Ai Piani di Bobbio si può anche alpeggiare… Simone Bergamini

Piani di Bobbio lontano dal fracasso sciistico. Meno accenti milanesi e meno presunzione, una ferrovia che porta su, una montagna facile, che spiana, che non gela troppo e non si allontana dai sentieri, luoghi che si sono trasformati in rifugi dove folklore e polenta sono diventati l’ultimo dei retaggi. Chi voleva lavorare, trovando erbe da pascolo e non da trekking, si è dovuto spostare altrove, in valli laterali più portate e più pronte a ricevere sudore al posto delle borracce. Ma come tutte le regolarità, anche qui c’è la necessità di qualche eccezione, un paio al massimo, forse una. E così appaiono delle pezzate rosse al pascolo, dei massi, qualche fiore e delle stanze di caseificazione. Qui Simone Bergamini ha deciso di trascorrere le sue estati. Continue reading Ai Piani di Bobbio si può anche alpeggiare… Simone Bergamini

Il casaro speleologo… Dario Zidaric (di Laura Filios)

A destra l’Adriatico, piatto e lattiginoso, a sinistra le vie che salgono fino all’Altopiano. A metà strada il profumo di salsedine che inizia a confondersi con quello dei boschi. Querce, frassini e betulle. Il Carso è una conformazione geologica, grotte che corrono sottoterra per chilometri e chilometri. Ciò che per qualcuno è l’inizio per qualcun altro è la fine, e viceversa. Ma anche uno stato dell’anima. Forse ancora di più in provincia di Trieste, terra di confine tra mare e montagna, Italia e Slovenia, Storia passata e presente, tra sopra e sotto. Ed è proprio “da sotto” che arriva uno dei formaggi più unici che rari del panorama caseario italiano. L’inventore è Dario Zidaric, “colui che entra in grotta”, proprio come il suo “Jamar”. Continue reading Il casaro speleologo… Dario Zidaric (di Laura Filios)

Pastori sardi nella Romagna Toscana… Salvatore Urrai

Tra Tredozio e Marradi, sul confine tra Romagna e Toscana, al culmine del Monte Collina, definizione perfetta per modi ed altezze, una strada bianca di tre kilometri squarcia bosco e cielo, lasciando l’impressione di un orizzonte giallo ocra. Mentre il sole cala e i dialetti vanno a farsi benedire, i territori di Tredozio e di Marradi scompaiono tra gli stessi volti palindromi. Qui l’identità è una cosa sfuggente che è sfuggita di mano. Si sale da Faenza, s’incontrano frutteti a perdita d’occhio, la valle si chiude, non si superano i 300 metri ma s’incomincia ad annusare la montagna. Le ombre creano il disincanto mentre si arriva a Tredozio; tra il fiume, le case in pietra e i giardini all’italiana, si superano i ponti e si cambia regione. Le strade bianche segnano il passaggio, l’assenza di cartelli e la vaghezza del bosco fanno il resto. Qui, fino agli anni ’20 era tutta Toscana. Una Toscana isolata, al di qua della soglia, dove il sole batteva altre necessità. E così gli abitanti della valle del Tramazzo, al di fuori delle vie di comunicazioni, han sempre cercato di sovvertire l’ordine costituito. Ci ha pensato Mussolini a mettere il punto. Tredozio entrava a far parte della Romagna insieme ad altri dieci comuni, per due ordini di motivi: ingrandimento del territorio e inclusione della sorgente del Tevere, “fiume sacro ai destini di Roma”, all’interno della provincia di Forlì, la stessa che ha dato alla luce il Duce. Continue reading Pastori sardi nella Romagna Toscana… Salvatore Urrai

Iconoclasta solitario irriverente allevatore… Sergio Serra

Borgata Superiore. Marmora. 1530 metri. Estate e case aperte. Una decina di famiglie rilassate si godono il passeggio di esploratori e refrattari metropolitani alla ricerca del selvaggio. Si abbandonano le macchine, si beve acqua di sorgente, s’inala l’odor del fieno e ci s’imbatte in borgate e cimiteri che determinano ancora colori, che mostrano affreschi, che non hanno sostituito il compensato al legno e che si trovano desiderosi al di fuori delle curve, in quell’immaginazione che si nutre continuamente della scoperta. Questo d’estate. Poi cambiano le stagioni, arrivano le nuvole, il Monviso si fodera, le giornate si accorciano e il freddo comincia col lambire per finire col coprire. Iniziano le nevicate e le gelate, le strade s’imbiancano, le borgate si svuotano e qui su, tutto l’anno, rimane solo la famiglia Serra. Sei/sette persone in tutto. Tre giovani, due studenti che vanno avanti e indietro con la corriera e uno sciatore di fondo, Sergio, sua moglie Valentina, suo fratello e sua madre. Il risicato resto sono qualche decina di vacche Piemontesi al pascolo e un ricovero per il grande freddo. Continue reading Iconoclasta solitario irriverente allevatore… Sergio Serra

