Frutti di bosco in una pianura recuperata… Emiliana Bertoli

BERTOLI

Pontoglio. Cento metri al di là della provincia bergamasca, questa è già una pianura più convinta, una bassa da cavalcavia che già comincia a dar mostra di sé. Case pastello, un ponte eponimo, delle fabbriche in mattoni testimonianza di un tempo di lavori coatti e di principi architettonici che trovavano il bello anche nella fatica, tanti restauri e rifacimenti, rughe messe sotto scacco dalle solite amministrazioni senza retaggi, una piazza, una chiesa, un po’ di acciottolato che non fa mai male e quei tre-quattro cento metri molto più che accettabili ma facilmente indistinguibili, perché i paesi sui fiumi, dall’800 in poi, hanno avuto funzioni chiare, produttive e taumaturgiche. Ciminiere e campanili, tempo occupato e tempo libero, la fede come missione, la famiglia come condivisione e il silenzio come educazione. E così qualcuno doveva provare a fare un po’ di agricoltura diversa, un po’ di artigianato di frontiera oltre quel limite dato dalla convenzione di stare in un paese di pianura.

Emiliana Bertoli viene da una famiglia agricola ma nella prima parte della sua esistenza ha comunque provato a fare altro. Suo padre è tutt’ora un convenzionale agricoltore di mais per mangimifici e la scelta di prendere quel lembo di terra, un ettaro lì e un altro poco lontano, è stata il compimento di un’opera familiare che andava fatta, un retaggio e un riconoscimento. Lei, suo fratello e suo marito si sono seduti attorno ad un tavolo e hanno provato a pianificare. Cosa si poteva coltivare? Han chiesto in giro a varie associazioni che han bollato la loro idea come eccentrica, poi hanno cominciato a girare per le vallate bresciane per recepire i modelli, e infine hanno trovato un agronomo che gli ha detto di provare: il terreno si sarebbe tranquillamente adattato. Scelta del biologico e coltivazioni di piccoli frutti. In pianura. Una rarità. Così sono partiti dai classici, mirtilli e lamponi, han proseguito con vari tipi di ribes, le more, l’uva spina, l’uva giapponese, i kiwi arguta, qualche cultivar antica di mela, le mele cotogne e alberi rapsodici da integrare. Lontano dagli occhi, un ettaro di cerealicolo, tra grano saraceno, grano duro e mais quarantino, un granoturco che non può essere ibridato, macinato da Michele de Cristofaro, per una polenta che il giorno dopo inebria ancora la stanza.

Un paio di qualità di lamponi, pieni, croccanti, con acidità a posto e pochissima acqua; mora triple crown (per le dimensioni), mai assaggiata ed eccezionale per essere una  mora coltivata, acidità ridotte, un gusto in equilibrio e soprattutto priva delle  sensazioni di passato (di cui son vittima molte consorelle); mirtilli piccoli e gustosi e uva giapponese che sembra un piccolo lampone e che ricorda una mora. La dedizione di Emiliana ha fatto sì che la vita della sua frutta potesse avere un prolungamento: la trasformazione. Così ha costruito una bellissima cucina, ha impiantato un paio di celle e ha cominciato a conservare i suoi prodotti. Confetture integre, pentola e fuoco lento, poca ossidazione, una punta eccessiva di limone, e una masticazione antica, per chi ama sentire il frutto, biscotti di saraceno e di mais, fatti bene, friabili e burrosi, birra di Senatore Cappelli particolarmente beverina studiata insieme al Birrificio Curtense, casoncelli messi a punto con un laboratorio esterno, saponi lavorati con i piccoli frutti, delle meringhe ai lamponi e tutta una serie di piccoli produttori ospitati nell’accogliente foresteria dell’azienda.

È certo che i piccoli frutti, così come lo zafferano, così come le lumache, così come in molti casi il formaggio di capra, sono lasciti non territoriali che permettono troppo spesso, a chi vuole dare un taglio alla propria vita precedente scegliendo l’artigianato, la gratifica prima che la passione, ma la gratuità di Emiliana e la vocazione verso quello che ha scelto di fare rimane in piccoli gesti, in maniere di toccare e di tracciare la sua frutta, nello sguardo verso il marito e nella comprensione di non dare per scontato che basta fare per fare bene. La crescita è un’interruzione della certezza… il resto è vaneggiamento sano e giusto…

 

AZIENDA AGRICOLA EMILIANA BERTOLI

VIA CIVIDATE 60

PONTOGLIO (BS)

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