Mandorlato leggendario e meraviglie quotidiane… Pietro Scaldaferro

Dolo. Riviera del Brenta. In quei quaranta kilometri tra Padova e Venezia che hanno definito il tempo libero nel tempo in cui mare e montagna erano semplicemente mare e montagna. Una Costa Azzurra ante litteram per nobili da palle a bagno nel fiume, avveniristiche ville palladiane, argini fioriti e ponti refrattari alla navigazione. Questo è uno dei luoghi pianeggianti in cui il senso contemporaneo si denuda di ogni responsabilità, per cui la logica perde il filo per intrecciarsi con il dolore della perdita. Di un’architettura che era già lascito, nostalgia e linguaggio globale. Ora restano bellezza, disinteresse e una locanda trasformata in uno dei più bei luoghi artigianali del mondo. Continue reading Mandorlato leggendario e meraviglie quotidiane… Pietro Scaldaferro

Una storia di pasticceria che si è rinnovata… Lorenzo Rossini

Santa Maria di Negrar. Strade benestanti che portano verso l’illusione, verso una Valpolicella frammezzata, rimessa insieme e reinvestita. Sono lontani i tempi dei mercati delle pecore, dove si attaccavano gli ovini ai muri, in cui gli Amaroni non erano né un lusso né un pensiero, i lupi arrivavano vicino alla cinta e le trattorie di paese consumavano i propri pasti in nebbie avvolgenti, trippe e sempre i soliti piatti. Adesso c’è un tocco proditorio in tutto quello che si muove, e nei bar da rotonda, imperiali e assicurativi, e nelle villette basse e nelle insegne anacronistiche che contestualizzano l’unico sultano incontrastato: il vino. E siccome il punto di vista del reggente non è il punto di vista più relazionale sotto cui esporre ed esporsi, allora cerco una pasticceria, nel periodo pre-natalizio, dove recuperare e mettere insieme Pandoro e Nadalin. Continue reading Una storia di pasticceria che si è rinnovata… Lorenzo Rossini

Panificatori leggermente sfumati… Mirko Zenatti

Sommacampagna è un po’ diversa dal solito hinterland, anche qui si sono costruite rotonde, e conseguenti bar, case di tre piani, colori morti addomesticati e periferie brevi ma informi, ma qui, in quel collo di bottiglia tra la Pianura e le colline moreniche, il più classico dei luoghi di passaggio è diventato un luogo dove fermarsi, un recupero agricolo che ha ridato agio al suo centro storico, pesche e vigne in simbiosi quanto basta a non appassire e un’umanità che nel paese non ha visto una forma insana d’invidia. E così, anche se freddo e nebbia costituiscono lo scheletro dell’indifferenza e della diffidenza, basta una campagna a risollevare l’umore, un incrocio sbagliato, una chiacchiera fuori posto, un insensato accenno di nostalgia… Questi sono luoghi che fortificano i concetti e l’assenza di velleità, qui Mirko Zenatti ha da poco rinnovato il suo locale. Continue reading Panificatori leggermente sfumati… Mirko Zenatti

Dolce Locanda: il tempo che è passato, passerà?… Giulia Cerboneschi

Verona è un girone di rientro, vicoli e dolci lievitati. Ci sono famiglie storiche, che hanno diviso, si sono divise e hanno conquistato la fiducia borghese di una cittadinanza affermata dalle regole e dal compromesso, senza baldanze e rivoluzioni, senza necessità di doversi affermare al di là delle nozioni e degli insegnamenti. In città come queste le rughe hanno ancora la loro funzione sociale e i locali mostrano più di quanto realmente contengano. La famiglia Perbellini, edulcorata forma di noblesse oblige con molta forma e poche domande, ha allungato le tovaglie su possibilità più prosaiche, portando, da Isola Rizza, non solo contrasti ma anche sobri dolci atavici e una ragazza, con una esperienza importante nel posto giusto, quelle Calandre che sono più di un ristorante, con formazione, laboratorio, intelligenza e saper fare: Giulia Cerboneschi, 27 anni da compiere, è colei che si è presa in carico la rivisitazione del dolce di casa Perbellini. Continue reading Dolce Locanda: il tempo che è passato, passerà?… Giulia Cerboneschi

