La pasticceria è recupero che non smette di cercare … Fabrizio Galla

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San Sebastiano da Po. Un fondovalle che guarda già alla meticolosità del Monferrato. Un luogo tranquillo e appartato, in quell’incontro tra colline che ispira la pianura, rimanendo un di più di senso. Le strade sono semplici, le abitazioni anche, la storia rimane aggrappata a finestre, muri e castelli che nei campanili e nelle alture riecheggiano il tempo del possedimento. L’agricoltura è rimasta soggiogata ad un progresso che non ha mai guardato più in là di un granoturco da battaglia e di un impoverimento di una tradizione che mai c’è stata. Questi sono luoghi di passeggio, dove il tempo non è condizione fondamentale e dove riconoscersi è la prima delle abitudini e l’ultima delle costrizioni notturne. La parte del sogno, inalterata altrove, qui è dovuta rientrare attraverso vittime inconsapevoli della devozione, è dovuta arrivare attraverso l’abilità di un pasticciere che, al bordo di una strada, in quello che è il ristorante di famiglia, ha portato i suoi dolci, tra i più evoluti che, in questo momento storico di sottomissione all’adorazione, si possano trovare in Italia.

Fabrizio Galla ha alle spalle un percorso perverso e tortuoso. È passato attraverso i ristoranti, ha imparato a cucinare, si è consegnato al dolce, è tornato all’attività di famiglia, ha conosciuto la pasticceria da banco, si è dedicato ai concorsi e alla ristrutturazione, è diventato accademico, si è trasferito negli Stati uniti dove ha cercato la sua dimensione e la sua attuazione, e poi è rientrato in Italia. Alla Farmacia del Cambio ha dedicato le sue idee e nel laboratorio familiare di San Sebastiano ha deciso di portare il suo tempo. Così, in quel crinale poco italiano di corresponsione tra dolce al piatto e dolce da banco, si sta permettendo di fare entrambe le cose. Come risultato l’emancipazione. Fabrizio è un pasticciere evoluto perché non pretende i suoi limiti.

E così, al di là dell’affermazione che può sempre richiamare l’arroganza, la sua è una pasticceria estremamente lineare, di recupero e di innovazione, dove il tempo della sua terra e quello del suo ricordo non possono che riportare alle nocciole, alle ginevrine e ai pinetti, in quell’antitesi che è torta moderna, di una raffinatezza che in Italia non trovavo da tempo, e osservanza dei principi basilari per cui si il cliente attende il dolce come sollievo dalle brutture. Perché se un prezzo ci deve essere, questo deve essere (ri)pagato, due, tre, dieci volte. Chi ritorna deve farlo per un motivo. La sua pasticceria è l’evoluzione della ricetta e del copia-incolla. Ci sono chiaramente i lasciti dei Maestri, da cui non si può prescindere, e poi ci sono le variazioni di spartito, le novità, ma non a tutti i costi, piuttosto le migliorie a qualcosa che c’era ma senza la sua espressione.

Fabrizio ha avuto il merito di farmi assaggiare delle torte straordinarie, perché irrispettose della codardia che non fa mai lasciare il certo per l’incerto. Forme conosciute e contenuti sbalorditivi, e forme sorprendenti che nell’avveniristico trovano la sua forma di conservazione, molto al di là delle parole e della fama. La torta Jessica è un’opera di artigianato cesellato, vari strati che passano: croccante, nocciole e sale, gianduja e pan di Spagna al cioccolato, frutto della passione e vaniglia Tahiti, tiramisù, mousse fondente, specchio e oro finale. Nella forma di un disco volante, Fabrizio ha espresso la cultura contemporanea del dolce: estetica, morbidezza, contrasti, opportunismo e ricordo. L’osare rimane all’interno di un classicismo rivisto, di una torta alle nocciole senza frumento, con una punta di olio d’oliva e una copertura al burro di cacao, di una ginevrina al mandarino e di una cupola alla vaniglia, in quei dolci semplici e conservativi che rappresentano molto più delle apparizioni e delle patine, dei complimenti e delle manifestazioni.

Perché se è vero che le persone vogliono essere stupite, è altrettanto vero che il portafoglio rimane sempre un legame con l’inconsapevolezza dell’abitudine. E così Fabrizio, dopo avere aperto una via sulla funzione dei dessert al piatto, che hanno il compito di chiudere una cena e non di imporla, ha ribadito la via del pasticciere come tecnica, economia, materie prime, tradizione e innovazione. Concetti semplici a cui bisogna tenere fede. Si può essere deboli in qualcosa ma non assenti… attratti dalla prevaricazione del compromesso, si rischiano polvere e soffitta. Ecco, la pasticceria di Fabrizio Galla ha un gusto e un retrogusto, rimane per giorni, scava a fondo nella bontà, è innovativa perché senza tradimenti. In una parola, è consapevole…

PASTICCERIA GALLA

VIA CHIVASSO 79

SAN SEBASTIANO DA PO (TO)

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