Minori. Costiera Amalfitana e qualche luce in meno. Il riflesso dei luoghi più attraenti ha lasciato poche vie apparse e una bellezza agricola alle spalle, con le limonaie, sorrette sui pali di legno dei Lattari, a ricordare a tutti la sostanza di terrazzamenti impossibili. Qui le strade cadono sul mare e la vista non ha una dimensione territoriale, è come se fosse obliqua, traslata, illusoria. Si intravedono effetti ottici rilucenti, rocce sbattute e case impraticabili, dove il raggiungimento non è nemmeno una perversione. Ma all’interno dell’arduo, l’uomo ha costruito le proprie imprese più audaci. E così la Costiera Amalfitana è stata disvelata da un oblio selvaggio di rocce e flutti. Qui si è portata una civiltà vincente, fuori dagli schemi di un sud disilluso e lo si è fatto attraverso l’egemonia del tempo: romani, repubblicani, aristocratici europei nel Grand Tour, moda novecentesca e riscoperta del territorio e del suo palato. Al di là degli stati d’animi, qui splende sempre il sole e Sal De Riso non poteva che radicarsi qui. Continue reading Paradigma italiano di pasticceria (ovvero come far volare i dolci)… Sal De Riso
Gerardo di Nola: mangiamaccheroni e altre storie… Giovanni Assante
Gragnano. Uno di quei luoghi italiani che si sono definiti attraverso le proprie produzioni. A due passi da tutto, in una strettoia celebrata e passatista, il tempo è un peccato che non si sia fermato. È andato avanti nel corso delle deiezioni, verso quelle brutture che la contemporaaneità ha portato a disfacimento, trasformando la valle dei mulini, la strada dei maccheroni e il vento dei pastai in una copertura di case distrutte e venditori di ciarpame. Ma la bellezza nascosta, negli angoli, dietro le curve, dopo i tornanti, torna prepotente, come l’aria che passa in mezzo alle case per essiccare tutto, rendendo qui la storia di Federico II, degli arabi a Trabia, della pasta come modo di vedere il mondo e del napoletano che si trasforma da mangiacavoli a mangiamaccheroni. L’ammodernamento del 1800, via Roma e la pasta stesa si sono lentamente trasformati in qualcosa che non esiste più e in pochi canonici resistenti. Continue reading Gerardo di Nola: mangiamaccheroni e altre storie… Giovanni Assante
Mulinum: quando la follia cerealicola incontra la determinazione… Stefano Caccavari
San Floro. A pochi kilometri da Catanzaro. Superati abbandoni, capannoni e Polifunzionali dove riposare nel silenzio, questi luoghi vanno avanti e indietro, salgono, non definiscono, aprono opportunità e coltivazioni, sono lontani dall’interesse di chiunque, un mare unico messo in imbarazzo da architetture stile Rimini fuori tempo massimo, con quel senso che toglie l’angoscia, perchè tanto tutto alla fine troverà il suo spazio fuori tempo massimo. Questa Calabria è terra di famiglie, di nonne, di contadini, di salumi fatti in casa, di casalingo sinonimo di fatto meglio, di disinteresse attivo e passivo. Perché senza richieste, sono terminate le fantasie. Ed era così. Fino a quando un giovane del territorio, che dal territorio non se n’è mai voluto andare, ha cominciato ad insinuare il dubbio nelle menti incomprese e in quelle inadeguate al ruolo. Continue reading Mulinum: quando la follia cerealicola incontra la determinazione… Stefano Caccavari
Pasta reale di Mistretta… finalmente… Antonino Testa
Mistretta. Tra i Nebrodi e le Madonie, in quel diniego territoriale che non si conosce mai abbastanza. Così la precisione del viaggio, in mezzo alle buche della disaffezione, mi porta in un paese che agogno da anni e che mai avevo realizzato. Da lontano è il solito fascino siculo-entroterra-tenuto bene che da queste parti è più una regola che un’eccezione. Sfumature di marrone, case mantenute, stradine strette, associazioni culturali resistite ai secoli, botteghe di paese, sguardi scolpiti nella pietra e un’immagine antitetica ad una delle mie due ricerche. La pasta ‘ncaciata qui si fa, nelle case si fa ancora, ma nei ristoranti è praticamente impossibile da trovare. Forse su ordinazione e in determinati giorni, così mi lego al motivo dolce e mi lascio sopraffare dall’assenza di turismo. Mistretta è magnifica perchè parla poco, non ha espropriatori e nemmeno oratori. Rimane fissata da uno sguardo irriconoscente e così smette di adeguarsi e di cercare modernità. Mistretta è uno dei luoghi più importanti della Sicilia, perchè non ha realizzato. Continue reading Pasta reale di Mistretta… finalmente… Antonino Testa
