Formaggi di pecora in propaggini della Val Seriana… Luigi Petrogalli

Gromo è ancora in quella fase d’apertura che della Val Seriana lascia un non so che di provvidenza che travalica l’imbarazzo industriale e quel plumbeo orobico che tutto mette al gelo e tutto condisce d’indifferente. Le piode in ardesia, che sorpassano i tetti a shed incuneandosi nei ricordi, sconfinano in quei ruscelli alla ricerca dell’ideale di montagna. Qui la fabbrica si è incuneata fino al possibile, senza reticenza, non è rimasta a guardare, ha preso il possedimento montano svoltandolo ai suoi principi. E così una montagna industrializzata, nel momento in cui la crisi impazza e i lunedì mattina sbiadiscono nell’incapacità di fare altro, rimane un luogo indifeso dove l’allevamento, mantenuto serrato, non ha più la forza di rivoluzionare, di ripulire e di trasformare i boschi in qualcosa di coerentemente armonico. Il coeso qui è per piccoli riottosi, per quelli che hanno il desiderio che il lunedì mattina sia uguale alla Pasqua che sia uguale al Ferragosto. Luigi Petrogalli è l’ennesimo eroe del quotidiano che non ha necessità né dell’orgoglio né del valore. Continue reading Formaggi di pecora in propaggini della Val Seriana… Luigi Petrogalli

Le due Casine: degli eroi e della loro epopea … Luisa Gallo e Davide Orizio

Capovalle. Alta Valle Sabbia, feudi sfuggiti alla Val Vestino. Vista sconfinata fino al monte Baldo oltre il Garda, disabitato scombinato, cumuli di pietre e case attorno a piazze che diventano fermate della corriera e benzinai sepolti dove motociclisti, alla ricerca del brivido domenicale, rimbalzano nella speranza di miscela per proseguire oltre, verso dilemmi che a Capovalle non sono mai stati messi a tema. Ad un passo da quella raffinatezza trentina che riesce a squadrare tutto, l’investimento agricolo è una possibilità dirimente che non può non tenere conto anche del vicino. Avvicinarsi è un rischio e un pericolo che ha bisogno di poche parole e di molti fatti, di fatica, di terra e di luoghi comuni. Qui le stagioni portano avanti intatti quei proverbi che sono quotidianità molto oltre il pensiero, i tempo scandisce l’anzianità, le malattie si assottigliano e le rughe rappresentano perfettamente quel lato di mondo che non lascia obblighi che non siano il giorno da passare e i ritmi da scandire. E così i forestieri sono accolti e respinti. Qui, Luisa Gallo e Davide Orizio hanno portato un pezzo di poema epico… Continue reading Le due Casine: degli eroi e della loro epopea … Luisa Gallo e Davide Orizio

Cascina Valeggia: tentativi di autonomia… Alan Bollito

Moncalvo. Monferrato astigiano. Un tempo immobile che non ha mai verificato i suoi riguardi. Ha smesso di ghettizzare ebrei e ha continuato a mantenere intatta la tradizione come forma d’opera incompiuta. Quel che resta di queste colline antitetiche è la rievocazione futuristica nella speranza che qualcuno torni, magari compromesso o magari con il compromesso, e rimetta in piedi una logica di produzione e di trasformazione. Che non rimanga tutto in un anacronismo senza nemmeno più viltà. Uno sguardo, una gita e una diffidenza. Degustazioni, chiacchiere e queste colline alla continua ricerca di una definizione che non venga rubata il giorno successivo. Ecco il Monferrato degli eccessi e della mancanza di eccessi, in cui rientrare dopo aver studiato in Svizzera può essere la prima delle pulsioni di completamento. Continue reading Cascina Valeggia: tentativi di autonomia… Alan Bollito

Casa Costa: raffinatissimi formaggi di capra… Denise Iaffaldano e Massimo Villa

Murisengo. Basso Monferrato, confine della Valcerrina. Paesi di tartufo, colline e frazioni, dove il tempo, banalmente, sembra essersi sottomesso a quel castello, lì come surrealistica difesa del passato. Bellezze poco turistiche e poco omaggiate in cui creare del tempo nuovo attiene sempre a una forma di sottile ironia. Basta poco per accorgersi che qui il mondo dei quattrini e dei polsini non si è mai insudiciato, compromettendosi con il secolo. Si sono ragguagliate tradizioni e si sono messe a disposizione attualità ritorte su un già visto e rivisto. Il Monferrato essenziale è quello che non riesce a dirompere e che non vuole corrompersi, che ha preferito vendere la propria qualità a terre con una comunicazione e con un marketing esistenziale. Il raffinato finisce nel sotterraneo di visite dialettali per milanesi con ancora la mitologia della tavolata e del bianco candido. Qui, la gioventù ha importato se stessa in un luogo diventato funzione… Continue reading Casa Costa: raffinatissimi formaggi di capra… Denise Iaffaldano e Massimo Villa

