Una Slovenia fuori tempo massimo: mulini flottanti e granai a mezz’aria…

Pillole: Lubiana è quella bomboniera che vale il passeggio, Osem con il suo pane un po’ hipster e un po’ a lievito madre, acidità sostenute e farine poco profumate, tiene in piedi l’interesse di quella relazione che è anche carne frollata (As), relazioni montenegrine e vini ossidati (malvasie che partono dai punti di vista di Josko Gravner). Il paesaggio si incunea verso una Slovenia che non lascia tracce nelle discussioni al di qua del confine. La Carniola e poi la Stiria. Sensazioni termali, frutta e profondi austriaci. Questo è il significato medio. C’è però una regione dietro la cortina, dove fiumi, coltivazioni di luppolo e mulini diventano la sostanza. Al di là della modernità, c’è ancora la pietra a dirimere il sepolto dal dissepolto e così l’antico è ancora una forma di comunicazione molto potente. Per quelli che decidono di arrivare fin qui.

Macine, salici piangenti, oche, segherie veneziane, granai con mais ad asciugare e la forma ruscello come idea portante della fattoria Sorzev Mlin. Settecento anni di storia e ancora in funzione. C’è una pace, una coesione, un tempo riflesso e una lontananza dalla dannazione che anche nel grigio non riesce a sostare. Grano saraceno, frumento e mais, silenzio e rievocazione. Il viaggio è anche un senza padrone. E così ripartiamo.

Direzione Verzej. Babic. Uno degli ultimi mulini flottanti e galleggianti d’Europa, sicuramente l’ultimo sulla Mura, un tempo ricca di macine, di acqua e di decoro. Penso al folklore, al museale, al turistico. Sbaglio principio e azione. Qui non c’è nulla e il mulino molisce ancora, non è una suggestione underground. Dentro c’è Carmen, sloveno stretto, nessuna concessione al piacere, un’immagine da film horror anni ’70, e farina dappertutto. Saraceno, segale, mais, frumento, prezzi bassi, produttività, ruote nel fiume e pietre a terra. Qui si fa ancora la necessità. I profumi escono e i pani milanesi hanno un senso ancora più profondo nell’aspettativa. Fotografie nostalgiche di Dominik Flammer, presa di coscienza/realtà con la dissociazione e i prezzi, e un ritorno selvaggio al palato e in panificazione. Qui dentro c’è la storia di un’Europa che è voluta diventare altro… non capendosi. Dove c’era la Pannonia non ci sono nemmeno i cartelli stradali… eppure…

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