Zogno. Una Val Brembana idroelettrica e fascinosa si è trasformata, per colpa di qualche rotonda raccomandata dai raccomandati, in una coda senza fine di persone e macchine che si destreggiano tra i benzinai e le piste da sci, prese dal qualunquismo di non rendersi conto che continuare a costruire aumenta il pregio, togliendo il lusso di avere un posto ancora selvatico, dove le foreste ghiacciate rimangono orlate di stalattiti e immersioni in film natalizi e dove gli orridi che cadono sopra i fiumi, di massi e acqua, rimangono di una lucentezza folgorante. Luoghi compromessi dove l’archeologia industriale dallo stile imprevedibile ma inconfondibile regnava sovrana e che ha dovuto cedere lo scettro del tempo alle case basse, alla poca neve e all’uniformità dei climi e degli sguardi. Un paese di passaggio non può e non deve mai rimanere solo un paese di passaggio. Deve cingersi e imbellettarsi, magari attraverso gli artigiani. Perché provarci in solitudine è come continuare a dare la precedenza alle rotonde. Cesare Ruffoni sarebbe stato un’opportunità ma è rimasto per troppo pochi. Continue reading Pasticcieri antichi e riguardosi… Cesare Ruffoni
La Brianza Norcina… Famiglia Ostinelli
Alzate Brianza. Un purismo nella produzione che definisce, qualcosa che fuoriesce dagli schemi attraverso i matrimoni, un po’ di collina e prati a chiudere un centro storico che punta verso l’altro. Il castello Durini deve pagare le spese alla fine del mese e i tempi degli artigiani e delle aziende agricole sono sospesi in un saper come riciclarsi, perché quel po’ di bellezza e foglie cadute ha inebriato lo stanziale nella speranza del viandante. È una Brianza più fascinosa e quasi distante, dove respirare quella qualità sbandierata a destra e a manca e dove le case sono vieppiù rimaste ancorate alla tradizione dei pochi piani, dei colori candidi e delle corti in ciottoli e inverno. Qui c’è una clientela locale e un via vai di macchine che si perdono e che si ritrovano, dove vendere il “caffè da rotonda” sarebbe più semplice che impegnarsi per uscire fuori e dove fare vendita è più semplice che costruirla. Così la famiglia Ostinelli resiste come esempio di famiglia di macellai legata ad un paese e a delle tradizioni. E così era ed è la Brianza. Ad ogni frazione la sua pasticceria, la sua macelleria e il suo panificio. Buona qualità e speranze in perdita. Continue reading La Brianza Norcina… Famiglia Ostinelli
La Panetteria: lavori in corso e volontà… Calogero Cafà
Cadoneghe. Un paese con pochi spigoli e con qualche mistero, bar arrembanti, rotonde qualunquiste e una moda retrograda in cui non dirimere mai le questioni di principio. Paesi così sono diramazioni di un hinterland padovano che chiede, chiude e si soddisfa da sé tra mura che richiamano il dormitorio piuttosto che la campagna. È tutto un grosso sistema di tangenziali che taglia un comune sparso in cui l’etimo non coglie il nomadismo ma la propensione alla fuga. Si tiene lontano il vicino come un non visto, perché silenzio e solidarietà sono questioni private che ognuno mantiene in forma pruriginosa tra piatto tipico e lordura, in quella digressione materiale che è la pratica della quotidianità: un sistema da normare il più possibile verso il passato, attraverso i volti sicuri e fieri di integerrime virtù. Continue reading La Panetteria: lavori in corso e volontà… Calogero Cafà
Apis Amica: miele di barena e altre storie… Alberto Manfrin
Tra Este e i colli Euganei. Questi luoghi non sono tutti per le api, a volte le strade impegnano e i vulcani non fanno del tutto il loro dovere. Imporre la distanza del bottinare è un vuoto contro senso. E qui l’estensione non gioca a favore dell’apicoltore. Queste sono terre addomesticate perché belle e non belle perché addomesticate. Il sentore di Toscana è un monito per non andare oltre, per non iniziare a vendere e conseguentemente a svendere. Le frazioni di Baone si sorpassano, diventando valli, strade strette, parcheggi per le macchine, avvistamenti di uccelli, vigne e sterrato. Qui la presenza delle api è incerta e nascosta e così, per scoprirla, ho bisogno che Giuseppe Vignato, raro conoscitore della zona, tolga il velo alla storia di Alberto Manfrin, apicoltore nomade e austero. Continue reading Apis Amica: miele di barena e altre storie… Alberto Manfrin
Val Pomaro: la materia prima al servizio di una grande storia… Famiglia Bonello e Andrea Cesarone