Alpeggi al femminile in Alpi Cozie senza fine… Roberta Colombero

Alpe Valanghe. Valle Maira. 2100 metri nel territorio di Marmora. Dolomiti piemontesi al confine con la Val Grana e la Valle Stura. Molta roccia, ciclismo eroico e vie d’arrampicata. Qui non ci si arriva per caso. Soprattutto se la partenza è l’altra parte del mondo. È una missione conoscitiva che mira all’intimità, a quel contatto tra uomo, roccia, cielo e cibo che solo determinati alpeggi trasformano in dono. Quindici kilometri dalle ultime borgate per inerpicarsi tra asfalti dondolanti, sterrati, vacche al pascolo in mezzo ai ruscelli, grandinate fisiologiche, profumi di sottobosco, abeti inquieti e tutta una serie di rumori silenziosi che potrebbero addormentarti in un attimo. Qui bisogna abbandonare la meta e la rincorsa verso l’ottenimento. Nonostante la stanchezza e il dolore alle braccia per le centinaia di curve, la sveglia impastata e la solitudine da ruota bucata sempre dietro l’angolo, è necessario lasciar da parte la logica discutibile del dover trovare a tutto una definizione. Tornare un po’ meno uomo e avvicinarsi ad un senso comune che lo sguardo di due occhi acquamarina mettono a soqquadro per un’intera mattinata. Roberta Colombero ha 28 anni e alpeggia da quando è nata. Continue reading Alpeggi al femminile in Alpi Cozie senza fine… Roberta Colombero

Ca’ Morone: capre, stalle e case padronali… Nicolò Marchetti

Brembilla. Val Brembilla. Un comune diffuso, riunito, tagliato e verticalizzato, per saldare luoghi e tempi che sono fondovalle, bosco e ritmi lentissimi. Case sparse, alberi affini, chiese di ogni tipo, salite che si fermano a mezza strada e una montagna percepita nel ghiaccio e dissuasa dalla voglia di spettacolarità. Qui c’è una natura chiusa, selvatica e uniforme, l’acqua scorre dappertutto e non si riesce a guardare oltre questi luoghi ameni che della semplicità han creato un’antologia. Il borgo antico di Camorone è racchiuso da argini feriti dove i campanili mettono a segno l’ennesima ora avvizzita che nessun futuro riuscirà a rifiorire. Qui sotto, ai margini di un ruscello, dove la pendenza non inganna e il verde torna a risplendere chiaro e fausto, una casa padronale risucchia tutti i miei pensieri in una mezz’ora di svago estemporaneo. Qui ha deciso di portare il proprio presente Nicolò Marchetti, un potenziale sotto tutti i punti di vista. Continue reading Ca’ Morone: capre, stalle e case padronali… Nicolò Marchetti

Azienda Agricola Salvaderi: la Pianura Padana e i prati del latte… Simone e Dama

Maleo. Le strade nebbiose di una gastronomia che non c’è più, i tempi del Sole, dei Colombani e dei Brera, quello delle brume autunnali e dell’impossibilità coercitiva che uno dei migliori ristoranti lombardi fosse adagiato su quei campi, su quei fienili e su quelle marcite, diventati vieppiù “trinciatoie” e prati stabili. Una campagna lodigiana nobile, dagli olezzi moderati e dalle cascine defraudate dal pendolarismo da villetta e da condomini color pulcino. Campagne del genere hanno scoperto che, in assenza di ondulate colline e strade contorte, la produttività fosse la migliore delle fruizione, e così tutti a richiudere bestie, a richiudere il verde e a dedicarsi alla monocoltura come prima forma d’astio verso il mondo. E qui la credenza mantiene il nome generico, perché tutti sanno di cosa si stia parlando. Le biomasse e gli allevamenti, dopo la fine e affianco al diniego, hanno preso il mais, ripiegandolo su stesso in quella convenzioni pianeggianti che non hanno mai posto il contraddittorio. Continue reading Azienda Agricola Salvaderi: la Pianura Padana e i prati del latte… Simone e Dama

Stracchini cooperativi della Val Seriana… Giulio Baronchelli

Oltressenda Alta. Sentieri di case sparse con un centro sempre rimandato, i ritrovo non è mai uno scopo ma diventa il pretesto per non doversi più guardare indietro. Brandelli seriani sopra i tetti spioventi, pietre a convincere e qualche villetta ordinata che prova la via di un fascino fuori tempo massimo. L’industria ha abbandonato al rurale questi pezzetti di terra che, in quel rapporto fideistico destinato al consumo, han mantenuto quel po’ di boschi e quel po’ di selvatico dove l’immaginazione è riuscita a rubare pochi istanti alla fatica. Qui, dove poco meno di duecento abitanti si sono disseminati sui confini delle frazioni, è ancora possibile trovare un sindaco-allevatore che porta avanti un progetto di coinvolgimento e d’impresa. Prima i fieni e le vacche e poi la burocrazia e l’amministrazione. L’ordine è un incipiente che non si sa mai da che lato prendere. E così capita che oltre agli stracchini possano scappare anche degli individualismi. Dopo la costruzione e prima della distruzione. Continue reading Stracchini cooperativi della Val Seriana… Giulio Baronchelli