Un pizzaiolo sotto traccia… Simone Tricarico

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Ciriè è un luogo chiuso in se stesso. Gira attorno alle logge, ai vestiti borghesi del fine settimana, ai sagrati trasformati in mancanza di rispetto e a fabbriche che non sono altro che una via lontana verso le Valli di Lanzo. Storie tipografiche e immaginifiche inframmezzate all’ignominia, in questi paesi che non sono quasi più hinterland e non ancora tempo morto, l’artigianato può scorrere placido, può nascondersi tranquillamente dietro le abitudini del buon cibo che in questo angolo di mondo si sono trasformate in continue domande e terrore verso il fuori controllo. E così i portici continuano a dirimere la stessa giornata da probabilmente troppi anni. Ciriè lascia veramente il tempo che trova e quando la vai a riprendere anni dopo, l’accorgimento è sempre quello di un ritorno alle origini, di un posto placido senza più nemmeno deferenza. Un paese di un tempo che fu, costretto a vivere la contemporaneità.

Qui, sotto uno dei portici maestri che ingannano l’occhio, un giovane artigiano, chiaramente fuori dall’ortodossia, senza proclami, ha aperto una bottega che rimane in un’ombra nostrana. Simone Tricarico è un pizzaiolo che ha lasciato tutto per una vocazione.

A sedici anni ha cominciato a lavorare per una pizzeria napoletana con sfumature torinesi di pizze al tegamino. Anni di impasti, preparazioni e poco o niente di gastronomico. Poi la scelta, lo studio notturno, qualche consulenza, un corso intensivo da Gabriele Bonci e la sorprendente decisione caduta sulla pizza a taglio. Il centro di Ciriè era casa sua e così lì ha aperto il suo locale. Piccolo laboratorio e una varietà in evoluzione di topping e suggestive prove. Ad affiancare le pizze, due volte alla settimana, il pane messo a punto insieme ad Alessandro Spoto.

Questa la diegesi nuda e cruda, la finalizzazione di mani e pensiero. Alle spalle un lavoro personale di crescita e decisioni non banali.

Sintesi: lunga maturazione, lievito di birra (con un lento apprendimento della biga e dell’autolisi), alta idratazione e farine Marino. Impasto di forza, burattata e integrale, in percentuali particolarmente precise. La decisione di trovare, almeno per ora, un un’unica base dove testare la propria vena gastronomica. Friabile, leggerissima, digeribile ma soprattutto croccante. Le farce variano, passano dall’invenzione alla localizzazione. Con la collaborazione di Guido Sopetti (Basilica di San Formaggio), un bravo commerciante, un bravo ascoltatore, un eroe contemporaneo per il rapporto varietà/luogo di vendita, ha messo in piedi una turnazione settimanale di pizze legate al formaggio molto oltre qualunque previsione. Si lavorano la bàgna cauda coi peperoni, le leguminose vengono rese crema e abbinate a salumi o verdure, le pizze rosse e le margherite si alternano con stagionalità ed essenza. La parte cromatica è la caratteristica principale recuperata da Bonci e riattata ad una situazione assolutamente contingente. Il pane, in pasta madre, è sull’ottima strada. Simone lo sa, i sapori dei cereali poveri Marino sono preponderanti, masticazioni e conservazioni molto più che buone.

Sedici ore al giorno tra lavoro e studio: ecco come l’umano, che riconquista l’emancipazione dall’automa, gli si approssimi per tornare a fare ciò in cui crede.

L’artigianato è un luogo riposante per chi lo fruisce. Il resto è nascondimento. E Simone, con la sua compagna al banco a curare servizio ed estetica, ha dalla sua quella voglia di sorprendersi sempre in strada verso il dubbio. Anche verso se stesso. Deve semplicemente crederci di più. Il suo prodotto è già nell’empireo, ha bisogno solo del trucco prima della sfilata… E questo tipo di certezza è la più dolce delle sorprese. Perché senza contraddittorio…

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VIA VITTORIO EMANUELE 104

CIRIE’ (TO)

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