Roatnocker: un maso alla fine del mondo… Georg Weiss

Senale-San Felice. Alta Val di Non o Nonsberg. Frontiera Nascosta. Qui in mezzo c’è una sottile linea rossa che separa la cultura romanza trentina dalla cultura tirolese altoatesina. L’ordine di St. Felix si trasforma(va) nella flessibilità di Tret (frazione di Fondo), la chiave di lettura rimaneva nel potere e non nella cultura. Le idee, la lingua e il linguaggio sono rimasti strumenti insondabili per provare ad entrare nell’etnicità del luogo che non si scompone nella natura ma nell’ideologia. La verità ancestrale, da una parte, e la discussione, dall’altra, il maso chiuso contro il maso aperto, una società patriarcale sprangata contro l’adattabilità della specie. Il confine flessibile di oggi, che ha rivoluzionato quello degli etnografi Wolf e Cole, rimane sempre una barriera dal punto di vista linguistico. Uno scontro che nessuno dei due limiti è riuscito a far suo: le frontiere sono rimaste frontiere, nessuna delle due regioni è stata inglobata nell’altra. Non è avvenuto quello che solitamente avviene sul confine. Ognuno ha mantenuto – nel tempo il Trentino è diventato più malleabile agli spostamenti e l’Alto Adige ai conferimenti del latte – e il tempo dei masi è rimasto un’attinenza contadina e familiare da una parte e una spartizione fuori tempo massimo dall’altra. Una giornata a cavallo della frontiera, avanti e indietro, salendo e scendendo, dove la cultura ha imposto la prima delle sue discrepanze nelle coltura: in Trentino si producono mele, in Alto Adige boschi. 800 abitanti, due comuni uniti, poi separati, poi disuniti e poi di nuovo uniti, Senale e San Felice sono villaggi che ruotano attorno ad una piazza e ad una chiesa, dove una miriade di particolarità è intervenuta nel tempo per rendere uguale l’abitudine alla tradizione. Continue reading Roatnocker: un maso alla fine del mondo… Georg Weiss

L’umanesimo del Parmigiano Reggiano… Fattoria Scalabrini

Frazione di Ghiardo. Bibbiano. Quando la giornata è limpida è come avere un orizzonte a disposizione per fantasticare il mondo, lo sguardo, le occupazioni, i successi, i “benpensieri”, gli eccessi, le serate in compagnia e quelle in ritardo, il tempo delle croci e quello delle fabbriche, le corse a perdifiato e i paradisi artificiali, dove pianura, collina e montagna sfumano confini ridisegnati dall’agricoltura e refrattari all’inclusione nello spazio. Si vede lontano senza bisogno di muoversi, il verde è scintillante, curato, i luoghi sono coltivati, le spianate si riflettono dietro la foschia e la montagna toglie l’adito alla speranza. Questa è la culla del Parmigiano Reggiano, qui sono passati i signori, i prati polifiti permanenti di fondovalle si sono trasformati in prati da vicenda di tre-quattro anni, l’aumento dei foraggi e l’aumento di latte sono sempre andati a braccetto, i caseifici padronali sono mutati in latterie turnarie e poi in caseifici sociali, il formaggio ha imposto la collina alla pianura, gratificando il territorio, la nomea e il prestigio in quei dialoghi interfacciati e sociali che, in paesi del genere, sono il luogo comune dove i pregiudizi sono sempre troppo duri a morire. Continue reading L’umanesimo del Parmigiano Reggiano… Fattoria Scalabrini

Il Pastore di Felina ovvero Pecorini dell’Appennino reggiano… Roberto Ribecco

Fariolo. Felina. Castelnuovo ne’ Monti. Una strada. Uno sterrato. Delle cascine. Il percorso che si snoda dalla via principale si dimentica per vari attimi della pietra di Bismantova, chiudendo una parte dell’altipiano appena aperto. In quel verde roccia che non dissimula l’ardimento verso il passato e la voglia di stare al passo con i tempi, con i suoi sguardi tenui fin dove Giovanni Lindo ha preso dimora, passando da Dante e rimanendo imbrigliati nella disaffezione emiliana, quella di cui non parla nessuno, quel sanguigno, che non è sempre familiarità, può diventare pregiudizio e prevaricazione. Le case non finite si dipingono con le balle di fieno e quello che resta si getta in un selvatico informe che dell’Appennino si porta dietro i colori più scuri di qualunque montagna. Qui in mezzo, dietro i soliti cartelli che definiscono le frazioni come dei luoghi misteriosi dove i vicini di casa non sembrano mai quello che sono, un allevatore pugliese da quasi vent’anni ha portato il suo gregge e ha cominciato a fare formaggi. Continue reading Il Pastore di Felina ovvero Pecorini dell’Appennino reggiano… Roberto Ribecco

La Robiola di Roccaverano e i suoi alfieri… Adriano Adorno

Ponti. Monferrato alessandrino, primo paese della provincia e la Langa Astigiana appena fuori, con le sue culture, il suo turismo e i suoi prodotti tipici. Qui le strade sono le stesse, i vitigni anche e i paesi dimenticati dall’architettura pure. Non ci sono leggi d’interesse al di là dell’invidia paesana, qua chi cresce ha da sé la fortuna, chi rimane piccolo è prodigioso, chi rimane uguale a se stesso può andare al circolo ricreativo. Tutti i giorni tutto l’anno. Qui si alleva, si apre, si coltiva, si osserva il placido scorrere del fiume Bormida, si stringono alleanze e il più delle volte si rimane irretiti nella lontananza dalla luce, quella che porta il turismo, trasformando le strade in svolazzanti circuiti alla mercé di raffinate piscine a sfioro e di pulviscoli di noccioli. Qui bisogna fare più fatica, per portare fuori e per portare dentro. E così si guarda al passato con quella discrezione che non può mai permettere l’anacronismo. Anzi, si va verso la leggenda, ci si schiera a favore del territorio e si fa la comunione per non tralasciare la storia della capreria italiana, quel lembo di terra che non ha bisogno del medico condotto alla ricerca di una vita agreste per dare alla capra un’importanza che da nessun altra parte è così. La robiola di Roccaverano è attestata da una vita e la famiglia Adorno ha una genealogia che ne riporta l’origine almeno alla metà del ‘600. Continue reading La Robiola di Roccaverano e i suoi alfieri… Adriano Adorno