1690: Mulino a ruota orizzontale a cui mancano le parole… Mario Affannato
Novara di Sicilia. Peloritani messinesi, luoghi lontani dal turismo e quindi obbligati a dedicarsi alla dedizione. Le scorciatorie sono terre di nessuno e di lavoratori dell’invisibile, qui il luogo c’è, si vede e si cura. Manca il consiglio e manca la lontananza, ma è ben presente la tradizione di scambiarsi ancora l’attitudine al pensiero. E così tempi remoti e campi lunghi portano ad affacciarsi su un castello con ristoranti improvvisati, dove fiumi d’acqua e mezzi casuali accompagnano nella gentilezza uno stomaco maltrattato. Il castello è lì, come le tradizioni, i bar del paese e le pasticcerie (che poi sono gli stessi bar), che fanno dita degli apostoli e ravioli di ricotta, dove le materie prime sono casuali e i tavolini rappresentano alla perfezione la gentilezza del posto. Figli di ritorno, professori prestati al racconto, qualche turista dall’orecchio lungo, il Maiorchino come formaggio e rappresentazione fiera di necessità diventate desideri, e una fretta convertita dalla pioggia in attesa. E la fortuna di rimanere si trasforma in un mulino di leggendaria intimità, in quella valle che una volta, uno a distanza di sicurezza dall’altro, ne contava quattordici. Continue reading 1690: Mulino a ruota orizzontale a cui mancano le parole… Mario Affannato
Da Clara: una pizza in mezzo al nulla… Sergio Russo
Venetico Superiore. Un paese della provincia di Messina dove almeno hanno deciso di spendere i soldi in una direzione lontana dall’interesse. Piazza, illuminazione, vista, castello, distanza, in un luogo dove tornano gli espratriati e si avvicinano i dirimpettai di paese. Stop. Non c’è un turismo, non c’è una lussuria a cui dare scampo, piscine a sfioro, muretti a secco e il Barocco a ripulire tutto. Qui il terremoto c’è stato troppo tardi, quando già cultura e ricostruzione andavano per i fatti loro e così, poter respirare, non dovendo fare i soliti italiani che “è tutto uno schifo perché il presente non è il futuro che non è più il passato e non sarà mai migliore”, è già un abbrivio al decoro e alla riconoscenza. Poi c’è lo stupore. Continue reading Da Clara: una pizza in mezzo al nulla… Sergio Russo
I biscotti ricci come li mangiava il Gattopardo… Rosario Brancato
Palma di Montechiaro. C’è una sanità santa che non arriva dal limitrofo ma è circoscritta in questa terra di stidda, parole impronunciabili e retaggi monastici. Da lontano sembra tutto chiaro, sul diafano osseo, di un’imprecisione liturgica. I campi di grano e gli olivi alle spalle, le distese d’uva e le tane della vergogna rimangono assuefatte ad un territorio che non chiede il conto, per cui i diritti e i doveri sono la stessa cosa, il bianco e il nero lo stesso colore e l’imprevedibilità qualcosa che non è concessa nemmeno una volta, così per caso. Stradine parallele una sopra l’altra, voci basse, afa implorante, porte che si aprono e una situazione icastica che non ha il contradditorio. Palma di Montechiaro, la seconda volta, ha solo chiuso qualche finestra in più. Continue reading I biscotti ricci come li mangiava il Gattopardo… Rosario Brancato
Forno Biancuccia: veramente solo cereali autoctoni… Valeria Messina
Catania. Una giornata ricorrente dove il tempo del porto non è più un’esigenza ma una mostra, in cui rifugiati e murales sovrappongono la propria contraddizione. Oltre il centro, superate le bracerie di carne di cavallo, i palazzi rilucenti e l’industriosità agricola della deterrenza, Catania appare come una terra di conquista, uno di quei luoghi dove sembra possibile l’idea stessa di avanguardia. Sia per il passato necessario e assolutamente traslato dal luogo comune (leggasi Uzeda), sia per il futuro punto di riferimento di un’isola che si è sempre ritorta sul concetto di privilegio, non privilegiando mai il format sacrificio. Ecco, proprio qui, Valeria Messina ha potuto cambiare vita e dedicarsi ad una ricerca. Continue reading Forno Biancuccia: veramente solo cereali autoctoni… Valeria Messina