e non ancora tempo morto, l’artigianato può scorrere placido, può nascondersi tranquillamente dietro le abitudini del buon cibo che in questo angolo di mondo si sono trasformate in continue domande e terrore verso il fuori controllo. E così i portici continuano a dirimere la stessa giornata da probabilmente troppi anni. Ciriè lascia veramente il tempo che trova e quando la vai a riprendere anni dopo, l’accorgimento è sempre quello di un ritorno alle origini, di un posto placido senza più nemmeno deferenza. Un paese di un tempo che fu, costretto a vivere la contemporaneità. Continue reading Un pizzaiolo sotto traccia… Simone Tricarico

Un pasticciere e la sua vocazione… Mauro Allemanni

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San Salvatore Monferrato è un luogo piccolo e particolarmente pieno, dove tutte le linee, gli archi, le piazze e la storia sono messi al punto giusto. C’è molta parola, molto cortile e molta paranoia. In quella zona di confine tra bellezza e industriosità, che ha reso il Monferrato un’enclave di confusione, dove la dimostrazione di essere collina non è bastata a superare i gloriosi anni ’80, in cui Milano sembrava il centro del Mondo e il fine settimana i giorni del “come se non ci fosse un domani”. Adesso questo lato di mondo è più sbiadito e più umano, i ciottoli son tornati ad essere ciottoli, le salite salite e le vendemmie vendemmie. L’acume edilizio è il tempo di una piazza dove i portici e gli intonaci riescono ancora a costruire un languore, per il resto rimangono gli attimi senza occhi delle panchine e dei parchi, dove fermarsi a rimirare e a contemplare un usufrutto che è diventato lavoro. In mezzo alla storia, è rientrato un alessandrino fuggito per il mondo, e che a San Salvatore ha trasformato una prigionia in una pasticceria con un’idea particolarmente precisa. Continue reading Un pasticciere e la sua vocazione… Mauro Allemanni

Cascina Rossi: una commistione di generi… Stefania Bozzo Poggio

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Oviglio è un castello che deflagra in una pre-collina, in cui il selvatico è l’unica forma di comunicazione. Qui il coeso è una macchina, una stradina e un profumo di bosco che riempie qualunque passione. Da queste parti ci sono ancora ristoratori che hanno il coraggio di restituire i galloni, per tornare a mangiare con i clienti che li hanno creati, ritrovando il tempo perduto. Se in cerca di una riflessione v’imbattete in queste tartufaie naturali, dove il romantico ha il volto della decadenza e non della tendenza e dove il turista è l’eccezione e non la regola, allora potete rimanere a costruire il nulla per una giornata intera, spostandovi da un sagrato ad una macelleria fino ad un bosco di querce: alla ricerca del tempo libero, in quel rumore silenzioso che è molto più vicino alla metropoli di quanto si possa immaginare. Qui è difficile concentrarsi, mancano i punti fermi dell’eccentrico, è un luogo di noie piacevoli che non può portare che artigianato. Continue reading Cascina Rossi: una commistione di generi… Stefania Bozzo Poggio

La straordinaria pertinenza dell’aceto di vino… Claudio Rosso

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Colline sopra Alba, dove l’icona lascia spazio al decadimento. Le nocciole si trasformano in vigneti per ritornare selvatico addomesticato. Nemmeno la perfezione è preclusa. Perché qui intorno, al di là delle solite costruzioni irrispettose e assolutamente fuori contesto, le curve appaiono e nascondono con una continuità senza requie. Questo avamposto delle Langhe, ancora distanti nelle chiacchiere, è un luogo rilassante di una deferenza inversa. Qui c’è sempre qualcuno che è arrivato prima, che ha aperto la strada, che ha annusato la polvere tra La Morra e Barolo, che ha venduto agli americani, che ha svenduto agli americani, che ha innovato senza muoversi da casa e che ti guarderà con sospetto qualunque cosa tu dica, riguardo qualunque cosa tu sappia o non sappia. Ecco, Claudio Rosso non è uno di questi, nonostante la comunione del percorso sia quella di molti.

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