Butcher: frollature e somministrazioni… Sergio Maggio e Antonio Guerra

Verona. Una città a ridosso delle colline, uno splendore ducale di palazzi, vicoli, sguardi dall’alto, ponti e archi romani, campanili, i colori pastello delle facciate, il rosso coppo dei tetti, lo sguardo raffinato e ruvido di un sistema abitazione di chi ha sempre cercato di stare all’interno. Tutto questo nonostante le persone. Quelle che riempiono, che si mettono in coda e che rimangono borghesi per il semplice motivo di stare al centro. Perché qui, al di là del clima, della secolarizzazione dell’industria, di un dialetto duro e stretto e di un’ironia tetragona, giocata più sulla confidenza che sull’amichevole accattivante, non manca molto a livello estatico per sfiorare l’effetto pigmalione e rimanere lì giorni e giorni a rimirare e rimirarsi. Per trovare Narcisi, Verona è un luogo confortante. E così gli artigiani rimangono, ci sono i torrefattori, aprono pizzerie come se non ci fosse un domani, i dolci sono giustamente in vetrine edulcorate e la Lessinia viene invitata sempre più spesso a presenziare ai deschi più o meno imbellettati. In uno di questi, due giovani andanti hanno deciso di sfoderare la loro passione verso il pascolo, il grass fed e le carni che, nell’esotismo, trovano la notabilità. Continue reading Butcher: frollature e somministrazioni… Sergio Maggio e Antonio Guerra

Guardare i vigneti e vederci un salume… Eugenio Caprini

Negrar. Arrivare attraverso una conca che trasforma la pianura in collina e la collina in montagna porta in dote un orizzonte differente, enorme e limitato insieme, verso quella Lessinia dolce, morbida e depredata che trasforma lentamente la Valpolicella in un dovere di marmo, in pascoli pianeggianti e in uno sguardo che si ritrova tra i crinali, quando la luce manca di vividezza e il riverbero crea effetti distorti, e che toglie qualunque pensiero verso un silenzio, sepolto e bianco, che riporta in vetta l’esigenza di trovare ancora pittori e ruffiani che mantengano senza sperperare. Negrar è un luogo geometrico, dove le ville venete hanno mantenuto eredi danteschi e sguardi patrizi di famiglie del vino coese con un passato sempre fervido e un futuro di imberbi beoti, in cui le case basse rimangono chiare e le attività si possono tramandare di genitore in genitore. Qui la famiglia Caprini, da quattro generazioni, porta avanti la sua storia, con il merito della riservatezza e la coerenza della rivoluzione. Continue reading Guardare i vigneti e vederci un salume… Eugenio Caprini

La Panetteria: lavori in corso e volontà… Calogero Cafà

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Cadoneghe. Un paese con pochi spigoli e con qualche mistero, bar arrembanti, rotonde qualunquiste e una moda retrograda in cui non dirimere mai le questioni di principio. Paesi così sono diramazioni di un hinterland padovano che chiede, chiude e si soddisfa da sé tra mura che richiamano il dormitorio piuttosto che la campagna. È tutto un grosso sistema di tangenziali che taglia un comune sparso in cui l’etimo non coglie il nomadismo ma la propensione alla fuga. Si tiene lontano il vicino come un non visto, perché silenzio e solidarietà sono questioni private che ognuno mantiene in forma pruriginosa tra piatto tipico e lordura, in quella digressione materiale che è la pratica della quotidianità: un sistema da normare il più possibile verso il passato, attraverso i volti sicuri e fieri di integerrime virtù. Continue reading La Panetteria: lavori in corso e volontà… Calogero Cafà

Apis Amica: miele di barena e altre storie… Alberto Manfrin

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Tra Este e i colli Euganei. Questi luoghi non sono tutti per le api, a volte le strade impegnano e i vulcani non fanno del tutto il loro dovere. Imporre la distanza del bottinare è un vuoto contro senso. E qui l’estensione non gioca a favore dell’apicoltore. Queste sono terre addomesticate perché belle e non belle perché addomesticate. Il sentore di Toscana è un monito per non andare oltre, per non iniziare a vendere e conseguentemente a svendere. Le frazioni di Baone si sorpassano, diventando valli, strade strette, parcheggi per le macchine, avvistamenti di uccelli, vigne e sterrato. Qui la presenza delle api è incerta e nascosta e così, per scoprirla, ho bisogno che Giuseppe Vignato, raro conoscitore della zona, tolga il velo alla storia di Alberto Manfrin, apicoltore nomade e austero. Continue reading Apis Amica: miele di barena e altre storie… Alberto Manfrin