Brione. Cinque del pomeriggio. Ci sono persone che riemergono da un ristorante, una trattoria, uno di quei luoghi eponimi senza cui il paese non sarebbe nemmeno riconosciuto (e dal mio navigatore effettivamente non lo è…). Il lago d’Iseo ammorba di distanza e di essiccazione, la pianura si è incuneata in una salita casuale e la Val Trompia non ha ancora acquisito quel senso di necessità per cui l’artigianato è una forma aprioristica di tradizione familiare. Da qui mediamente si scappa, i settecento abitanti rimasti attengono alla probabilità dell’esistenza di Dio, nonostante tutto, nonostante si viva sicuramente bene, ci sia il verde, non sia così distante e ci siano più o meno tutti i biotopi a disposizione di macchina. Qui si viene per un solo motivo, quell’osteria che ha ridimensionato gli echi del giusto rendendoli attualizzabili e attuali: la Madia.
Michele Valotti, insieme alla socia Silvia Peroni, da anni, nonostante un’indefinibile età giovanile, portano avanti un progetto che in Italia, libbra per libbra, non ha eguali. Una sfida, dove qualità, quantità, ricerca, sapere, saper fare, storia, tradizione, novità e territorio hanno trovato il meritato riposo. Cucina viva la definisce Michele, che ci ha scritto pure un manifesto, un misto tra conoscenza, serietà e racconto la definisco io. Quello che c’è tra valli e bassa e poco altro. Selvatico e domestico.
Alla ricerca sconfinata dell’artigiano, dove l’umanesimo rimane al centro del progetto, con le sue storie, i suoi limiti, le sue chiusure i suoi errori e soprattutto la sua volubilità, il prodotto si è evoluto attraverso le rughe, le foto sbiadite, le fermentazioni spontanee, il foraging, le celle di frollatura e di stagionatura di salumi e formaggi, il pane a lievito madre e tutta quella sapienza agricola che si è trasformata in abbondanza e prodotto.
In mezzo all’ennesima avventura, quella di Alimento insieme a Cesare Rizzini, si sono messi in testa un’idea, condivisa con molti new waver gastronomici in tutta Italia, farsi il proprio bitter (declinato ad altre latitudini metropolitane in gin o vermouth…), partendo da un bouquet di botaniche esoticamente territoriale. Il Surlo è la rivisitazione del Pirlo bresciano, un aperitivo languido… a modo loro. Trenta ingredienti, tra erbe, frutti, fiori e spezie. Base genziana, karkadè, sichuan, agrumi e zenzero. Amore a primo assaggio. E di solito non mi faccio coinvolgere dai liquori… Infusione e modernità, mentre Silvia mette a punto la ricetta, Michele è alla ricerca di chi la possa standardizzare. Sul biologico è dura, molto dura. Le certificazioni devono rassicurare e la sicurezza non è di questi luoghi e di queste cantine. L’elogio dell’errore completa i miei discorsi e la mia rappresentazione… mi accorgo che non svanisco per luoghi come questo…
TRATTORIA LA MADIA
VIA AQUILINI 5
BRIONE (BS)