Arquà Petrarca. Un luogo credibile, che punta verso l’alto di una dislocazione geografica decisa ai dadi. Nella fortuna e in quell’alternarsi tra vulcani e ulivi, la crescita edilizia si è bloccata presto, romano e longobardo sono rimasti nel ricordo di un Petrarca stanco e anziano, che coltivava i suoi terreni nella memoria di uno scorcio che non fu suo per mancanza di tempo. Un medievale intatto che si attorciglia e ricorda qualcosa d’altro, di lontano, legato a cipressi e parlate ironiche. Qui in mezzo, il piglio veneto del lavoro indefesso deve recuperare presto la sua parentesi d’ozio. Il tempo ha un peso e una lunghezza, la stima è sempre per eccesso e le aziende agricole non si sono mai nascoste dietro l’agio di qualche vino e di qualche olio. Il maiale deve continuare a rappresentare l’inverno perché qui le colline terminano presto e il turismo non è un buon modo di guardare al mondo. E così, usciti dal centro, dove si rincorre il suggello della storia e il nome suggestivo da calzari e bevute in calici a forma di tulipano, la famiglia Bonello è rimasta l’esegeta più stupefacente di un’estrazione territoriale. Continue reading Val Pomaro: la materia prima al servizio di una grande storia… Famiglia Bonello e Andrea Cesarone
Agugiaro & Figna: la macinazione dall’altro lato…
Curtarolo. Al passaggio del Brenta. Un comune come tanti in quel susseguirsi di strade e case basse, ognuna uguale a quella dell’angolo precedente. Il richiamo della città non è nemmeno la necessità di dormire distante per essere a portata di macchina, il semplice è un cenno più da portafoglio che da piacere e i sagrati devono dividersi la popolarità con i centri commerciali e le televisioni accese. Questi paesi dormitorio non hanno mai smesso d’inserirsi nel bel mezzo di passati fatti di piroghe e di reperti millenari, e non hanno mai conquistato un luogo che non meritasse apatia e nostalgia, in quel limite lavorativo che è la giornata dalle 19 alle 23. Le attività produttive sono il perno attorno a cui ruotano passeggini e modi di tirarsi dietro la porta e Curtarolo non ha provato a diventare un’eccezione. Durante discussioni estive dove capirsi diventa l’unica attitudine, i Mulini Agugiaro sono un buon faro a cui richiamarsi nella definizione del posto di provenienza. Continue reading Agugiaro & Figna: la macinazione dall’altro lato…
Forno a legna: Pan biscotto e Dolsi… Roberto Sofia
Sarmego di Grumolo delle Abbadesse. Mucchio di terra in mano alle monache benedettine. Uniformità colturale fino all’avvento del riso, già attestabile in epoca rinascimentale. Acque pulite, una pianura Padana meno pedissequa e un legame con il Vialone Nano che mantiene intatto il fascino dei nomi piuttosto che cercare la rivendicazione di una diversità. Ci si accontenta, si guarda il territorio e si pensa a riso, mais, suini e qualche bovino. Case basse, densità risibile e un tempo comune che non scalfisce la coltre della nebbia e delle stagioni molto lunghe, dove umidità e lancinanti freddi ruotano prepotenti in cicli vitali che sono rimasti ai tempi della pelle d’oca, del ruolo contadino nel passare del tempo e del sudore come unica forma di pensiero. Le ville patrizie tutt’intorno, mentre imboccavano canali, decisero l’esportazione in cambio di un’esportazione rappresa dalla scoperta del nuovo mondo. E così riso e contadini. Continue reading Forno a legna: Pan biscotto e Dolsi… Roberto Sofia
La convivialità è stata capita o è stata rapita?
Convivialità. Una chiave di volta culturale. Da ricercare ai tempi dei Sumeri. Mangiare e bere assieme fortifica i rapporti. Reciprocità di relazioni e prossimità di commensali. Vivere l’altro in quanto altro in un movimento dialettico alla cui base c’è lo scambio. Un dare-avere emblema di una visione filosofica che nella differenza fonda la distruzione assolutista dell’identità dell’Io. Il mangiare, da definizione, è un atto che postula una relazione, una diade o una triade forse, un sistema di rapporti che si può allargare o che si può restringere, ma alla cui base rimane certa la presenza di un Io che consuma un alimento, che diventa corpo e ci permette di sopravvivere e di vivere. Nasce come gesto egoistico, di sopravvivenza prima dell’uomo, poi della specie, si raffina con lo sviluppo del tatto e del gusto, e si condivide per il piacere di vedere un riscontro e una conferma della nostra sensibilità nei confronti dell’esperienza. Continue reading La convivialità è stata capita o è stata rapita?