Linguadoca: il medioevo delle ostriche

carcassonne

Linguadoca, terra di vini. I suoi vigneti sono i più estesi di Francia, probabilmente del mondo. Qualcosa di assolutamente inaspettato e di profondamente radicato nel paesaggio, qui l’antichità non si è mai trasformata in moda e così le atmosfere azzimate della Francia vinicola sono lontane anni luce, rimangono ancorate ai Domaines e agli Chateaux. Qui, però, non ve n’è traccia. Alberelli e filari in mezzo ai canyon, sopra le rocche, a bordo del mare e quasi in mezzo alla strada. Ovunque si producono vini. Disparati e disperati. Perché il clima è un’incidenza poco controllabile. Quando si guarda a sud verso i Pirenei, si vedono macchia mediterranea, roccaforti e roccia viva. Qui non è arrivato il compromesso. Le persone sono spigolose e sincere ma senza il pressapochismo spagnolo. Il cibo è qualcosa di profondamente radicato nella terra, nel cielo e nel mare. I mangiatori di rane hanno le mani bruciate dal sole e indurite dai calli. Moscati e vini corposi non sono, tuttavia, la mia missione. Il territorio non si adegua ma io sono a Bouzigues per le ostriche e per gli ostricoltori: in quella baia chiusa dalla città di Sète che porta con sé un mestiere e per quell’unico mestiere è riconosciuta in tutta la Francia.

L’Herault marino non ha nulla a che fare con le spiagge provenzali. Qui l’ampiezza porta dentro la sabbia lasciando che il mare rimanga un lavoro. E così le barche hanno carene di legno e colori sbiaditi, corrimani pregiati e starlette semi-nude non campeggiano a prua, stanno altrove.

Sistema a palafitte in semi-immersione su circa mille ettari di bacino. Le ostriche sono in mare fermo, scosse dal mistral e dalla tramontana. Risalgono le corde tese sui pali. I “contadini del mare” le coccolano e le contemplano fino all’esplosione finale. La famiglia Guy, la famiglia Mathieu e tutte le famiglie che in mare hanno passato la vita, raccolgono intorno a sé una tradizione meridionale dell’ostrica e le differenze sostanziali rispetto a quelle bretoni o a quelle del Bassin d’Arcachon: sono più selvagge, più sapide, iodate, grasse, non hanno la melliflua dolcezza di alcune cugine, sono perfette da accompagnare a lumache di mare, vongole e cozze. Tutte crude naturalmente.

huitres

 

Ma questa è solo un’apparenza. Il miraggio di pochi paesi, del bacino di Thau. Il resto è collegamento. E l’Aude rappresenta alla perfezione questa funzione. La placida campagna del sud si trasforma nella terra dei Catari. Fortificazioni, roccaforti irraggiungibili, strade senza meta e un susseguirsi di macchia mediterranea che non lascia spazi liberi. La direzione è quella di Cucugnan. In mezzo al nulla e a distanza di sicurezza da tutto. Qui c’è un vecchio mulino a vento in cui Roland Feuillas, panificatore contadino, ha rimesso a nuovo il forno, creando una boulangerie proprio sotto le pale. Ha recuperato degli antichi grani locali (il Barbu du Roussillon su tutti) e ha messo mano al suo lievito madre. Acidità controllate, biscotti estetici, qualche dolce e un pane particolarmente fragrante. È tutto ineccepibile. Qualcosa di unico, di francese, di quasi perfetto. Un luogo affettato ma senza finzione.

Il surrettizio, però, è dietro l’angolo e ha la faccia di alcuni pastori di Soulatgè prestati alla vendita che con il formaggio di pecora e con il Pelardon stagionato di capra non c’entrano molto al di là dell’essere remoti.

Da lì, Lagrasse con la sua abbazia e Carcassonne con la sua fiaba sono ad un’inestimabile manciata di curve. La bellezza toglie qualunque snobismo verso il turista. Il caldo è invasivo ma la ricerca del Cassoulet di Castelnaudary muove le rocce. Le table d’Alais è un più che buon indirizzo. Jeremy Thomann, maestro indiscusso del piatto, non indugia in contemporaneità: fagioli, salsicce, confit d’anatra, lardo e verdure. Nulla a che fare con l’estate? Forse. Ma straordinario piatto povero per tutte le stagioni. Il folklore, il fascino della Cité, la perfezione del castello, le leggende medievali e una vista senza tregue portano via… non ci sono macchine fotografiche… è tutto alle spalle…

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